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Liberazione anticipata: no a risarcimento per ritardo

La Corte di Cassazione ha stabilito che non spetta alcuna riparazione per ingiusta detenzione al detenuto che lamenta un ritardo nella concessione della liberazione anticipata, qualora il Magistrato di Sorveglianza abbia deciso entro i termini procedurali previsti dalla legge. La sentenza sottolinea che il termine di quindici giorni previsto dall’art. 69-bis dell’ordinamento penitenziario è necessario per completare l’istruttoria e non costituisce un ritardo ingiustificato.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Anticipata: Quando il Ritardo non Dà Diritto al Risarcimento

La liberazione anticipata è uno degli istituti più importanti dell’ordinamento penitenziario, rappresentando un incentivo fondamentale alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo. Ma cosa accade se la sua concessione subisce un ritardo? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20821/2024) chiarisce i confini tra i tempi tecnici della procedura e il diritto al risarcimento per ingiusta detenzione, stabilendo un principio chiaro: il rispetto dei termini procedurali esclude l’ingiustizia del ritardo.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Risarcimento

Un detenuto, avendo maturato il diritto a 45 giorni di liberazione anticipata, si vedeva scarcerato con alcuni giorni di ritardo rispetto alla data prevista. Nello specifico, la detenzione si era protratta per quattro giorni oltre il termine, dal 12 al 16 settembre 2022. Ritenendo di aver subito un’ingiusta detenzione per questo lasso di tempo, l’uomo presentava ricorso alla Corte d’Appello per ottenere una riparazione economica.

La Corte d’Appello, tuttavia, rigettava la richiesta. La sua decisione si basava sull’analisi dell’art. 69-bis dell’ordinamento penitenziario, il quale prevede che il Magistrato di Sorveglianza decida sull’istanza non prima di quindici giorni dalla richiesta di parere al Pubblico Ministero. Nel caso specifico, l’istanza era stata depositata il 3 settembre e la decisione era intervenuta il 16 settembre, ovvero entro il tredicesimo giorno, quindi ampiamente all’interno dei tempi previsti dalla legge.

Contro questa decisione, il detenuto proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che il termine di quindici giorni fosse irrispettoso del diritto fondamentale alla libertà personale e che la Corte d’Appello avrebbe dovuto disapplicare la norma.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e manifestamente infondato, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ribadito che non vi è stato alcun ritardo illegittimo da parte del giudice di merito nel provvedere alla concessione del beneficio. Di conseguenza, nessun risarcimento è dovuto.

Le Motivazioni: Il Termine per la Liberazione Anticipata è a Garanzia dell’Istruttoria

Il cuore della motivazione risiede nella ratio dell’art. 69-bis. La Corte ha spiegato che il termine minimo di quindici giorni non è un ritardo burocratico, ma un tempo necessario per garantire una decisione ponderata e corretta. La concessione della liberazione anticipata non è un automatismo, ma il risultato di un’attività istruttoria discrezionale.

Il Magistrato di Sorveglianza deve:
1. Richiedere e attendere il parere del Pubblico Ministero.
2. Acquisire e valutare le relazioni degli istituti di pena sulla condotta e sulla partecipazione del detenuto all’opera di rieducazione.
3. Se necessario, raccogliere informazioni da altre strutture (es. comunità esterne) frequentate dal condannato.

Questa istruttoria, che può rivelarsi complessa, è fondamentale per accertare che il detenuto abbia effettivamente dato prova di partecipazione al percorso rieducativo, presupposto indispensabile per la concessione del beneficio. Il termine procedurale, quindi, serve a tutelare la corretta amministrazione della giustizia e a garantire che il beneficio sia concesso solo a chi ne ha effettivamente diritto. Poiché nel caso di specie il magistrato ha deciso entro tale termine, non si può parlare di ritardo colpevole né di detenzione ingiusta.

Conclusioni: L’Importanza dei Termini Procedurali

Questa sentenza riafferma un principio cruciale: i termini procedurali stabiliti dal legislatore sono posti a presidio della corretta funzione giurisdizionale. Un’attesa che rientra in questi limiti temporali è da considerarsi fisiologica e non può fondare una pretesa risarcitoria per ingiusta detenzione. La libertà personale è un diritto sacro, ma il suo esercizio è bilanciato da regole procedurali che garantiscono decisioni giuste e motivate. Per i detenuti e i loro difensori, ciò significa che una richiesta di liberazione anticipata deve tenere conto di questi tempi tecnici, che non rappresentano una negligenza del sistema, ma una sua componente essenziale.

Un ritardo nella concessione della liberazione anticipata dà sempre diritto a un risarcimento?
No, non dà diritto a un risarcimento se il tempo impiegato dal giudice per decidere rientra nei termini procedurali stabiliti dalla legge. La sentenza chiarisce che l’attesa dovuta all’espletamento dell’istruttoria necessaria non costituisce ingiusta detenzione.

Perché la legge prevede un termine minimo per decidere sulla liberazione anticipata?
Il termine, fissato in quindici giorni dall’art. 69-bis dell’ordinamento penitenziario, è previsto per consentire al Magistrato di Sorveglianza di svolgere una completa istruttoria. Questo include l’acquisizione del parere del Pubblico Ministero e delle relazioni sulla condotta del detenuto, necessarie per valutare la sua effettiva partecipazione al percorso rieducativo.

Può un giudice disapplicare una norma se la ritiene in contrasto con la Costituzione?
No, un giudice ordinario non può disapplicare direttamente una legge. Se ritiene che una norma violi la Costituzione, deve sollevare una questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte Costituzionale. Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto la richiesta di sollevare tale questione estremamente vaga e irrilevante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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