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Liberazione anticipata: no se c’è un nuovo reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto per la concessione della liberazione anticipata. La decisione si fonda sulla mancanza di interesse ad agire, data l’avvenuta espiazione della pena, e soprattutto sull’ostacolo rappresentato dalla commissione di un nuovo reato durante il periodo di detenzione, che interrompe il percorso di rieducazione necessario per ottenere il beneficio.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Anticipata: La Cassazione chiarisce i limiti del beneficio

La liberazione anticipata rappresenta uno degli strumenti più importanti nel percorso di rieducazione del condannato. Tuttavia, la sua concessione è subordinata a requisiti precisi, tra cui la prova di partecipazione all’opera di rieducazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la commissione di un nuovo reato durante il periodo di espiazione della pena è un ostacolo insormontabile per ottenere tale beneficio, rendendo irrilevanti altri calcoli sulla durata della pena.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un detenuto che aveva presentato un’istanza per ottenere la liberazione anticipata per il semestre compreso tra il 24 agosto 2022 e il 24 febbraio 2023. L’istanza era stata dichiarata inammissibile sia dal Magistrato di Sorveglianza che, in sede di reclamo, dal Tribunale di Sorveglianza di Milano.

Il ricorrente, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che un periodo di custodia cautelare sofferto per un altro reato (dal 1° marzo 2022 al 22 aprile 2022) era stato giudicato ‘fungibile’ e, pertanto, doveva essere considerato valido ai fini del calcolo per il beneficio richiesto. Tuttavia, un dato di fatto cruciale complicava la situazione: il detenuto era stato scarcerato per fine pena il 9 marzo 2023.

La Decisione sulla Liberazione Anticipata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4300/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su due ordini di ragioni, entrambi decisivi. In primo luogo, l’avvenuta scarcerazione del condannato per espiazione completa della pena ha fatto venire meno il suo interesse a ottenere una riduzione di pena su una sanzione già interamente scontata. La giurisprudenza consolidata, infatti, afferma che non sussiste l’interesse del condannato a ricorrere avverso il diniego di liberazione anticipata quando, nel corso del procedimento, la pena è stata espiata.

In secondo luogo, e questo è il punto centrale, il ricorso non affrontava la questione decisiva: l’adesione al trattamento rieducativo. La Corte ha sottolineato che la valutazione per la concessione del beneficio non è un mero calcolo matematico dei periodi di detenzione, ma un’analisi sostanziale della condotta del detenuto.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della motivazione risiede nella netta distinzione tra la ‘fungibilità’ della pena e i presupposti per la liberazione anticipata. La fungibilità, prevista dall’art. 657 del codice di procedura penale, permette di ‘scontare’ un periodo di custodia cautelare dalla pena di un altro reato, incidendo unicamente sulla durata totale della detenzione. Questo meccanismo, però, non ha alcuna conseguenza automatica sulla valutazione della condotta.

La liberazione anticipata, al contrario, richiede una prova positiva di partecipazione all’opera di rieducazione. L’arresto per un nuovo reato, commesso mentre il soggetto stava già espiando una pena (in questo caso, in affidamento), è la prova contraria. Tale evento dimostra una mancata adesione al percorso trattamentale e si pone come un ostacolo diretto al riconoscimento del beneficio per il periodo in cui il reato è stato commesso. Il ricorso del detenuto era silente su questo punto cruciale, limitandosi a insistere sulla fungibilità della pena, un argomento ritenuto non pertinente dalla Corte.

Conclusioni

La sentenza riafferma con forza che la liberazione anticipata non è un diritto automatico legato al tempo trascorso in detenzione, ma un beneficio meritocratico. La commissione di un nuovo reato durante l’esecuzione penale interrompe il patto rieducativo tra lo Stato e il condannato, precludendo l’accesso a sconti di pena basati sulla buona condotta. Inoltre, viene confermato che l’interesse a ricorrere deve essere concreto e attuale: una volta espiata la pena, non è più possibile chiedere una riduzione che non avrebbe alcun effetto pratico.

È possibile ottenere la liberazione anticipata se si viene arrestati per un altro reato durante l’espiazione della pena?
No, la sentenza chiarisce che l’arresto per un nuovo reato commesso durante l’espiazione della pena costituisce un ostacolo al riconoscimento della liberazione anticipata, in quanto dimostra una mancata adesione al trattamento rieducativo.

L’interesse a ricorrere per la liberazione anticipata rimane valido dopo che la pena è stata completamente scontata?
No, secondo la Corte, l’avvenuta scarcerazione per fine pena rende il ricorso privo di interesse, poiché il beneficio della riduzione di pena non potrebbe più avere alcun effetto pratico su una sanzione già interamente espiata.

La ‘fungibilità’ di un periodo di custodia cautelare influisce automaticamente sulla concessione della liberazione anticipata?
No, la fungibilità della pena, che permette di detrarre un periodo di custodia cautelare da un’altra pena, incide solo sulla durata totale della detenzione. Non ha alcuna conseguenza automatica sulla valutazione della condotta richiesta per la liberazione anticipata, che è un istituto distinto e basato sul merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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