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Liberazione anticipata: no se la condotta è ostativa

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto contro il diniego della liberazione anticipata. La decisione si fonda sulle reiterate violazioni disciplinari, come scambi illeciti di beni e comportamenti arroganti, considerate dalla Corte come un chiaro indice della mancata partecipazione del condannato al percorso di rieducazione, requisito fondamentale per la concessione del beneficio.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Anticipata: Quando le Violazioni Disciplinari Impediscono il Beneficio

La liberazione anticipata rappresenta uno strumento fondamentale nel percorso di reinserimento sociale del condannato, premiando la sua partecipazione attiva all’opera di rieducazione. Tuttavia, la sua concessione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce come la condotta carceraria, anche attraverso infrazioni apparentemente minori ma sistematiche, possa rivelare una sostanziale refrattarietà al trattamento e, di conseguenza, precludere l’accesso al beneficio.

I Fatti del Caso: Più di una Semplice Infrazione

Il caso esaminato riguarda un detenuto, sottoposto al regime speciale del 41-bis, che si è visto negare la liberazione anticipata per cinque semestri consecutivi. La decisione del Tribunale di Sorveglianza era basata su una serie di rilievi disciplinari. Tra questi, spiccavano numerosi scambi di beni con altri detenuti, effettuati in violazione delle regole interne (orari non rispettati, modalità elusive per nascondere il contenuto agli agenti), accompagnati da frasi arroganti verso il personale penitenziario. A ciò si aggiungevano altri episodi, come il rifiuto di indossare la mascherina durante l’emergenza Covid-19 e una condotta di protesta.

Il detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che tali comportamenti fossero di modesta importanza e non sufficienti a dimostrare una mancata adesione al processo rieducativo. In particolare, ha citato una sentenza della Corte Costituzionale secondo cui lo scambio di beni tra detenuti non può, da solo, giustificare il diniego del beneficio.

La Decisione della Corte e la Liberazione Anticipata

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Secondo i giudici supremi, il ricorso era infondato perché non coglieva il nucleo centrale della valutazione operata in sede di merito. La Corte ha stabilito che la concessione della liberazione anticipata richiede una valutazione globale della condotta del detenuto, non limitata all’assenza di gravi infrazioni.

Le Motivazioni: La Condotta Sistematica come Ostacolo alla Rieducazione

Le motivazioni della sentenza sono cruciali per comprendere i requisiti per ottenere il beneficio. La Corte non si è soffermata sui singoli episodi, ma sul loro quadro d’insieme. La sistematicità delle condotte, reiterate nonostante i richiami, è stata interpretata come un chiaro sintomo di ‘pervicacia’ e di una ‘radicale refrattarietà’ all’opera di rieducazione. La partecipazione al trattamento, sottolinea la Corte, esige un’adesione attiva alle regole della vita carceraria, che non può ridursi alla mera ‘buona condotta’ formale. Questa è una condizione necessaria, ma non sufficiente.

Lo Scambio di Oggetti: Non l’Atto, ma le Modalità

Un punto centrale della decisione riguarda lo scambio di oggetti. La Cassazione chiarisce che, sebbene la Corte Costituzionale (sent. n. 97/2020) abbia dichiarato illegittimo il divieto assoluto di scambio tra detenuti dello stesso gruppo, il contesto è determinante. Nel caso specifico, gli scambi avvenivano in palese violazione del regolamento penitenziario, con modalità ‘insidiose’ volte a eludere il controllo degli agenti. Questo comportamento, secondo i giudici, non è un semplice scambio, ma un’elusione del divieto ‘sorretta da scaltrezza e da malizia’, sintomatica di una persistente riluttanza a conformarsi alle regole.

Le Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere la liberazione anticipata, non basta astenersi da gravi illeciti. È richiesta una prova concreta e costante di partecipazione al percorso rieducativo, che si manifesta nel rispetto convinto e leale di tutte le regole che disciplinano la vita detentiva. Comportamenti sistematicamente contrari al regolamento, anche se non costituiscono reati, possono essere legittimamente interpretati come un rifiuto del percorso trattamentale, precludendo così l’accesso a un beneficio pensato per chi dimostra un reale cambiamento.

Delle semplici violazioni disciplinari possono impedire la concessione della liberazione anticipata?
Sì. Secondo la Corte, non è tanto la gravità del singolo episodio a contare, quanto la loro sistematicità e reiterazione. Se tali condotte, nel loro complesso, dimostrano una persistente refrattarietà del detenuto al percorso di rieducazione e alle regole carcerarie, possono giustificare il diniego del beneficio.

Scambiare oggetti con altri detenuti è sempre motivo di diniego della liberazione anticipata?
No, non sempre. La Corte Costituzionale ha stabilito che il divieto assoluto è illegittimo. Tuttavia, come chiarisce questa sentenza, se lo scambio avviene violando specifiche regole interne (ad esempio, orari, modalità) e con l’intento di eludere la sorveglianza, allora può essere considerato un indice negativo e contribuire al rigetto della richiesta.

Cosa è necessario dimostrare per ottenere la liberazione anticipata?
È necessario dimostrare una ‘partecipazione all’opera di rieducazione’. Questa non si esaurisce nella mera buona condotta o nell’assenza di infrazioni, ma richiede un’adesione attiva e convinta alle regole che disciplinano la vita carceraria. La condotta del detenuto deve essere globalmente valutata come prova di un effettivo percorso di cambiamento e reinserimento sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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