Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33918 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33918 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato a GALATINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
dato avviso alle parti;
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; n
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RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha rigettato il reclamo proposto da NOME COGNOME (NUMERO_DOCUMENTO) avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Spoleto che, in data 17 gennaio 2024, ha rigettato il beneficio della liberazione anticipata in relazione ai periodi di presofferto dal 26.2.2004 al 7.10.2008, dal 23.6.2009 al 23.9.2009 e dal 24.11.2010 al 23.11.2013 sul presupposto che, successivamente a tali periodi di detenzione, il condannato ha commesso gravi reati.
Considerato che il motivo proposto dalla difesa, AVV_NOTAIO (violazione di legge ed erronea applicazione dell’art. 54 Ord. pen., vizio di motivazione) come ulteriormente argomentato, con memoria tempestivamente depositata a mezzo p.e.c. del 5 giugno 2024, reiterata in data 10 giugno 2024, non è consentito in sede di legittimità.
Rilevato infatti che si tratta di profili riproduttivi RAGIONE_SOCIALE censure già prospettate con il reclamo, vagliati e disattesi dal Tribunale di sorveglianza con argomenti giuridici immuni da vizi, non scandite dalla necessaria specifica critica relativamente alla motivazione offerta.
Considerato, invero, che la motivazione del Tribunale è in linea con l’indirizzo interpretativo di questa Corte, cui il Collegio aderisce, secondo il quale ai fini della concessione della liberazione anticipata deve aversi riguardo alla condotta complessiva dell’interessato, non essendo sufficiente l’inesistenza di infrazioni disciplinari durante il periodo di detenzione, ma necessitando la prova di reale partecipazione alle attività educative, sulla quale incide anche il comportamento extra moenia, che può essere valutato anche retroattivamente (Sez. 1, n. 37345 del 27/09/2007, Rv. 237509; Sez. 1, n. 4020 del 13/07/2020, Rv. 280435 – 01).
Rilevato che, nel caso di specie, i giudici di sorveglianza hanno dato rilievo, con motivazione adeguata e sufficiente, alla commissione di molteplici reati, giudicati in periodo successivo, ma commessi anche in momenti che si pongono nell’ambito dei semestri cui si riferisce la richiesta di liberazione anticipata (dal gennaio 2009 al 16 aprile 2009, oltre al reato associativo) spiegando, con ragionamento ineccepibile e immune da illogicità manifesta, la sostanziale incidenza della condotta rispetto alla prova, da parte del condannato, di partecipazione alla precedente opera di rieducazione, rimarcando che ove questa rappresenti sostanziale rifiuto alla risocializzazione – come quella tenuta nella specie, oggetto della condanna per reati gravi quali quelli di tentata estorsione aggravata ai sensi dell’art. 7 legge n. 203 del 1991, partecipazione ad associazione
mafiosa, usura – si giustifica il diniego della liberazione anticipata operativo anche retroattivamente.
Considerato che, al di là del richiamo del Tribunale, contestato dal ricorrente anche con la memoria da ultimo depositata, all’intervenuta unificazione, con il vincolo della continuazione, tra reati associativi e reati fine con il reato associativo accertato con precedente sentenza irrevocabile il 14 maggio 2009, va, quindi, ribadito l’indirizzo di questa Corte (Sez. 1, n. 4020 del 13/07/2020, dep. 2021, Gulisano, Rv. cit.; conf. n. 42571 del 2013, Rv. 256694 – 01; n. 20889 del 2010, Rv. 247423 – 01; n. 37345 del 2007, Rv. cit.) secondo il quale, in tema di liberazione anticipata, anche il comportamento del condannato, posto in essere dopo il ritorno in libertà, può giustificarne retroattivamente il diniego, quando venga considerato quale espressione di una non effettiva partecipazione alla precedente opera di rieducazione, come nel caso di plurime condanne riportate dall’interessato successivamente alla rimessione in libertà.
Ritenuto che segue l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, nonché, tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo, considerati i motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso, in data 10 luglio 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
Il presidente