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Liberazione anticipata: no se persistono legami clan

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego della liberazione anticipata. La decisione si fonda sulla persistenza di legami con il clan di appartenenza, dimostrata dalla percezione di una ‘mesata’, e da reiterate infrazioni disciplinari. Questi elementi, secondo la Corte, prevalgono su eventuali segnali di rieducazione, come la partecipazione alla stesura di un libro, indicando una mancata adesione al trattamento.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Anticipata: Perché i Legami con il Clan Contano Più di un Libro

La concessione della liberazione anticipata rappresenta un momento cruciale nel percorso di un detenuto, un segnale di avvenuta adesione al programma rieducativo. Tuttavia, cosa accade quando ai segnali positivi si contrappongono comportamenti che indicano la persistenza di legami con il mondo criminale? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23728/2024, offre una risposta chiara: la prova di un reale distacco dall’ambiente criminale è un requisito imprescindibile, che non può essere messo in ombra da singole attività rieducative.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un detenuto che si era visto negare dal Tribunale di Sorveglianza la liberazione anticipata per due distinti periodi. Le ragioni del diniego erano principalmente due:

1. Reiterate violazioni disciplinari: Il detenuto aveva accumulato diverse sanzioni durante la detenzione.
2. Percezione della “mesata”: Era emerso che, almeno fino al 2014, il soggetto continuava a ricevere una sorta di ‘stipendio’ dal clan camorristico di appartenenza.

Il Tribunale di Sorveglianza aveva interpretato questi elementi come un chiaro indice di mancata adesione al trattamento rieducativo, ritenendoli più significativi di altri aspetti potenzialmente positivi del suo percorso.

L’Appello e le Argomentazioni Difensive

Il detenuto, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione. La difesa ha sostenuto che:

* Per il periodo più recente, la sanzione disciplinare doveva essere considerata superata e di minor peso rispetto all’impegno dimostrato in attività di reinserimento, come la pubblicazione di un libro a cui aveva contribuito.
* Per il periodo precedente, il Tribunale aveva ingiustamente dato peso alla percezione della “mesata”, in assenza di prove che dimostrassero un suo contributo attivo all’associazione criminale dopo il 2010.

In sostanza, la difesa chiedeva di valorizzare i progressi rieducativi e di considerare il legame con il clan come ormai reciso, nonostante il sostegno economico ricevuto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla liberazione anticipata

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Le motivazioni sono nette e fondate su una valutazione logica e non contraddittoria dei fatti.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato che le numerose e reiterate violazioni disciplinari non possono essere ignorate. Esse costituiscono, di per sé, un forte indicatore di mancata adesione al trattamento per tutti i periodi in esame. Non si tratta di episodi isolati, ma di una condotta che svela un’insofferenza alle regole del percorso detentivo.

Il punto cruciale della decisione, però, riguarda la “mesata”. La Cassazione ha affermato che il ricorso non contestava il fatto che il condannato avesse continuato a percepire questo ‘stipendio’ dal clan. Questo elemento è stato ritenuto di eccezionale gravità, in quanto rappresenta un segno inequivocabile di mancata rescissione dei legami con l’organizzazione criminale. Non solo, ma accettare somme di denaro provenienti da attività delittuose costituisce una condotta illecita a prescindere. La Corte ha chiarito che non è necessario dimostrare una partecipazione attiva e continuativa ai crimini del clan; la semplice persistenza di un legame illecito e di una condotta riprovevole è sufficiente a dimostrare la carenza di adesione al trattamento rieducativo.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena: per ottenere benefici come la liberazione anticipata, non basta mostrare segnali superficiali di cambiamento. È necessaria una rottura netta, totale e provata con il proprio passato criminale. La partecipazione ad attività culturali o rieducative, pur lodevole, perde di significato se affiancata da comportamenti che, come le infrazioni disciplinari e l’accettazione di denaro dal clan, dimostrano che il percorso di distacco non è stato ancora completato. La giustizia richiede una coerenza di condotta che testimoni un cambiamento interiore reale e non solo di facciata.

Aver scritto un libro in carcere è sufficiente per ottenere la liberazione anticipata?
No, secondo la sentenza, la partecipazione ad attività rieducative come la scrittura di un libro non è sufficiente se, allo stesso tempo, il detenuto commette infrazioni disciplinari e mantiene legami con l’organizzazione criminale di appartenenza.

Ricevere denaro (‘mesata’) dal proprio clan impedisce la concessione della liberazione anticipata?
Sì, la percezione di una ‘mesata’ è considerata un chiaro segno di mancata rescissione dei legami con l’associazione criminale e una condotta illecita, indicativa di non adesione al trattamento rieducativo, e quindi osta alla concessione del beneficio.

Le sanzioni disciplinari sono sempre un ostacolo alla liberazione anticipata?
Sì, secondo questa decisione, violazioni disciplinari numerose e reiterate costituiscono un indice significativo di mancata adesione al trattamento rieducativo e possono giustificare il rigetto della domanda per tutti i periodi di detenzione in esame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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