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Liberazione anticipata: no se c’è un reato grave

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto a cui era stata negata la liberazione anticipata. La decisione si fonda sul fatto che, dopo il periodo per cui si chiedeva il beneficio, l’individuo era stato coinvolto in un grave reato di detenzione di stupefacenti. La Suprema Corte ha confermato che un comportamento successivo così grave può influenzare negativamente la valutazione della condotta del detenuto, giustificando il diniego del beneficio.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Anticipata: Quando un Reato Successivo Blocca il Beneficio

La liberazione anticipata rappresenta uno strumento fondamentale nel sistema penitenziario italiano, volto a premiare il percorso rieducativo del detenuto. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: un reato grave commesso in un periodo successivo a quello per cui si richiede il beneficio può legittimamente portare al suo diniego, in quanto indice di una mancata adesione al percorso rieducativo.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Sconto di Pena Respinta

Il caso esaminato trae origine dalla decisione del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, che aveva respinto l’istanza di un detenuto per la concessione della liberazione anticipata relativa ai semestri compresi tra il 15 giugno 2020 e il 15 giugno 2021. Insoddisfatto della decisione, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, contestando la valutazione operata dal Tribunale.

La ragione del diniego era chiara e grave: dopo il periodo in esame, il ricorrente era stato sottoposto a misura cautelare per un nuovo e grave reato, specificamente la detenzione di 488 chilogrammi di hashish, violando l’art. 73 del Testo Unico sugli stupefacenti. Il Tribunale di Sorveglianza ha ritenuto che tale comportamento, sebbene successivo, fosse sintomatico di una personalità non ancora rieducata e, pertanto, ostativo alla concessione del beneficio.

La Valutazione della Condotta per la Liberazione Anticipata

Il punto centrale della questione giuridica risiede nel modo in cui la condotta del detenuto deve essere valutata ai fini della concessione della liberazione anticipata. Il ricorrente sosteneva, implicitamente, che la valutazione dovesse limitarsi strettamente al semestre di riferimento. La Corte di Cassazione, invece, ha confermato l’approccio del Tribunale di Sorveglianza, ritenendolo corretto e in linea con la giurisprudenza consolidata.

Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava un errore di diritto, ma tendeva a sollecitare una nuova valutazione del merito dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha sottolineato che il Tribunale di Sorveglianza aveva vagliato correttamente gli elementi a disposizione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione richiamando un proprio precedente orientamento, secondo cui la valutazione della condotta del detenuto, sebbene normalmente frazionata per semestre, «ben può estendersi in negativo anche ai semestri contigui, quando il condannato abbia posto in essere un comportamento particolarmente grave».

La gravità delle nuove condotte attribuite al ricorrente, pur essendo successive al periodo oggetto di osservazione, esplica i suoi effetti negativi sulla valutazione complessiva. Commettere un reato di tale portata dimostra, secondo i giudici, una persistenza nel delinquere che contraddice la presunzione di partecipazione all’opera di rieducazione, che è il presupposto fondamentale per ottenere lo sconto di pena. In sostanza, il nuovo reato funge da prova contraria, svelando che il percorso rieducativo, se mai iniziato, non ha prodotto gli effetti sperati.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio di fondamentale importanza pratica: la valutazione per la liberazione anticipata non è un esame a compartimenti stagni, limitato al singolo semestre. Il giudice deve considerare la personalità del condannato nella sua interezza e il suo comportamento anche al di fuori del periodo specifico di osservazione. Un fatto grave successivo, come un nuovo reato, può essere legittimamente utilizzato per negare il beneficio, poiché illumina negativamente la condotta passata, dimostrando l’assenza di un reale cambiamento. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

È possibile negare la liberazione anticipata per un semestre a causa di un reato commesso in un periodo successivo?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la valutazione della condotta del detenuto può estendersi in negativo anche ai semestri contigui se il condannato ha posto in essere un comportamento particolarmente grave, anche se avvenuto dopo il periodo per cui si chiede il beneficio.

Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava vizi di legittimità della decisione, ma mirava a ottenere una nuova valutazione nel merito dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

Quale tipo di comportamento può compromettere la concessione della liberazione anticipata?
Secondo l’ordinanza, un comportamento “particolarmente grave”, come il coinvolgimento in un reato di notevole entità (nel caso specifico, la detenzione di 488 kg di stupefacenti), è sufficiente a dimostrare la mancata partecipazione all’opera di rieducazione e a giustificare il diniego del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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