Liberazione Anticipata: Quando la Cattiva Condotta Annulla il Beneficio
La liberazione anticipata rappresenta uno strumento fondamentale nel percorso di rieducazione del condannato, premiando la buona condotta durante la detenzione con uno sconto di pena. Tuttavia, questo beneficio non è automatico e può essere negato qualora il comportamento del detenuto non sia in linea con i requisiti di legge. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come condotte gravi, come l’evasione, possano precludere l’accesso a tale misura, delineando i confini tra la valutazione dei fatti e il giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
Il caso in esame riguarda un detenuto che si era visto parzialmente respingere la richiesta di liberazione anticipata per il periodo compreso tra ottobre 2023 e aprile 2024. La decisione del Magistrato di Sorveglianza, poi confermata in sede di reclamo dal Tribunale di Sorveglianza, si basava su episodi specifici di cattiva condotta.
In primo luogo, il soggetto era stato arrestato per il reato di evasione, essendosi allontanato dal luogo di detenzione domiciliare. Sebbene la difesa avesse tentato di giustificare l’allontanamento con la necessità di visitare la madre malata nell’edificio adiacente, questa motivazione non è stata ritenuta sufficiente. Il provvedimento impugnato, infatti, sottolineava anche il comportamento aggressivo e minaccioso tenuto dal condannato nei confronti degli agenti al momento dell’accertamento.
In secondo luogo, in un periodo successivo, era stata accertata un’altra trasgressione: il detenuto si trovava in compagnia di una persona con precedenti penali e in possesso di sostanze stupefacenti, seppur per uso personale. Questi elementi, nel loro complesso, hanno portato l’autorità giudiziaria a ritenere che il condannato non avesse dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione, requisito indispensabile per ottenere il beneficio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La difesa del condannato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione di norme procedurali e un difetto di motivazione da parte del Tribunale di Sorveglianza. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile.
La decisione si basa su un principio cardine del nostro ordinamento: la Corte di Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare i fatti del caso o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il ricorso, invece, si concentrava proprio su “doglianze in punto di fatto”, cercando di offrire una diversa interpretazione delle giustificazioni per l’evasione. Tale approccio è stato ritenuto inammissibile.
Le Motivazioni della Sentenza sulla Liberazione Anticipata
La Corte ha ritenuto che le motivazioni del Tribunale di Sorveglianza fossero logiche, coerenti e prive di vizi manifesti. Il Tribunale aveva correttamente evidenziato la circostanza dirimente dell’arresto per evasione, un fatto grave che, da solo, è sufficiente a dimostrare l’assenza di un percorso rieducativo positivo.
Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che il provvedimento impugnato non si limitava a constatare l’evasione, ma ne valutava la gravità anche alla luce del comportamento complessivo del soggetto, descritto come aggressivo e minaccioso. Anche la seconda trasgressione, ovvero la frequentazione di pregiudicati e il possesso di droga, è stata considerata un elemento rilevante e adeguatamente motivato per negare il beneficio.
In sostanza, i motivi del ricorso sono stati giudicati manifestamente infondati perché non evidenziavano un reale difetto di motivazione, ma tentavano di ottenere una nuova valutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale in materia di esecuzione penale: la liberazione anticipata è un beneficio condizionato a una prova concreta e costante di partecipazione al trattamento rieducativo. La commissione di reati durante l’esecuzione della pena, come l’evasione, o la violazione delle prescrizioni imposte, come frequentare pregiudicati, costituiscono elementi ostativi difficilmente superabili.
Dal punto di vista processuale, la decisione conferma che il ricorso per Cassazione non è la sede adatta per contestare l’apprezzamento dei fatti compiuto dal Tribunale di Sorveglianza. A meno che la motivazione non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente, la valutazione sul comportamento del condannato resta insindacabile. Pertanto, la difesa deve concentrarsi sulla dimostrazione di vizi di legge e non su una diversa ricostruzione della condotta del proprio assistito.
L’evasione dai domiciliari può impedire la concessione della liberazione anticipata?
Sì, secondo l’ordinanza, l’arresto per il reato di evasione è una circostanza dirimente che può portare al rigetto della richiesta di liberazione anticipata, in quanto dimostra l’assenza di partecipazione al percorso rieducativo.
Quali altri comportamenti possono influire negativamente sulla richiesta di liberazione anticipata?
Oltre all’evasione, altri comportamenti negativi citati sono l’atteggiamento aggressivo e minaccioso verso le forze dell’ordine, l’accompagnarsi a persone con precedenti penali e il possesso di sostanze stupefacenti, anche se per uso personale.
È possibile contestare la ricostruzione dei fatti del Tribunale di Sorveglianza in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti del caso. Il ricorso è ammissibile solo se contesta vizi di legittimità (cioè, la violazione di leggi) o un difetto di motivazione palesemente illogico o assente, ma non può proporre una diversa valutazione del comportamento del condannato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16760 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16760 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SIDERNO il 21/10/1985
avverso l’ordinanza del 29/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria ha rigettato il reclamo avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza ha respinto parzialmente la richiesta di liberazione anticipata, con riferimento al periodo dal 6 ottobre 2023 al 5 aprile 2024, avanzata nell’interesse di NOME COGNOME.
– Considerato che i motivi proposti dalla difesa, avv. NOME. COGNOME (violazione dell’art. 103 reg. esec. Ord. pen. e vizio di motivazione – primo motivo; violazione dell’art. 24 Cost. e vizio di motivazione – secondo motivo) sono inammissibili perché costituiti da doglianze in punto di fatto (entrambi i motivi), nonché manifestamente infondate per asserito difetto di motivazione che non emerge dalla lettura del provvedimento impugnato (v. p. seconda dell’ordinanza impugnata).
Rilevato, infatti, che il Tribunale ha reso conto, con motivazione immune da illogicità manifesta, della dirimente circostanza che COGNOME è stato arrestato per il reato di evasione, fatto per il quale risulta emesso, a carico dell’imputato, decreto di citazione a giudizio e che ha determinato la pendenza giudiziaria per tale titolo di reato.
Ritenuto, peraltro, che le censure prospettate quanto alle giustificazioni dell’allontanamento dal luogo di detenzione domiciliare sono fondate su ragioni versate in fatto (COGNOME si sarebbe recato, nell’edificio attiguo al luogo di detenzione domiciliare, a fare visita a sua madre dimessa dall’ospedale il giorno prima dell’accertamento) non rivedibili nella presente sede di legittimità e, comunque, non calibrate rispetto al tenore del provvedimento che, invece, fa riferimento specifico anche al complessivo comportamento, aggressivo e minaccioso, tenuto dal condannato al momento dell’accertamento, da parte degli operanti, della infrazione.
Rilevato, infine, che anche in relazione alle risultanze in ordine al periodo successivo, la motivazione del provvedimento è esauriente quanto all’accertata trasgressione consistita nell’accompagnarsi a persona pregiudicata e in possesso di stupefacente (sia pure destinato a uso personale).
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo tenuto conto dei motivi devoluti.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, in data 6 marzo 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente