Liberazione Anticipata: Perché l’Interesse a Ricorrere Svanisce con la Fine della Pena
La liberazione anticipata è uno strumento fondamentale nel sistema penitenziario, pensato per incentivare il percorso rieducativo del detenuto. Ma cosa succede se un ricorso contro il diniego di tale beneficio viene esaminato quando il condannato ha già finito di scontare la sua pena? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: l’interesse a ricorrere cessa con la scarcerazione per fine pena, rendendo l’impugnazione inammissibile.
I Fatti del Caso
Il caso in esame riguarda un ex detenuto che aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, con la quale gli era stato negato il beneficio della liberazione anticipata. Tuttavia, durante lo svolgimento del procedimento di legittimità, il ricorrente era stato scarcerato per aver completato l’espiazione della sua pena. Questa circostanza, apparentemente solo temporale, si è rivelata decisiva per l’esito del ricorso.
La Decisione della Corte sulla liberazione anticipata
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su un principio cardine del diritto processuale: la necessità di un interesse concreto e attuale per poter agire in giudizio. Nel momento in cui il condannato viene rimesso in libertà per aver scontato interamente la sua pena, viene meno lo scopo principale della liberazione anticipata, ovvero ottenere una riduzione del periodo di detenzione e, di conseguenza, una scarcerazione anticipata.
Secondo la Corte, non sussiste più alcun interesse giuridicamente rilevante del condannato a ottenere una pronuncia sul merito del suo ricorso. Gli argomenti presentati dalla difesa sono stati ritenuti generici e non in grado di superare l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’interesse a ricorrere. La Corte ha spiegato che l’interesse non può basarsi sulla mera speranza di ottenere un “credito di pena” da utilizzare in futuro. Il ricorrente, infatti, potrebbe sperare di vedersi riconosciuto un periodo di pena “risparmiato” da poter detrarre da un’eventuale, futura e non ancora commessa, condanna.
Tuttavia, la Cassazione, richiamando un suo precedente (Sent. n. 50481/2019), ha chiarito che questa aspettativa non ha fondamento giuridico. La cosiddetta “fungibilità” della pena, prevista dall’articolo 657, comma 4, del codice di procedura penale, non è applicabile a un reato che non è ancora stato commesso. In altre parole, non è possibile “accantonare” un credito di pena per il futuro. L’interesse a ottenere la liberazione anticipata è strettamente legato alla pena in corso di esecuzione. Una volta che questa è terminata, l’interesse si estingue con essa.
Conclusioni
L’ordinanza conferma un principio di logica e di economia processuale. L’azione giudiziaria deve perseguire un’utilità concreta per chi la promuove. Nel caso della liberazione anticipata, l’utilità è la riduzione del tempo da trascorrere in carcere. Se questo tempo è già trascorso interamente, il procedimento perde la sua ragione d’essere. La decisione sottolinea quindi che i benefici penitenziari sono strumenti legati all’esecuzione della pena in atto e non possono trasformarsi in crediti astratti spendibili in futuro. Per il ricorrente, oltre alla delusione per la decisione, vi è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
È possibile ricorrere contro il diniego della liberazione anticipata se nel frattempo si è finita di scontare la pena?
No, secondo la Corte di Cassazione il ricorso diventa inammissibile perché viene a mancare l’interesse concreto e attuale del condannato, essendo già stato scarcerato per espiazione della pena.
Il ‘credito di pena’ derivante da una liberazione anticipata concessa dopo la scarcerazione può essere usato per futuri reati?
No, la Corte ha specificato che la fungibilità della pena, ai sensi dell’art. 657 c.p.p., non è applicabile a un reato non ancora commesso. Il credito di pena non può essere ‘messo da parte’ per il futuro.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7939 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7939 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SAN GAVINO MONREALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/06/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIR:ETTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nel ricorso sono manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, secondo cui non sussiste l’interesse del condanNOME a proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento di diniego del riconoscimento della liberazione anticipata allorché, in corso di procedimento, il medesimo sia stato scarcerato per intervenuta espiazione della pena. (In motivazione, la Corte ha osservato che è inidoneo a fondare detto interesse il credito di pena derivante dalla positiva delibazione della richiesta di riduzione, atteso che, ai sensi dell’a 657, comma 4, cod. proc. pen., la fungibilità in sede esecutiva non è applicabile per un reato non ancora commesso)- Sez. 1, n. 50481 del 09/10/2019, COGNOME, Rv. 277825 – 01.
Rilevato, dunque, che alle richiamate coordinate ermeneutiche si è correttamente attenuta l’ordinanza impugnata, mentre la critica difensiva si è risolta in prospettazioni aspecifich non supportate con elementi giuridicamente argomentati e non sorrette da argomenti logicamente persuasivi;
Ritenuto pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023
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