Liberazione Anticipata: Inammissibile il Ricorso se si Chiede una Nuova Valutazione dei Fatti
L’istituto della liberazione anticipata rappresenta un pilastro del sistema penitenziario, volto a incentivare la partecipazione del detenuto al percorso rieducativo. Tuttavia, la sua concessione e il suo mantenimento sono subordinati a una condotta irreprensibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini del sindacato di legittimità sulla revoca di tale beneficio, chiarendo quando un ricorso deve essere considerato inammissibile.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla decisione del Tribunale di Sorveglianza di revocare 315 giorni di liberazione anticipata a un detenuto. La revoca era motivata da una grave condotta illecita posta in essere dal soggetto: la sua partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, un reato previsto dall’art. 74 del d.P.R. 309/90. Tale partecipazione era stata accertata con una sentenza divenuta irrevocabile, quindi definitiva.
Contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, il detenuto ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio nella motivazione del provvedimento.
La Valutazione della Corte sulla Liberazione Anticipata
La Suprema Corte, nell’esaminare il ricorso, ha rilevato come le doglianze del ricorrente non si concentrassero su un’effettiva violazione delle norme, bensì mirassero a ottenere una riconsiderazione del merito della vicenda. In pratica, si chiedeva ai giudici di legittimità di fornire una “lettura alternativa” degli elementi già ampiamente e compiutamente valutati dal Tribunale di Sorveglianza.
Il ricorrente, infatti, si era limitato a sollevare questioni su profili meramente valutativi della sua condotta, senza individuare specifiche falle logiche o giuridiche nel percorso argomentativo del giudice di merito.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di un principio consolidato. Il giudice di merito, in questo caso il Tribunale di Sorveglianza, aveva correttamente valutato la condotta del detenuto, ritenendola, per il suo obiettivo disvalore e per la sua natura, incompatibile con i presupposti richiesti per il beneficio della liberazione anticipata. La partecipazione a un’associazione criminale, accertata con sentenza definitiva, è stata considerata un elemento ostativo.
La Corte ha sottolineato che il percorso logico seguito dal Tribunale di Sorveglianza era “immune da fratture”. Di conseguenza, il tentativo del ricorrente di mettere in discussione tale valutazione si configurava come una richiesta di riesame del merito, attività preclusa alla Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di fatto. Per queste ragioni, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni
Questa pronuncia rafforza un importante principio procedurale: il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per ridiscutere i fatti. Per ottenere la revoca di un provvedimento, è necessario dimostrare un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione, non semplicemente proporre una diversa interpretazione degli eventi. La decisione conferma che una condotta grave, accertata in via definitiva, può legittimamente compromettere benefici penitenziari come la liberazione anticipata, e la valutazione del giudice di sorveglianza su tale incompatibilità, se ben motivata, è insindacabile nel merito. A seguito dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti compiuta dal Tribunale di Sorveglianza in materia di liberazione anticipata?
No, secondo questa ordinanza, il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per chiedere una semplice rilettura o una valutazione alternativa degli elementi di fatto già esaminati dal giudice di merito. Il ricorso è inammissibile se si limita a contestare profili puramente valutativi.
Quale tipo di condotta può portare alla revoca della liberazione anticipata?
La partecipazione a una grave associazione criminale, come quella prevista dall’art. 74 d.P.R. 309/90, è stata considerata dal Tribunale di Sorveglianza incompatibile con i presupposti per beneficiare della liberazione anticipata, giustificandone la revoca.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33348 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33348 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 29/01/1985
avverso l’ordinanza del 15/04/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di CAMPOBASSO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza in data 15/04/2025, con la quale il Tribunale di sorveglianza di Campobasso ha revocato 315 giorni di liberazione anticipata nei confronti di NOME COGNOME
Ritenuto che si lamenta violazione di legge e vizio della motivazione, ma in realtà si richiede un’alternativa lettura degli elementi che già compiutamente il giudice di merito ha esaminato e che lo hanno condotto ad assumere, con percorso logico immune da fratture, la decisione impugnata;
che il ricorrente si limita a sollevare questione su profili meramente valutativi e di merito della grave condotta illecita di partecipazione ad associazione ex art. 74 d.P.R. n. 309/90, negativamente apprezzata dal Tribunale di sorveglianza per il suo obiettivo disvalore e per la sua incompatibilità con i presupposti del beneficio della liberazione anticipata, condotta comunque accertata nei suoi contorni e nella sua protrazione temporale con sentenza irrevocabile;
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 settembre 2025 Il Con,igljge e ensore
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