Liberazione anticipata: perché un ricorso generico viene respinto
La liberazione anticipata rappresenta un istituto fondamentale nel sistema penitenziario italiano, concepito per incentivare la partecipazione del detenuto al percorso di rieducazione. Tuttavia, l’accesso a tale beneficio è subordinato a precise condizioni e, in caso di diniego, l’impugnazione deve rispettare rigorosi requisiti formali. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la genericità di un ricorso possa condurlo a una dichiarazione di inammissibilità, precludendo ogni esame nel merito.
I Fatti del Caso
Un detenuto si vedeva respingere dal Tribunale di Sorveglianza la richiesta di liberazione anticipata per un semestre di detenzione. La decisione del tribunale era motivata dalla condotta del detenuto durante quel periodo: egli aveva inscenato una protesta che aveva causato danni alle strutture carcerarie. Tale comportamento era stato oggetto di un procedimento disciplinare, e il tribunale aveva concluso che il detenuto non avesse dimostrato una partecipazione effettiva all’opera di rieducazione, requisito essenziale per la concessione del beneficio.
Contro questa decisione, il detenuto proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione da parte del Tribunale di Sorveglianza.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla liberazione anticipata
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si basa su un principio cardine del processo penale: la specificità dei motivi di ricorso. Secondo i giudici, le censure mosse dal ricorrente erano del tutto generiche e non si confrontavano in modo critico e puntuale con le argomentazioni sviluppate nell’ordinanza impugnata.
Il ricorrente, infatti, si era limitato a contestare la decisione senza però smontare analiticamente il ragionamento del Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo aveva chiaramente indicato le ragioni del diniego, fondate sulla regolarità della procedura disciplinare e sulla gravità della condotta tenuta dal detenuto. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato come un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione, la quale è giudice di legittimità e non di merito.
Le Motivazioni: la Necessaria Specificità del Ricorso
Il cuore della motivazione risiede nell’articolo 581 del codice di procedura penale, che impone, a pena di inammissibilità, che i motivi di impugnazione siano specifici. La specificità non è un mero formalismo, ma una necessità funzionale. Un ricorso è specifico quando:
1. Individua i punti della decisione impugnata: Deve essere chiaro quale parte della sentenza o ordinanza si contesta.
2. Espone le ragioni di diritto e gli elementi di fatto: Deve spiegare perché, giuridicamente e fattualmente, la decisione del giudice precedente è errata.
3. Crea una correlazione diretta: Deve esistere un legame logico tra le argomentazioni del giudice a quo e le critiche mosse dal ricorrente.
Nel caso in esame, il ricorso mancava di questa correlazione. Non affrontava le ragioni centrali della decisione del Tribunale di Sorveglianza, ovvero la gravità della protesta e la consapevolezza del detenuto riguardo al procedimento disciplinare a suo carico. La Corte ha sottolineato che le censure erano avulse da una ‘pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti’ delle prove processuali. In sostanza, non basta lamentarsi, bisogna dimostrare dove e perché il giudice ha sbagliato.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque intenda impugnare un provvedimento giurisdizionale: la qualità dell’argomentazione è tutto. Un ricorso, specialmente in Cassazione, non può essere una semplice doglianza generica, ma deve configurarsi come una critica tecnica, precisa e circostanziata della decisione impugnata. In assenza di una critica specifica e puntuale, che metta in luce vizi di legittimità e non semplici divergenze sulla valutazione dei fatti, il ricorso è destinato all’inammissibilità. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende sigilla l’esito negativo per il ricorrente, fungendo da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione fondati e ben argomentati.
Perché il ricorso per la liberazione anticipata è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato e privo dei requisiti di specificità richiesti dall’art. 581 del codice di procedura penale. Le censure del ricorrente erano generiche e non si confrontavano criticamente con le motivazioni del provvedimento impugnato.
Quali erano le ragioni per cui il Tribunale di Sorveglianza aveva inizialmente negato il beneficio?
Il Tribunale di Sorveglianza aveva negato la liberazione anticipata a causa della condotta del detenuto durante il semestre di riferimento. In particolare, aveva dato rilievo a una protesta inscenata che aveva causato danni alle strutture del carcere e alla conseguente mancata partecipazione all’opera di rieducazione.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della decisione della Cassazione?
Oltre alla conferma del diniego della liberazione anticipata, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della presentazione di un ricorso ritenuto colposamente inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23689 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23689 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso di NOME COGNOME e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato;
Considerato infatti che le censure, con le quali ricorrente lamenta la violazione d legge ed il vizio di motivazione da parte del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro nel confermare il rigetto della liberazione anticipata per il semestre di detenzione sofferta d 12 maggio 2017 al 12 novembre 2017, sono prive dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen. in quanto non scanditi dal necessaria analisi critica delle argomentazioni poste alla base della ordinanza impugnata rispetto alla circostanza che egli era stato reso edotto del procedimento disciplinare aveva avuto la possibilità di fare sentire le proprie ragioni ed alla gravità della prot inscenata che aveva determiNOME danni alle strutture del carcere;
Ritenuto, quindi, che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione; che, inoltre, le censure difensive tendono a prefigurare una rivalutazione degli elementi processuali, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione dì specifici e decisiv travisamenti di emergenze processuali valorizzate da Tribunale di sorveglianza;
Considerato, infatti, che il giudice a quo ha ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici, la richiesta di liberazione anticipata dando rilie modo coerente, alla regolarità della procedura disciplinare ed alla mancata partecipazione all’opera di rieducazione nel corso del semestre in questione;
Ritenuto che il ricorso deve essere, per tali ragioni, dichiarato inammissibile e che i ricorrente deve essere condanNOME, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 6 giugno 2024.