Liberazione Anticipata: I Reati Commessi Dopo la Detenzione Possono Negarla?
La liberazione anticipata rappresenta uno degli strumenti più importanti nel sistema penitenziario italiano, finalizzato a premiare il percorso rieducativo del detenuto. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: i reati commessi dopo il periodo di detenzione per cui si chiede il beneficio sono decisivi per negarlo.
I Fatti del Caso
Un detenuto presentava istanza per ottenere la concessione della liberazione anticipata per due specifici periodi di detenzione scontati tra il 2007 e il 2011. La sua richiesta veniva però rigettata dal Tribunale di Sorveglianza. Secondo il Tribunale, la condotta del soggetto, in particolare la commissione di nuovi reati in un periodo successivo, dimostrava che non vi era stata una reale adesione al percorso di rieducazione, requisito indispensabile per ottenere la riduzione di pena.
Contro questa decisione, il detenuto proponeva ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e vizi di motivazione. A suo avviso, la valutazione doveva limitarsi alla condotta tenuta durante i semestri di detenzione considerati, senza poter tenere conto di eventi successivi.
La Decisione della Cassazione e il Valore della Liberazione Anticipata
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici supremi hanno qualificato le argomentazioni del ricorrente come ‘manifestamente infondate’. La Corte ha sottolineato che la valutazione per la concessione della liberazione anticipata non può essere frammentaria, ma deve considerare la personalità del condannato in modo globale. La commissione di nuovi reati, anche se avvenuta dopo i periodi di detenzione in esame, è un elemento sintomatico e cruciale per comprendere se la partecipazione all’opera di rieducazione sia stata autentica e proficua.
Le Motivazioni: Perché i Reati Successivi Contano?
Il cuore della motivazione risiede nella finalità stessa del beneficio. La liberazione anticipata non è un semplice sconto di pena automatico, ma il riconoscimento di un cambiamento interiore del condannato. La Corte, richiamando consolidati orientamenti giurisprudenziali, ha affermato che la reiterazione di condotte criminali smentisce nei fatti la presunta adesione al percorso rieducativo. In altre parole, un comportamento illecito successivo alla detenzione funge da ‘prova del nove’ negativa: dimostra che il percorso trattamentale non ha prodotto gli effetti sperati e che la risocializzazione del soggetto non è avvenuta. Pertanto, considerare tali elementi non è solo legittimo, ma doveroso per il giudice, che deve accertare la ‘sostanziale mancanza di ogni adesione al percorso rieducativo’.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia rafforza un principio chiave dell’ordinamento penitenziario: la condotta del detenuto viene valutata in una prospettiva unitaria e non per compartimenti stagni. Per chi aspira a ottenere la liberazione anticipata, non è sufficiente mantenere un comportamento formalmente corretto durante la detenzione. È necessario che tale condotta sia espressione di un reale e duraturo cambiamento, la cui prova più evidente è l’astenersi da ulteriori reati anche una volta terminato il periodo di pena. La decisione chiarisce che il percorso rieducativo è un processo continuo, e la sua valutazione non può ignorare elementi successivi che ne contraddicano l’efficacia.
È possibile ottenere la liberazione anticipata se si commettono nuovi reati dopo il periodo di detenzione considerato?
No, secondo la Corte di Cassazione, i reati commessi successivamente al periodo di detenzione per cui si chiede il beneficio sono pienamente rilevanti, poiché possono dimostrare la mancata adesione al percorso rieducativo e, di conseguenza, giustificare il rigetto della richiesta.
Per quale motivo principale la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure del ricorrente sono state ritenute manifestamente infondate. Esse si ponevano in contrasto con i consolidati principi della giurisprudenza, secondo cui la valutazione della partecipazione all’opera rieducativa deve essere globale e non può ignorare condotte successive che ne smentiscano l’autenticità.
Cosa dimostra, secondo i giudici, la commissione di nuovi reati da parte del richiedente?
La commissione di nuovi reati dimostra la ‘sostanziale mancanza di ogni adesione al percorso rieducativo’. Questo comportamento contraddice la presunzione di buona condotta e indica che il processo di risocializzazione, presupposto fondamentale per la concessione della liberazione anticipata, non ha avuto successo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1343 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1343 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MAZZARINO il 08/07/1970
avverso l’ordinanza del 21/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
e
LETTO
il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stato respinto il reclamo rivolto al provvedimento che aveva rigett l’istanza di concessione in favore del predetto della liberazione anticipata con riferiment periodi di detenzione dal 22/06/2007 al 13/03/2008 e dal 24/04/ 2008 al 03/10/2011;
RILEVATO
che il ricorrente, denunziando violazione dell’art. 54, Ord. pen. e vizi della motivazio deduce censure manifestante infondate, poiché in contrasto con i consolidati insegnamenti di legittimità in tema di rilevanza dei reati successivi alla detenzione da considerare in tema liberazione anticipata (fra le altre, Sez. 1, n. 34572 del 02/12/2022, dep. 2023, Onorato R 285120 – Oli), e comunque del tutto inidonee a smentire la correttezza della rappresentazione in sede di merito delle concrete modalità della reiterazione di detti reati nel senso d dimostrazione della sostanziale mancanza di ogni adesione al percorso rieducativo;
RITENUTO
pertanto, che il ricorso deve dichiararsi inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuale e, in ragione dei profili di colpa, della somma determinata in euro tremila da corrispondere in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2024.