Liberazione Anticipata: Inammissibile il Ricorso Basato su Fatti e Vizi Procedurali Non Rilevanti
La liberazione anticipata rappresenta un istituto fondamentale nel diritto penitenziario, finalizzato a premiare il percorso di risocializzazione del detenuto. Tuttavia, l’accesso a tale beneficio è subordinato a una valutazione rigorosa della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini del sindacato di legittimità su tali decisioni, chiarendo quali motivi di ricorso possono essere considerati ammissibili.
I Fatti del Caso
Il caso in esame trae origine dal ricorso di un detenuto avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, che aveva confermato il diniego della liberazione anticipata per tre semestri. La decisione del magistrato prima, e del tribunale poi, si basava su una valutazione negativa del comportamento del detenuto. In particolare, veniva evidenziato un “totale rifiuto” nei confronti del percorso di risocializzazione e rieducazione.
Questa valutazione negativa era supportata da elementi oggettivi, quali:
– Segnalazioni dei Carabinieri.
– La commissione di reati in materia di stupefacenti.
– L’esistenza di una sanzione disciplinare inflitta durante la detenzione.
Il ricorrente, tramite il suo legale, ha impugnato tale provvedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e, in particolare, la mancata acquisizione di prove ritenute decisive, come la scheda scolastica e di lavoro, per un determinato periodo di detenzione. Tale omissione, secondo la difesa, configurava un vizio procedurale ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d) del codice di procedura penale.
La Decisione della Corte sulla Liberazione Anticipata
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che le censure mosse dal ricorrente fossero interamente di natura fattuale, tentando di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, attività preclusa in sede di Cassazione. Secondo la Corte, la motivazione del Tribunale di Sorveglianza era logica, coerente e giuridicamente corretta, basandosi su una pluralità di elementi oggettivi che dimostravano la mancata adesione del condannato al percorso rieducativo, presupposto indispensabile per la concessione del beneficio.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha articolato le sue motivazioni su due pilastri fondamentali.
In primo luogo, ha stabilito che le doglianze del ricorrente non si confrontavano adeguatamente con la ratio della decisione impugnata, ma si limitavano a riproporre una lettura alternativa dei fatti. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, scevra da vizi logici, si fondava su prove concrete del mancato ravvedimento, rendendo le critiche del ricorrente un mero tentativo di riesame del merito.
In secondo luogo, e questo rappresenta il principio di diritto più rilevante, la Corte ha specificato che il vizio di mancata assunzione di una prova decisiva (art. 606, comma 1, lett. d, c.p.p.) non è deducibile nei procedimenti di sorveglianza. Citando un proprio precedente consolidato (Cass. Pen., Sez. 1, n. 32116/2020), i giudici hanno ricordato che tale specifico motivo di ricorso è previsto esclusivamente per il giudizio dibattimentale e non per i procedimenti, come quello di sorveglianza, che si svolgono con il rito camerale. Questa distinzione procedurale è cruciale e limita le tipologie di vizi che possono essere fatti valere in Cassazione.
Conclusioni
L’ordinanza in commento consolida un importante principio in materia di impugnazioni relative ai benefici penitenziari. L’accesso alla liberazione anticipata dipende da una valutazione di merito del giudice di sorveglianza sulla partecipazione del detenuto al trattamento rieducativo. Il ricorso in Cassazione contro il diniego di tale beneficio non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto. Inoltre, non possono essere sollevati vizi procedurali, come la mancata acquisizione di una prova, che la legge riserva espressamente al contesto del processo di cognizione dibattimentale. La decisione riafferma la natura del giudizio di legittimità come controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione, non come sede per una nuova ricostruzione dei fatti.
Perché è stata negata la liberazione anticipata al detenuto in primo luogo?
La liberazione anticipata è stata negata perché il detenuto ha manifestato un totale rifiuto a partecipare all’opera di risocializzazione e rieducazione. Tale valutazione si basava su elementi concreti come la commissione di reati legati agli stupefacenti, segnalazioni delle forze dell’ordine e una sanzione disciplinare ricevuta in carcere.
Qual è il motivo principale per cui la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile principalmente perché le censure sollevate erano di merito e non di legittimità. Inoltre, ha chiarito che il vizio procedurale denunciato (mancata assunzione di una prova decisiva) non è applicabile ai procedimenti di sorveglianza, che si svolgono con rito camerale, ma solo al giudizio dibattimentale.
È possibile contestare in Cassazione la mancata acquisizione di documenti (es. scheda scolastica) in un procedimento per la liberazione anticipata?
No. Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione in questa e altre sentenze, il vizio di mancata assunzione di una prova decisiva, previsto dall’art. 606, comma 1, lett. d) del codice di procedura penale, non è un motivo di ricorso valido per i procedimenti di sorveglianza, poiché questi seguono il rito camerale e non quello dibattimentale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31741 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31741 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti;
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata;
Ritenuto che siano inammissibili le censure dedotte nel ricorso presentato da NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, relative alla violazione di legge e al travisamento omissivo che sarebbero riscontrabili nel provvedimento indicato in epigrafe, in forza del quale il Tribunale di sorveglianza di Reggi Calabria ha rigettato il reclamo proposto dall’interessato, avverso la decisione assunta dal Magistrato di sorveglianza della medesima città in data 22/11/2023; tale decisione aveva disatteso l’istanza di liberazione anticipata, relativamente a tre semestri e dichiarato inammissibile la medesima richiesta, con riferimento ad altri due periodi, ponendo specificamente a fondamento della decisione reiettiva il totale rifiuto opposto dal soggetto, rispetto all’opera di risocializzazion rieducazione (fatto ritenuto desumibile dalle acquisite segnalazioni dei Carabinieri, nonché dalla commissione di reati in materia di stupefacenti e dall’esistenza di una sanzione disciplinare, inflitta al condannato durante la permanenza in carcere);
Ritenuto che le doglianze sussunte nell’atto di impugnazione siano interamente versate in fatto e non riescano a confrontarsi compiutamente con la motivazione adottata dal Tribunale di sorveglianza, che appare scevra da vizi logici e giuridici e che si basa sulla sussistenza di numerosi elementi di carattere oggettivo, evocativi di una mancata adesione del condannato all’opera di rieducazione, posta a fondamento del sopra detto beneficio penitenziario.
Giova anche precisare come il secondo motivo sussunto nell’atto di impugnazione, ossia il vizio ex art. 606, comma 1, lett. d) cod. proc. pen. (asseritamente derivante dalla mancata acquisizione della scheda scolastica e di lavoro, per il periodo di detenzione dal 21/05/2021 al 13/01/2022, quale prova decisiva per la positiva valutazione all’opera di rieducazione), non sia deducibile i sede di legittimità (si veda, sul punto, il principio di diritto fissato da Sez. 32116 del 10/09/2020, Gaita, Rv. 280199 – 01, secondo cui: «Nel procedimento di sorveglianza non è deducibile il vizio di mancata assunzione di una prova decisiva di cui all’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., previsto solta per il giudizio dibattimentale e non anche per i procedimenti che si svolgono con il rito camerale»);
Considerato, inoltre, che le doglianze sopra sintetizzate siano meramente riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati nei termini sopra indicati e disattese, con motivazione congrua e priva di forme di contraddittorietà, nonché considerata la inesistenza delle denunciate illogicità;
Ritenuto, alla luce delle considerazioni che precedono, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2024.