Liberazione anticipata: la continuità del percorso rieducativo è essenziale
La liberazione anticipata è uno degli strumenti più importanti nel sistema penitenziario italiano, concepito per incentivare la partecipazione del detenuto al percorso di rieducazione. Tuttavia, la sua concessione è subordinata a requisiti precisi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto fondamentale: la possibilità di cumulare periodi di detenzione diversi e separati da un lungo intervallo di tempo. La Corte ha stabilito che un’eccessiva distanza temporale tra due periodi di carcerazione, soprattutto se interrotta dalla commissione di un nuovo reato, impedisce di valutare quella continuità comportamentale necessaria per il beneficio.
I Fatti del Caso
Un detenuto presentava un’istanza per ottenere la liberazione anticipata relativa a un semestre di pena. La particolarità della richiesta risiedeva nel fatto che tale semestre era stato calcolato cumulando due distinti periodi di detenzione: uno breve, risalente al 2007, e un altro molto più recente, iniziato nel 2022. Il Tribunale di Sorveglianza rigettava la richiesta, e il detenuto decideva di proporre ricorso per cassazione avverso tale decisione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione del Tribunale di Sorveglianza, sottolineando che la richiesta del ricorrente non poteva essere accolta. La motivazione di fondo risiede nell’impossibilità di considerare unitario un percorso rieducativo frammentato da un intervallo di tempo di quasi quindici anni, durante il quale, peraltro, il soggetto aveva commesso un altro reato. Questa interruzione di fatto ha vanificato la possibilità di un giudizio positivo sulla reale e continua partecipazione all’opera di rieducazione.
Le Motivazioni: l’importanza della continuità per la liberazione anticipata
Il cuore della decisione si basa sul principio, già affermato in precedenti sentenze, secondo cui per la concessione della liberazione anticipata è necessario un giudizio complessivo e coerente sul comportamento del detenuto. L’art. 54 dell’Ordinamento Penitenziario richiede una prova di “partecipazione all’opera di rieducazione”.
La Corte ha specificato che un lasso di tempo così ampio tra i due periodi di detenzione non consente di formulare un giudizio appropriato sulla continuità dei presupposti richiesti. Il comportamento tenuto durante il primo, breve periodo di detenzione non può essere semplicemente ‘sommato’ a quello del secondo periodo, ignorando ciò che è accaduto nel mezzo. La commissione di un nuovo reato tra le due carcerazioni rappresenta la prova più evidente della mancata adesione al percorso rieducativo, interrompendo quella progressione positiva che la legge intende premiare con la riduzione della pena. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato privo di fondamento e quindi inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena: i benefici penitenziari non sono automatismi, ma il risultato di un percorso effettivo e costante. La liberazione anticipata premia la continuità e la coerenza del comportamento rieducativo. Un lungo periodo di libertà tra due detenzioni, se non caratterizzato da una condotta irreprensibile, spezza il nesso logico e temporale necessario per una valutazione positiva. La decisione serve da monito: la partecipazione all’opera di rieducazione deve essere un impegno reale e duraturo, non una somma algebrica di periodi di buona condotta carceraria separati da ricadute nella criminalità.
È possibile cumulare periodi di detenzione diversi per ottenere la liberazione anticipata?
In linea di principio sì, ma la sentenza chiarisce che un intervallo di tempo eccessivamente lungo tra i due periodi, specialmente se caratterizzato dalla commissione di nuovi reati, interrompe la continuità del percorso rieducativo e osta alla concessione del beneficio.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la richiesta si basava su un presupposto errato: la possibilità di valutare unitariamente due periodi di detenzione separati da quasi quindici anni e da un nuovo reato. La Corte ha considerato questa pretesa manifestamente infondata, in quanto manca il requisito della continuità nel percorso rieducativo.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende, come sanzione per aver promosso un’impugnazione priva di fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1333 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1333 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a GELA il 27/06/1971
avverso l’ordinanza del 23/05/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
LETTO
il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stato respinto il reclamo rivolto al provvedimento che rigetta l’istanza di concessione al predetto della liberazione anticipata, per il semestre ricava cumulando i periodi di detenzione dal 11/06/2007 al 30/08/2007 e dal 23/07/2022 al 02/11/2022;
RILEVATO
che il ricorso, denunziando violazione dell’art. 54, ‘Ord. pen., sviluppa censure (ribadi con la memoria trasmessa il 27 agosto 2024) che si rivolgono, piuttosto, all’articolato i motivazionale che ha ragionevolmente apprezzato in senso ostativo alla valutazione della partecipazione all’opera di rieducazione il reato commesso fra i due periodi di cui sopra, che i ogni caso sono separati da uno spazio di tempo così ampio da non consentire un appropriato giudizio sulla reale continuità dei presupposti richiesti (Sez. 1, n. 27573 del 16/05/201 Maggio, Rv. 275849-01; Sez. 1, n. 21689 del 06/05/2008, COGNOME, Rv. 239884-01);
RITENUTO
pertanto, che il ricorso deve dichiararsi inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuale e, in ragione dei profili di colpa, della somma determinata in euro tremila da corrispondere in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2024