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Liberazione anticipata: no se c’è condotta aggressiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una detenuta contro il diniego della liberazione anticipata. La decisione si basa sulla valutazione negativa della sua partecipazione al percorso rieducativo, evidenziata da infrazioni disciplinari passate e da una recente e costante condotta aggressiva e intimidatoria verso il personale carcerario. Per la Corte, questi elementi dimostrano una mancata adesione al trattamento, requisito fondamentale per ottenere il beneficio.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Anticipata: Perché la Cassazione la Nega in Caso di Comportamento Aggressivo

La liberazione anticipata è uno degli istituti più importanti dell’ordinamento penitenziario, rappresentando un incentivo fondamentale per la partecipazione del detenuto al percorso di rieducazione. Tuttavia, la sua concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la valutazione del comportamento del condannato vada oltre la semplice assenza di infrazioni gravi, includendo anche l’atteggiamento generale e il rapporto con il personale penitenziario. Analizziamo insieme questa decisione per capire quali sono i criteri che guidano i giudici.

I Fatti del Caso

Una detenuta presentava ricorso alla Corte di Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che le aveva negato il beneficio della liberazione anticipata per alcuni semestri di detenzione. La decisione del Tribunale si fondava su due elementi principali: una serie di infrazioni disciplinari commesse tra il 2001 e il 2005 e due provvedimenti disciplinari più recenti.

La difesa della ricorrente sosteneva che:
1. Le vecchie infrazioni erano state valutate sulla base di una semplice nota del carcere, senza un’analisi concreta dei fatti.
2. Le infrazioni più recenti erano episodi di scarso rilievo e non erano state considerate nella loro reale e limitata entità.

In sostanza, il ricorso mirava a ottenere una rivalutazione più favorevole della condotta della detenuta, ritenuta idonea alla concessione del beneficio.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Liberazione Anticipata

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Secondo gli Ermellini, il giudice di merito aveva correttamente valutato la mancanza del requisito fondamentale per la concessione del beneficio: la partecipazione attiva e costante all’opera di rieducazione.

La Corte ha ribadito che il comportamento del detenuto deve essere analizzato in una prospettiva complessiva, dove ogni elemento contribuisce a definire il grado di adesione al percorso trattamentale.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha smontato le argomentazioni difensive con precise motivazioni giuridiche.

In primo luogo, riguardo alle infrazioni disciplinari commesse tra il 2001 e il 2005, la Cassazione ha chiarito che la loro rilevanza non risiede tanto nelle sanzioni inflitte, quanto nel dato fattuale che esse rappresentano. Queste infrazioni, considerate nel loro insieme, sono state interpretate come un “chiaro sintomo della mancata adesione della condannata al programma di rieducazione”. Non si tratta di episodi isolati, ma di una “non episodicità” nel commettere violazioni, indicativa di una resistenza al trattamento.

In secondo luogo, per quanto riguarda le infrazioni più recenti, la Corte ha sottolineato come la critica della ricorrente fosse superficiale. Il Tribunale, infatti, non si era limitato a considerare la gravità dei singoli episodi. Aveva valorizzato un elemento ben più significativo emerso dalla relazione di servizio: la “consuetudine della detenuta con toni aggressivi, prepotenti ed intimidatori nei confronti del personale”. Questo atteggiamento, secondo la Corte, è un fattore che “sottolinea ancora di più la mancata adesione al programma di rieducazione”.

La Cassazione ha quindi ribadito un principio consolidato: per la liberazione anticipata non basta una mera regolarità del comportamento intramurario, ma è necessaria un’adesione attiva alle regole che disciplinano la vita carceraria. Il ricorso è stato giudicato inammissibile anche perché tentava di sollecitare una rilettura dei fatti già adeguatamente valutati, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre spunti di riflessione cruciali. La concessione della liberazione anticipata è subordinata a una prova concreta di cambiamento e partecipazione. Non è sufficiente astenersi da condotte palesemente illecite, ma occorre dimostrare un’adesione genuina e positiva al percorso rieducativo. Un atteggiamento costantemente aggressivo e intimidatorio verso gli operatori penitenziari è considerato un sintomo inequivocabile di mancata partecipazione, tale da giustificare il diniego del beneficio, anche a fronte di infrazioni formalmente non gravissime.

Una serie di infrazioni disciplinari, anche se non gravi, può impedire la concessione della liberazione anticipata?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che le singole infrazioni vengono valutate nel loro complesso non per le sanzioni specifiche, ma come dato fattuale indicativo della mancata adesione del detenuto al programma rieducativo.

È sufficiente una condotta formalmente regolare in carcere per ottenere la liberazione anticipata?
No. La sentenza chiarisce che non è sufficiente la mera regolarità del comportamento intramurario, ma è richiesta una partecipazione attiva della detenuta all’opera di rieducazione e un’adesione alle regole della vita carceraria.

Come viene valutato l’atteggiamento del detenuto verso il personale penitenziario ai fini della liberazione anticipata?
L’atteggiamento è un elemento fondamentale. Una condotta caratterizzata da toni aggressivi, prepotenti e intimidatori nei confronti del personale è considerata un chiaro elemento che dimostra la mancata adesione al programma di rieducazione e può giustificare il diniego del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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