Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23366 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23366 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 03/05/1991
avverso l’ordinanza del 02/12/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha respinto il reclamo avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Napoli che, in data 12 dicembre 2024, ha rigettato la richiesta di liberazione anticipat formulata nell’interesse di NOME COGNOME relativamente ai semestri di pena espiati dal 15 maggio 2021 al 15 novembre 2023.
Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, Avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), c proc. pen.
La difesa deduce, in particolare, che il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha fondato il diniego della liberazione anticipata sull’essere stato il ricorrente, luglio 2024, attinto da un’ordinanza di misura custodiale in carcere per i reati associazione mafiosa e lesioni personali aggravate, ritenendo, per tali ragioni l’attuale perduranza dei collegamenti con la criminalità organizzata di appartenenza e la mancata dissociazione dalla stessa.
Al riguardo il ricorrente evidenzia che si tratta di reati commessi antecedentemente al periodo dì restrizione in rapporto al quale è stata avanzata la richiesta del beneficio di cui all’art. 54 ord. pen., in quanto il reato di l aggravate risale al 14 maggio 2021 ed il reato associativo è stato contestato dal 2017 con condotta perdurante, e dunque con formula cd. aperta.
Ciò precisato, la difesa deduce che, con particolare riferimento alla contestazione in forma aperta, la regola secondo cui la permanenza si considera cessata con la sentenza di primo grado risponde ad una fictio iuris che non equivale ad una presunzione di colpevolezza fino a quella data, sicché, anche con specifico riferimento ai benefici penitenziari, spetta al giudice di scandaglia adeguatamente il titolo, nella specie l’ordinanza di misura custodiale, ogni qual volta da esso debba farsi dipendere un effetto giuridico.
Il ricorrente censura, poi, l’inesattezza della nota della DDA nella quale s indica che il Cedola sta espiando una condanna per il reato di cui all’art. 416 b cod pen., commesso dal 2013 con condotta perdurante / e che è stabilmente inserito nel clan Giuliano ed evidenzia al riguardo che per tali fatti la pena è già st espiata.
Infine, nel ricorso si evidenzia l’errore in cui è incorso il Magistrato Sorveglianza il quale avrebbe valutato il periodo 12 giugno 2013 – 12 dicembre 2020, anziché il periodo 15 maggio 2021 – 15 novembre 2023.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale della Cassazione, NOME COGNOME ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. Secondo il provvedimento impugnato, il ricorrente non è meritevole della misura della liberazione anticipata, richiesta in riferimento al periodo 15 maggio 2021 – 15 novembre 2023, in quanto le valutazioni del Magistrato di sorveglianza in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata sarebbero corroborate dalla ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Napoli in data 10 luglio 2024 per reati di associazione mafiosa e lesioni personali, aggravate ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen.
Nel ritenere corroborate le valutazioni del Magistrato di sorveglianza, il Tribunale ha sostanzialmente convalidato le ragioni del primo provvedimento di diniego della misura, fondato sulle indicazioni contenute nella nota della DDA nella quale si indicava che il Cedola sta espiando una condanna per il reato di cui alli 416 bis cod. pen. commesso dal 2013 con condotta perdurante e che è stabilmente inserito nel clan NOME con compiti esecutivi nell’ambito di attività illecite ne settore delle estorsioni, del traffico degli stupefacenti e, ancora e più in generale nell’ambito di attività dirette all’affermazione dell’associazione sul territori all’assistenza delle famiglie degli affiliati e dei detenuti in carcere.
In definitiva, secondo il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, il titolo cautelare, emesso nel 2024, non solo riscontrerebbe la perdurante pericolosità del ricorrente affermata dal magistrato di Sorveglianza, ma già di per sé solo attesterebbe l’attualità delle esigenze cautelari legate al pericolo di reiterazione dei reat rivelandosi fortemente indicativo dell’attualità e perduranza del collegamento del Cedola con la criminalità organizzata di appartenenza, sodalizio, dal quale il Cedola non si sarebbe dissociato.
Ciò precisato, deve in primo luogo rilevarsi che l’evidenziata esposizione dei dati posti a fondamento del diniego della misura configura un’ipotesi di motivazione apparente, censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in quanto il provvedimento di diniego si è arrestato ad una elencazione descrittiva dei dati processuali relativi alla posizione del Cedola, senza operare una valutazione critica delle ragioni ostative al riconoscimento della misura della liberazione anticipata, con specifico riferimento al periodo indicato dal ricorrente.
Il Tribunale di sorveglianza, infatti, richiamando l’ordinanza custodiale del 2024, ha ritenuto l’attualità dei legami del ricorrente con il sodalizio mafioso
(indicato dalla difesa nel clan camorristico COGNOME“) senza tuttavia confrontarsi con il tempo di commissione del reato associativo, peraltro con contestazione cd. aperta, in tal modo non fornendo alcuna motivazione sulle ragioni della perduranza associativa rispetto al periodo 15 maggio 2021 – 15 novembre 2023, oggetto della richiesta di concessione della liberazione anticipata.
Né, inoltre, nel provvedimento impugnato risultano indicati i tempi di commissione degli ulteriori reati, oggetto del titolo custodiale, con la conseguenza che il Tribunale non ha valutato, ai fini della concedibilità della liberazio anticipata, la circostanza che detto titolo custodiale possa riguardare fat commessi antecedentemente al periodo di restrizione in rapporto al quale il ricorrente ha chiesto la concessione del beneficio ex art. 54 ord. pen.
Pertanto, il riferimento al titolo cautelare emesso nel 2024, nella total mancanza della valutazione dell’ambito di operatività del sodalizio e delle date di commissione degli altri reati, rende il provvedimento impugnato privo di un passaggio motivazionale necessario.
Deve pertanto concludersi, che il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, non ha fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza della Corte d cassazione secondo cui, ai fini della concessione della liberazione anticipata i presenza di un reato ostativo permanente con contestazione cd. aperta, è necessario che il giudice verifichi, alla luce della motivazione della sentenza d condanna (nella specie per associazione mafiosa), le date cui devono essere riferite in concreto ed entro le quali devono ritenersi concluse le condotte partecipazione attribuite al condannato. (Sez. 1, Sentenza n. 20158 del 22/03/2017 Cc. Rv. 270118 – 01).
Più precisamente, in tale arresto si è affermato che «errata l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata secondo la quale, nel caso di condanna per il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso, può farsi discendere, ai fini di un qualsiasi effetto giuridico, dalla contestazione cosiddetta aperta del rea – cioè senza l’indicazione della data di cessazione della condotta illecita – l’implic accertamento della permanenza della condotta fino alla data della sentenza di condanna di primo grado, nel caso di specie intervenuta . La giurisprudenza di questa Corte di Cassazione è, al contrario, da tempo, concorde nell’affermare che, quando dalla data di cessazione della permanenza debba farsi derivare, anche in sede esecutiva, un qualsiasi effetto giuridico, “non può bastare il puro e semplice riferimento alla data della sentenza di primo grado, ma occorre verificare … ov si sia trattato di contestazione aperta, se il Giudice di merito abbia o meno ritenut esplicitamente o implicitamente, provata la permanenza della condotta illecita oltre la data dell’accertamento” ed, eventualmente, se tale permanenza risulti effettivamente accertata fino alla sentenza (tra le altre Sez. 1, n.774 d
14.12.2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 232966; nello stesso senso, Sez. 1, n. 46583 del 17/11/2005, Piccolo, Rv. 230727). In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha specificato che tale principio deve trovare, a maggior ragione, applicazione – come nel caso di specie – ai fini della valutazione della concessione del beneficio della liberazione anticipata, in considerazione della necessità, in tale materia, di fare riferimento a comportamenti concreti, escludendo ogni automatismo collegato al sopravvenire di una condanna, sia in sede di ammissione che in sede di revoca del beneficio (Sez. 5, n.25578 del 15/05/2007, COGNOME, Rv. 237707). Dunque, ai fini della concessione del beneficio della liberazione anticipata in presenza di un reato permanente con contestazione cosiddetta aperta, è necessario che il giudice verifichi, alla luce della motivazione della sentenza di condanna, le date cui devono essere riferite in concreto ed entro le quali devono ritenersi concluse le condotte di partecipazione attribuite al condannato (Sez. 1, n. 20158 del 22/3/2017, COGNOME, Rv. 270118)».
Degli enunciati principi – che debbono valere anche nel caso in cui venga in rilievo un’ordinanza applicativa della misura cautelare come nel caso di specie non ha fatto corretta applicazione il provvedimento impugnato che, nonostante gli specifici rilievi difensivi sulla natura aperta della imputazione del reato di associazione di stampo mafioso, non ha adempiuto all’onere di verificare, quale fosse, in concreto, l’epoca, delle condotta di partecipazione del ricorrente all’associazione mafiosa ritenuta ostativa al beneficio.
Né, d’altra parte, sono stati indicati elementi che, a prescindere dal tempus commissi delicti, siano comunque sintomatici della protrazione dei collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, circostanza di per sé significativa della mancata partecipazione all’opera di rieducazione (Sez. 1, n. 2886 del 12/07/2018, dep. 2019, Torcasio, Rv. 274801 – 01).
A tali gravi lacune motivazionali va, infine, aggiunto che il Tribunale di Sorveglianza pur prendendo cognizione del motivo di reclamo circa la già avvenuta espiazione della pena per i fatti associativi del 2013, non si è tuttavia confrontato con tale dato, ciò che avrebbe potuto incidere sul percorso argomentativo posto a fondamento del diniego, atteso che il ricorrente, come sembrerebbe risultare dalla intestazione del provvedimento impugnato, sta espiando una pena per fatti estorsivi e non per quelli associativi del 2013; di contro, il mancato confronto con la specifica deduzione difensiva relativa all’erronea indicazione del periodo indicato nel provvedimento del Magistrato di Sorveglianza in quello del 12 giugno 2013 12 dicembre 2020, non è significativa, trattandosi di evidente errore materiale.
3. Alla luce di tali ragioni si impone l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Napoli per un nuovo giudizio sulla concedibilità a
NOME COGNOME della liberazione anticipata per il periodo 15 maggio 2021 – 15
novembre 2023, che tenga conto dei principi enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di
Sorveglianza di Napoli.
Così deciso, il 20 marzo 2025.