Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12669 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12669 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CAMPOBASSO il 19/01/1952
avverso l’ordinanza del 20/06/2018 del TRIB. SORVEGLIANZA di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME; lettefgerrt-ite le conclusioni del PG or 3 GLYPH . GLYPH rr) GLYPH C o- e a GLYPH 2 – 2 – 4′ k.. GLYPH e-L-: e–)r) cy GLYPH c->k-; GLYPH ci- GLYPH 42be;(.
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RITENUTO IN FATTO
Con l’ ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di sorveglianza di Genova ha r reclamo proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglian Genova in materia di liberazione anticipata.
Va premesso che con l’ordinanza in ultimo menzionata il Magistrato di sorveg respingeva con riferimento al semestre maturato dal 20/04/17 al 20/10/17 la d avanzata dal condannato di liberazione anticipata, sul rilievo che in data 3 magg quindi nel periodo in osservazione veniva ritrovato all’interno della cella del cellulare.
Il Tribunale di sorveglianza, condividendo la scelta del primo Giudice di ri richiesta di liberazione anticipata, sottolinea che “il ritrovamento del cellulare al cella occupata dal reclamante comporta una connivenza rispetto ad un grave comportam di violazione delle norme di corretta convivenza penitenziaria”.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensor COGNOME, deducendo vizio di motivazione in ordine al mancato accoglimento del recl Rileva il difensore che il suo assistito, all’atto del ritrovamento del cellulare, ri trasferito in quella cella, non conosceva gli altri detenuti che la occupavano e anc saputo del cellulare avrebbe avuto remore a denunciare i suddetti. Sottolinea il difen i compagni di cella, seppure sanzionati a livello disciplinare, si siano poi visti liberazione anticipata relativa allo stesso semestre. Chiede, pertanto, l’an dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Invero, nel caso in esame sia il Magistrato di sorveglianza che il Tribunale di so hanno valorizzato la vicenda del ritrovamento del cellulare all’interno della cell detenuto COGNOME durante il periodo cui si riferisce la richiesta di liberazione anti sintomatica dell’assenza di un’effettiva partecipazione all’opera di rieducazione n periodo.
Secondo l’orientamento di questa Corte – si veda per tutte Sez.1, n. 3 26/06/2015, Rv.264293 – la finalità principale dell’istituto della liberazione antic “nel consentire un più efficace reinserimento nella società del condannato che abbia prova di partecipazione all’opera di rieducazione (C. Cost. n. 352 del 1991)” ed “è detta partecipazione che viene richiesta dalla norma e che è evidentemente conside legislatore di per sé sintomatica di un percorso che va incoraggiato e premiato:
occorra anche la dimostrazione di quel ravvedimento che si richiede invece, probabile per l’accesso alle più incisive misure extramurarie (C. cost. n. 276 del 1990)”.
La valutazione di meritevolezza del beneficio, rimessa al giudice del merito, quindi, nella verifica del presupposto della partecipazione all’opera di rieducazio può ridursi alla mera buona condotta carceraria, che costituisce la “norma” del compo del detenuto, ma richiede un’adesione pronta ed attiva alle regole che disciplin carceraria e agli interventi trattamentali.
Ne consegue che le argomentazioni dell’ordinanza impugnata, che pongono l’accento rilevanza del comportamento di connivenza posto in essere, ai fini dell’esclusione del partecipazione del detenuto all’opera di rieducazione durante il semestre valutazione, risultano scevre da vizi logici e giuridici (ancorando il beneficio a partecipazione all’opera di rieducazione”, come sancito dal summenzionato art. 54) insindacabili in questa sede, nella quale non può procedersi ad una rivisitazione deg fattuali come quella invocata dal ricorrente, che si limita a confutare dette argome modo assolutamente generico e non autosufficiente e a dedurre una disparità di tra neppure documentata (sempre in violazione del principio di autosufficienza).
All’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., la cond Marco al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma che si ritien determinare in euro tremila a favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo le co previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n.186 del 13 giugno 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2019.