Liberazione Anticipata Negata: La Condotta Durante la Detenzione è Decisiva
La liberazione anticipata rappresenta uno strumento fondamentale nel percorso di rieducazione del condannato, premiando la buona condotta e la partecipazione al trattamento rieducativo. Tuttavia, la sua concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la persistenza di una condotta criminale, anche se non ancora accertata con sentenza definitiva, può giustificare il diniego del beneficio per il semestre di riferimento.
I Fatti del Caso: Una Richiesta Parzialmente Accolta
Un detenuto presentava istanza per ottenere la liberazione anticipata. Il Magistrato di sorveglianza accoglieva parzialmente la richiesta, negando però il beneficio per un semestre specifico, compreso tra il 30 gennaio e il 30 luglio 2018. La difesa del condannato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che i fatti posti a fondamento del diniego non fossero stati oggetto di una formale affermazione di responsabilità e che non si fosse tenuto adeguatamente conto del comportamento complessivo tenuto durante la carcerazione.
La Decisione della Corte: La Valutazione del Semestre Specifico
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Magistrato di sorveglianza. Secondo gli Ermellini, il provvedimento impugnato era motivato in modo esauriente e logico. La valutazione per la concessione della liberazione anticipata deve concentrarsi sul comportamento tenuto dal detenuto nel singolo semestre in esame.
La Rilevanza della Condotta Illecita per la Liberazione Anticipata
Il punto centrale della decisione risiede nella natura dei fatti che hanno ostacolato la concessione del beneficio. Al ricorrente erano contestati reati associativi (artt. 416-bis c.p. e 74 D.P.R. 309/90) la cui condotta, secondo gli accertamenti del processo di primo grado, si era protratta fino al maggio 2018, ricadendo pienamente nel semestre oggetto di valutazione. La Corte ha chiarito che il giudice di sorveglianza non deve basarsi esclusivamente su una condanna passata in giudicato, ma può e deve considerare tutti gli elementi di fatto emersi nel processo, le informative delle autorità inquirenti (come la DDA) e le relazioni comportamentali. Questi elementi, nel loro complesso, dimostravano una condotta incompatibile con il percorso rieducativo necessario per ottenere il beneficio.
Le Motivazioni
La Corte ha ritenuto manifestamente infondato il motivo di ricorso, poiché la motivazione del Magistrato di sorveglianza era solida. Il diniego non si basava tanto sulla condanna in sé, quanto sugli elementi di fatto accertati in sede di cognizione. Le risultanze delle note del Pubblico Ministero della DDA e le relazioni comportamentali fino al 2018 sono state considerate, con un ragionamento completo e privo di vizi, come ostative alla concessione della liberazione anticipata per quel semestre. In sostanza, la prova di una partecipazione attiva a un sodalizio criminale durante il periodo di osservazione è un elemento che, di per sé, interrompe la presunzione di partecipazione all’opera di rieducazione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione per la concessione dei benefici penitenziari è ancorata alla realtà fattuale del comportamento del detenuto. Non è necessario attendere l’esito definitivo di un processo per considerare una condotta negativa. Elementi concreti che dimostrino la mancata adesione al percorso rieducativo, come la persistenza in attività criminali associative, sono sufficienti a giustificare il diniego della liberazione anticipata per il periodo in cui tale condotta si è manifestata. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.
Per negare la liberazione anticipata è necessaria una condanna definitiva per i fatti ostativi?
No, secondo l’ordinanza non è necessaria una condanna definitiva. La decisione può basarsi su elementi di fatto accertati in sede di cognizione, sulle risultanze di informative (come quelle della DDA) e su relazioni comportamentali che dimostrino la persistenza di una condotta illecita nel semestre di riferimento.
La valutazione per la liberazione anticipata riguarda l’intero periodo di detenzione o il singolo semestre?
La valutazione si concentra specificamente sul semestre per cui si richiede il beneficio. In questo caso, la condotta negativa perdurante nel semestre in esame è stata decisiva per il rigetto della richiesta per quel periodo, a prescindere dal comportamento tenuto in altri momenti.
Cosa succede se il ricorso in Cassazione contro il diniego di un beneficio penitenziario viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31000 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31000 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PATERNO’ il 08/12/1994
avverso l’ordinanza del 20/01/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Magistrato di sorveglianza di Napoli ha parzialmente accolto la richiesta di liberazione anticipata proposta da NOME COGNOME rigettandola per il semestre compreso tra il 30 gennaio e il 30 luglio 2018.
Considerato che il motivo unico proposto dalla difesa, avv. NOME COGNOME (violazione dell’art. 54 Ord. pen. e vizio di motivazione perché i fatti considerati da Giudice di sorveglianza non sono stati oggetto di affermazione di responsabilità e, comunque, non vi è stata adeguata considerazione del comportamento del condannato nel periodo di carcerazione) è manifestamente infondato tenuto conto che la motivazione esauriente dell’ordinanza impugnata rende conto di una condanna, in primo grado, per reati associativi (artt. 416-bis cod. pen. e 74 d. P. R. n. 309 del 1990) con condotta perdurante sino al mese di maggio 2018 e, quindi, da collocare proprio nel semestre in esame.
Rilevato che la motivazione rende conto non tanto della intervenuta condanna in primo grado per tali fatti, quanto degli elementi di fatto accertati in sede di cognizione, delle risultanze delle note del Pubblico ministero della DDA e delle relazioni comportamentali significative sino al 2018, reputate con ragionamento completo e immune da vizi di ogni tipo ostative alla concessione della liberazione anticipata per quel semestre (v. p. seconda).
Ritenuto, che segue l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché (cfr. Corte Cost. n. 186 del 13 giugno 2000), valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativannente nella misura di cui al dispositivo, considerato il motivo devoluto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno 2025