Liberazione Anticipata: Quando un Nuovo Reato Annulla il Percorso Rieducativo
La liberazione anticipata rappresenta uno degli strumenti più importanti nel sistema penitenziario, pensato per incentivare la partecipazione del detenuto al percorso di rieducazione e reinserimento sociale. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione rigorosa della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la commissione di un nuovo reato durante la detenzione è un ostacolo insormontabile per ottenere questo beneficio.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato riguarda un detenuto che aveva richiesto la concessione della liberazione anticipata per il semestre di detenzione compreso tra il 29 luglio 2022 e il 29 gennaio 2023. La sua istanza era stata però respinta sia dal Magistrato che dal Tribunale di Sorveglianza. La ragione del diniego era chiara e grave: durante quel semestre, precisamente il 4 ottobre 2022, il detenuto era stato arrestato per una violazione della legge sugli stupefacenti. Secondo i giudici di merito, questo episodio dimostrava in modo inequivocabile la sua mancata adesione al programma rieducativo, requisito essenziale per la concessione del beneficio.
Il Ricorso per Cassazione e il diniego della liberazione anticipata
Contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza, la difesa del detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge (art. 54 dell’Ordinamento Penitenziario) e un vizio di motivazione. In sostanza, si contestava il modo in cui era stata valutata la circostanza del nuovo arresto.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici supremi hanno sottolineato che le argomentazioni della difesa non costituivano una critica giuridica alla decisione impugnata, ma si limitavano a presentare delle ‘mere doglianze in punto di fatto’. Questo significa che il ricorrente non contestava una violazione di legge, ma tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, un’operazione che è preclusa in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare le prove, ma solo di verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche.
Le Motivazioni della Corte
Nelle sue motivazioni, la Corte ha spiegato che il Tribunale di Sorveglianza aveva agito correttamente. La valutazione della partecipazione del detenuto all’opera di rieducazione è un giudizio di merito, basato su elementi concreti. L’arresto per un reato in materia di stupefacenti, avvenuto proprio nel periodo di osservazione, è stato considerato un elemento fattuale di tale peso da giustificare, con argomenti logici e coerenti, l’esclusione del beneficio.
Commesso un nuovo illecito penale, specialmente se di una certa gravità, il detenuto dimostra di non aver interiorizzato i valori della legalità e di non aver tratto profitto dal percorso trattamentale. Di conseguenza, la decisione di negare la liberazione anticipata non è stata arbitraria, ma fondata su una corretta analisi della condotta del soggetto, che ha interrotto il percorso di rieducazione con un comportamento antigiuridico.
Conclusioni
L’ordinanza riafferma con forza un principio cardine dell’esecuzione penale: i benefici come la liberazione anticipata sono subordinati a una prova concreta e costante di buona condotta e partecipazione al trattamento rieducativo. La commissione di un nuovo reato durante l’esecuzione della pena è la negazione di questo percorso. La decisione della Cassazione chiarisce inoltre i limiti del proprio sindacato, ribadendo che non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti, la cui valutazione spetta unicamente ai giudici di merito. Il ricorrente, a causa dell’inammissibilità del ricorso, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Commettere un reato durante la detenzione impedisce di ottenere la liberazione anticipata?
Sì, secondo l’ordinanza, commettere un reato (nel caso specifico, una violazione della legge sugli stupefacenti) durante il semestre di valutazione è una prova concreta della mancata partecipazione all’opera di rieducazione e giustifica pienamente il diniego del beneficio.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti che hanno portato a una decisione del Tribunale di Sorveglianza?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione svolge un controllo di legittimità, cioè verifica la corretta applicazione della legge, ma non può riesaminare i fatti o le prove del caso (le cosiddette ‘doglianze in punto di fatto’), la cui valutazione è di competenza esclusiva dei giudici di merito, come il Tribunale di Sorveglianza.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del Codice di Procedura Penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 591 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 591 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CALTAGIRONE il 06/08/1993
avverso l’ordinanza del 12/07/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso è manifestamente infondato;
Considerato che il Tribunale di sorveglianza di Catania ha respinto il reclamo avverso il provvedimento pronunciato dal locale Magistrato di sorveglianza, che aveva rigettato la richiesta di NOME COGNOME volta al riconoscimento della liberazione anticipata, con riferimento al semestre di detenzione maturato dal 29 luglio 2022 sino al 29 gennaio 2023;
Rilevato che l’unico motivo dedotto – con cui la difesa lamenta l’errata applicazione dell’art.54 Ord. pen. ed il relativo vizio di motivazione (rispetto alla valutazione circostanza che, nel periodo oggetto di valutazione, il ricorrente aveva commesso una violazione della legge stupefacenti per la quale era stato arrestai:o il giorno 4 otto 2022) – non è consentito in sede di legittimità, in quanto non scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e perché costituito da mere doglianze in punto di fatto, già adeguatamente vagliate e disattese dal giudice di merito, con corretti e coerenti argomenti, per escludere la partecipazione de ricorrente all’opera di rieducazione nel corso del semestre sopra indicato;
Ritenuto , quindi, che le censure difensive sono volte a prefigurare una rivalutazione ed una lettura alternativa delle fonti probatorie estranee al sindacato di legittimi avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito;
Ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., a pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2023.