Liberazione Anticipata Negata: La Cassazione sulla Responsabilità Individuale in Cella
La concessione della liberazione anticipata rappresenta un pilastro del sistema penitenziario italiano, volto a incentivare la partecipazione del detenuto al percorso rieducativo. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a una rigorosa valutazione della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito importanti principi sulla responsabilità individuale in caso di infrazioni commesse in una cella condivisa, confermando la decisione di un Tribunale di Sorveglianza che aveva negato il beneficio a un detenuto.
I fatti del caso: una nano SIM in cella
Il caso nasce dal reclamo di un detenuto contro la decisione del Magistrato di Sorveglianza di Roma, che aveva respinto la sua istanza di liberazione anticipata per il semestre compreso tra aprile e ottobre 2018. La decisione si basava su una sanzione disciplinare scaturita dal ritrovamento di una scheda nano SIM all’interno della cella che il detenuto condivideva con un’altra persona.
Il ricorrente sosteneva che la responsabilità dell’oggetto non consentito fosse stata attribuita al suo compagno di cella. Pertanto, a suo avviso, la decisione di negargli il beneficio violava i principi di legge, fondandosi su una colpa a lui non imputabile. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione.
La decisione della Corte sulla liberazione anticipata
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, la doglianza del detenuto era manifestamente infondata. Il giudice della sorveglianza aveva infatti fornito una motivazione adeguata e coerente, basandosi sulla circostanza pacifica e oggettiva del rinvenimento della nano SIM nella cella occupata dal ricorrente.
Un punto cruciale della decisione riguarda l’irrilevanza della concessione del medesimo beneficio al compagno di cella. La Corte ha specificato che le responsabilità individuali e l’incidenza delle condotte possono essere valutate in modo diverso per ciascun detenuto, anche se condividono lo stesso spazio. La valutazione del giudice è personale e non può essere automaticamente estesa.
Le motivazioni: il ricorso non può riesaminare i fatti
La Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Il ricorrente, con le sue censure, cercava di ottenere una diversa e alternativa lettura degli elementi di fatto già acquisiti e valutati dal Tribunale di Sorveglianza. Questo tipo di richiesta non è consentita in Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove.
Di conseguenza, essendo il ricorso teso a una rivalutazione dei fatti, è stato ritenuto inammissibile. A questa declaratoria è seguita, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, data l’assenza di elementi che potessero escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Conclusioni: principi di diritto e conseguenze pratiche
Questa ordinanza consolida due importanti principi. In primo luogo, in materia di benefici penitenziari come la liberazione anticipata, la valutazione della condotta è strettamente individuale. La presenza di un oggetto illecito in una cella condivisa può avere ripercussioni su tutti gli occupanti, a meno che non emergano prove inequivocabili che attribuiscano la responsabilità a un singolo soggetto. In secondo luogo, viene riaffermato il limite del sindacato della Corte di Cassazione, che non può sostituirsi al giudice di merito nell’apprezzamento dei fatti. Per i detenuti, ciò significa che la condotta all’interno dell’istituto penitenziario deve essere impeccabile e che ogni infrazione, anche se apparentemente commessa da altri, può compromettere l’accesso ai benefici se avviene nel proprio spazio di detenzione.
La presenza di un oggetto non consentito in una cella condivisa impedisce la liberazione anticipata a tutti i detenuti?
No, la responsabilità è individuale. Il giudice valuta il comportamento di ogni singolo detenuto, e la concessione del beneficio a un compagno di cella non implica automaticamente il diritto per l’altro, poiché le singole responsabilità possono essere diverse.
È possibile contestare la valutazione dei fatti del Tribunale di Sorveglianza ricorrendo in Cassazione?
No, il ricorso in Cassazione è per violazioni di legge e vizi di motivazione, non per chiedere una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto già esaminati dal giudice di merito.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, di norma, al versamento di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5411 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5411 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ALBANO LAZIALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Sorveglianza di Roma, ha rigettato il reclamo proposto da COGNOME NOME avverso l’ordinanza con la quale il Magistrato di Sorveglianza di Roma ha respinto la domanda di liberazione anticipata per il semestre 11/4/2018 all’11/10/2018;
Rilevato che con il ricorso e con la memoria depositata il 19/1/2024 si deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 3 cost. e 54 ord. pen. poiché il Tribunale avrebbe fondato la propria decisione sulla base di una violazione per la quale si è assunto la responsabilità un altro detenuto;
Rilevato che la doglianza è manifestamente infondata in quanto il giudice della sorveglianza, con il riferimento alla sanzione disciplinare irrogata e a quanto accaduto (la pacifica circostanza che nella cella nella quale era il detenuto è stata rinvenuta una nano sim) ha fornito adeguata e coerente censura alle medesime censure formulate nell’impugnazione, ora reiterate, e ciò anche considerato che a nulla rileva che ad altro detenuto nella medesima cella il beneficio sia stato invece concesso, ben potendo all’evidenza essere comunque diverse le singole responsabilità e l’incidenza delle stesse nell’ambito della valutazione effettuata dal giudice della sorveglianza;
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto le censure ora esposte dalla difesa sono tese a sollecitare una diversa e alternativa lettura degli elementi acquisiti che non è consentita in questa sede (cfr. Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, COGNOME, Rv. 284556 – 01; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062: Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna dell, a ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna do ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso f il 25/1/2024