Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1743 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1743 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LIMBADI il 01/01/1941 avverso l’ordinanza del 09/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di Catanzaro Udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME Lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9 luglio 2024 il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha rigettato il reclamo proposto avverso l’ordinanza del 20.11.2023 con la quale il Magistrato di sorveglianza aveva respinto l’istanza di liberazione anticipata proposta nell’interesse di NOME COGNOME relativamente al periodo 7 marzo 2013 – 7 settembre 2016, accogliendola, invece, per il periodo 5 agosto 2021 – 5 agosto 2023.
Il rigetto Ł stato giustificato, pur riconosciuta la condotta regolare tenuta in regime di custodia cautelare in carcere dal 2013 al 2014, con le numerose denunce tra il 2015 e il 2021 e, in particolare, con l’arresto per evasione del 19 novembre 2015, dieci segnalazioni tra 2015 e 2016 per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, ventuno segnalazioni tra 2017 e 2021 per violazione, appena rientrato in libertà, degli obblighi della sorveglianza speciale, tre episodi nel 2018 e uno nel 2019 per oltraggio a pubblico ufficiale e minaccia.
Il Tribunale ha ritenuto, quindi, che COGNOME non avesse mai inteso aderire ad alcuna opera di rieducazione, avendo continuato a delinquere sia nel periodo di sottoposizione agli arresti domiciliari, sia subito dopo il ritorno in libertà, e ritenendo che la documentazione allegata dalla difesa (quattro sentenze di assoluzione) nulla dimostrasse rispetto alle ulteriori, numerose, denunce.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo dei propri difensori, avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME articolando un unico motivo con il quale eccepisce, promiscuamente, erronea applicazione dell’art. 54 ord. pen., nonchØ manifesta illogicità e apparenza della motivazione, in riferimento alla, ritenuta, mancata adesione all’opera di rieducazione e alla omessa considerazione, da parte dei giudici di merito, delle censure difensive.
GIORGIO POSCIA
NOME COGNOME
NOME COGNOME
R.G.N. 36621/2024
Specificamente, il ricorrente, come già eccepito nel reclamo, ritiene violato il principio della valutazione frazionata, ritenendo che in virtø di esso debba aversi riguardo alla partecipazione, nel semestre di riferimento, all’opera di rieducazione, non già all’avvenuto conseguimento dell’effetto rieducativo e del reinserimento sociale, atteso che la partecipazione deve essere parametrata alla sola condotta esteriore.
Inoltre, pur prendendo atto dell’interpretazione per la quale il comportamento negativo tenuto dal condannato dopo i semestri di valutazione in costanza di esecuzione o in stato di libertà possa estendersi sfavorevolmente anche ai periodi precedenti, il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto procedere ad una valutazione concreta del comportamento, non potendosi desumere, per effetto delle denunce riportate, la mancanza di adesione all’opera di rieducazione.
Lamenta, altresì, come i giudici di sorveglianza non abbiano valutato le sentenze di assoluzione emesse nei confronti del condannato per le diverse violazioni contestategli, omettendo, così, una motivazione reale sulla loro concreta rilevanza.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha richiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
La finalità principale assolta dall’istituto della liberazione anticipata Ł quella di consentire un piø efficace reinserimento nella società del condannato che abbia offerto la prova di partecipazione all’opera di rieducazione (C. Cost. n. 352 del 1991) ed Ł solamente detta partecipazione che viene richiesta dalla norma e che Ł evidentemente considerata dal legislatore di per sØ sintomatica di un percorso che va incoraggiato e premiato: senza che occorra anche la dimostrazione di quel ravvedimento che si richiede invece, probabile o sicuro, per l’accesso alle piø incisive misure extramurarie (C. cost. n. 276 del 1990).
Sez. 1, n. 32203 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264293, in motivazione, ha condivisibilmente precisato che «la valutazione di meritevolezza del beneficio (…) Ł ovviamente rimessa al giudice del merito; ma questo Ł tenuto ad accertare se, nel comportamento serbato dall’interessato, siano rinvenibili sintomi dell’evoluzione della personalità verso modelli socialmente validi tenendo ben fermo che ciò che conta, ai fini de riconoscimento del beneficio, Ł (…) soltanto “la partecipazione” del condannato detenuto all’opera rieducativa».
¨, peraltro, escluso che sia configurabile un rapporto di pregiudizialità tra il procedimento penale di cognizione avente ad oggetto fatti potenzialmente rilevanti ai fini del riconoscimento di un beneficio penitenziario e il procedimento davanti al Tribunale di sorveglianza.
¨ consolidato, e deve essere anche qui ribadito, l’orientamento per cui nel procedimento di sorveglianza possono essere valutati anche fatti costituenti mere ipotesi di reato, senza la necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale, rilevando la sola valutazione della condotta del condannato, al fine di stabilire se lo stesso, a prescindere dall’accertamento giudiziale sulla sua responsabilità penale, sia meritevole dei benefici penitenziari richiesti (Sez. 1, n. 33848 del 30/04/2019, COGNOME, Rv. 276498; Sez. 1, n. 42571 del 19 aprile 2013, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 33089 del 10/05/2011, Assisi, Rv. 250824; Sez. 1, n. 37345 del 27/09/2007, COGNOME, Rv. 237509).
Sez. 1, n. 33848 del 2019, cit. ha precisato che tale possibilità non esime il Tribunale di sorveglianza dall’«obbligo di valutare la pertinenza dei fatti contestati rispetto all’opera di rieducazione alla quale il soggetto Ł stato sottoposto, non potendo il solo riferimento a una pendenza giudiziaria ritenersi preclusivo alla concessione del periodo di liberazione anticipata richiesto».
Da ciò consegue, pertanto che, al fine di valutare la meritevolezza dell’istanza di liberazione anticipata, può essere preso in considerazione anche un comportamento che non sia tale da integrare un reato, ma che si riveli, in ogni caso, indicativo della mancata partecipazione all’attività di risocializzazione e, dunque, anche una condotta per la quale sia pronunciata sentenza di assoluzione essendo stata accertata una condotta di connivenza (Sez. 1, n. 12669 del 30/01/2019, De Marco, n.m.).
Nel caso di specie, tali principi sono stati osservati e la condotta posta in essere dal condannato Ł stata giudicata, con motivazione priva di vizi evidenti, tale da rendere impossibile la formulazione di un giudizio di partecipazione all’opera di rieducazione.
In particolare, il Tribunale di sorveglianza si Ł ampiamente soffermato, descrivendole, sulle condotte poste in essere dal ricorrente a partire dalla scarcerazione del 30 dicembre 2014, data dalla quale ha subito innumerevoli denunce per inosservanze varie, evasione, oltraggio, minaccia a pubblico ufficiale e violazioni degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale.
A fronte di complessive trentaquattro violazioni, il ricorrente ha prodotto alcune sentenze di assoluzione prese in considerazione dal Tribunale con motivazione priva di vizi di alcun genere, avendo i giudici di sorveglianza evidenziato la natura parziale delle allegazioni difensive afferendo le stesse ad una parte delle, piø ampie violazioni, contestate a Mancuso.
A fronte di tale motivazione, il ricorrente ha insistito nell’affermazione della decisività delle pronunce assolutorie, senza argomentazioni specifiche in ordine alle effettive ragioni dei vizi di motivazione dedotti.
La censura si rivela, pertanto, parziale in quanto non riguarda il complessivo compendio utilizzato dai giudici di merito per pervenire alla decisione di rigetto del reclamo.
Inoltre, si pone in termini meramente reiterativi di argomentazioni già proposte davanti al Tribunale di sorveglianza che ha pronunciato sulle medesime osservando i principi costantemente affermati, in materia, dalla segnalata giurisprudenza di questa Corte.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» al versamento della somma, equitativamente fissata in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 20/12/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME