Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35683 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35683 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Monopoli (Ba) il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza n. 1618/2025 del Tribunale di sorveglianza di Lecce 27 – 28 maggio 2025; Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza n. 1218/2025 depositata il 28 maggio 2025 il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha rigettato il reclamo proposto il 5 agosto 2024 nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 2 agosto 2024 con la quale il Magistrato di sorveglianza di Lecce aveva dichiarato inammissibile la richiesta di liberazione anticipata avanzata in relazione al periodo costituito dai segmenti temporali 10 aprile 2020/20 agosto 2020 e 20 febbraio 2024/24 aprile 2024.
Il Tribunale ha anzitutto posto, a fondamento della decisione, un giudizio di integrale condivisione della valutazione operata dal Magistrato di sorveglianza di Lecce nella parte in cui questi aveva rimarcato che i periodi temporali in esame risultavano troppo distanti tra loro per poter costituire oggetto di una valutazione unitaria.
Ha, poi, aggiunto come non colga nel segno la censura difensiva con la quale il condannato ha evidenziato come «non fosse da addebitarsi a lui il ritardo nella trasmissione dell’istruttoria da Londra» che il Magistrato di sorveglianza di Lecce ha infine regolarmente acquisito e sulla cui scorta ha deciso, con ordinanza del 22 luglio 2024, una diversa istanza presentata nell’interesse dello stesso.
Secondo il Tribunale, il ricorrente avrebbe, infatti, dovuto impugnare il distinto e pregresso provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza di Roma del 22 maggio 2022, chiedendo a quest’ultimo di procedere alla rideterminazione dei semestri, «visto che l’annotazione e comunicazione della carcerazione sofferta all’estero…risale al 21 agosto 2020», ed avanzando, se del caso, un’espressa sollecitazione perché la necessaria istruttoria fosse completata.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo con il quale lamenta l’erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 54 ord. pen., nonché la manifesta illogicità del provvedimento impugnato ex art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. Evidenzia che:
il ricorrente non avrebbe potuto impugnare il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Roma del 22 maggio 2022 posto che, a quella data, nonostante le sollecitazioni formulate, non erano ancora pervenute le informazioni in ordine alla condotta che lo stesso aveva tenuto durante il periodo di detenzione sofferto all’estero;
dette informazioni sono state, infatti, trasmesse solo nel giugno del 2024 ed esse hanno costituito oggetto di positivo apprezzamento ad opera del Magistrato di sorveglianza di Lecce che ha concesso al COGNOME il beneficio della liberazione anticipata in relazione al diverso semestre compreso tra il 10 ottobre 2019 e il 1° aprile 2020, relativo ad un periodo di carcerazione sofferto in Inghilterra.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile poiché privo della necessaria autosufficienza, oltre ad essere, finanche, carente delle richieste conclusive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato perché privo, anzitutto, dei requisiti di coerenza e perspicuità.
Il difensore del ricorrente, modulando la risposta critica sul contenuto, a sua volta non agevolmente intellegibile, del provvedimento impugnato, non ha invero illustrato con compiutezza i temi sollevati, non ha, poi, corredato il ricorso con l’allegazione degli atti in esso richiamati necessari per comprovare e rendere ostensibile il percorso critico, e, soprattutto, ha omesso di confrontarsi con l’argomento sulla scorta del quale la richiesta di riconoscimento della libertà vigilata in relazione a periodi temporali tra loro distanti è stata rigettat mancando, in specie, di esplicitare le ragioni della manifesta illogicità che inficerebbe in parte qua la motivazione dell’ordinanza impugnata.
Il ricorso è, peraltro, inammissibile per carenza di interesse.
Va premesso che il ricorso per cassazione non può rappresentare lo strumento per perseguire un interesse meramente teorico e formale all’esattezza della decisione e tuttavia privo di riflessi in punto di utilità concreta, ma deve piuttosto, essere sempre diretto al conseguimento di un risultato favorevole, anche solo indirettamente utile al suo proponente a pena di declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse.
Orbene, nel provvedimento impugnato si dà atto che il COGNOME ha terminato, già nella data del 2 novembre 2024, di espiare la pena in regime di affidamento in prova al servizio sociale del quale, per quanto emerge dal provvedimento impugnato, ha beneficiato almeno dall’anno 2022. Detta circostanza di fatto, non contrastata, impedisce di apprezzare nella presente sede l’esistenza di un interesse giuridicamente apprezzabile in capo al ricorrente. Come evidenziato da questa Corte, infatti, «non sussiste l’interesse del condannato a proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento di diniego del riconoscimento della liberazione anticipata allorché, in corso di procedimento, il medesimo sia stato scarcerato per intervenuta espiazione della pena» (Sez. 1, n. 50481 del 09/10/2019, Frisari, Rv. 277825 – 01).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen. In mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, il COGNOME deve essere altresì condannato al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 29 ottobre 2025.