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Liberazione anticipata: la condotta criminale la esclude

La Corte di Cassazione ha negato la liberazione anticipata a un detenuto che, pur avendo mantenuto una condotta formalmente corretta durante un semestre, aveva commesso gravi reati sia prima che dopo tale periodo. La Corte ha stabilito che la valutazione del beneficio non può ignorare condotte esterne al semestre che dimostrino la mancanza di una reale adesione al percorso rieducativo, rendendo la buona condotta interna meramente formale e non meritevole del beneficio.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Anticipata: La Buona Condotta Isolata Non Basta

Il beneficio della liberazione anticipata rappresenta uno strumento fondamentale nel sistema penitenziario, volto a premiare la partecipazione del detenuto al percorso di rieducazione. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce che una buona condotta meramente formale, inserita in un contesto di persistente attività criminale, non è sufficiente per ottenere lo sconto di pena. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un detenuto che aveva richiesto la liberazione anticipata per un periodo di pena specifico. La richiesta era stata respinta sia dal Magistrato di Sorveglianza che, in sede di reclamo, dal Tribunale di Sorveglianza. La ragione del diniego non risiedeva in infrazioni commesse durante il semestre in esame, ma nelle attività illecite poste in essere dal soggetto immediatamente prima e subito dopo tale periodo.

Nello specifico, il detenuto era stato coinvolto in gravi reati, tra cui truffa aggravata, dichiarazione fraudolenta, autoriciclaggio e persino un incendio doloso in concorso. Queste condotte, secondo i giudici di merito, pur essendo esterne al semestre di valutazione, erano indicative di una totale assenza di adesione al percorso rieducativo. L’assenza di rilievi disciplinari durante il semestre in esame veniva quindi interpretata come un’adesione puramente formale e strumentale, non come un reale cambiamento.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Liberazione Anticipata

La difesa del condannato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il principio della valutazione frazionata per semestri avrebbe dovuto portare a una decisione diversa. Secondo la tesi difensiva, il semestre di buona condotta, incastonato tra due periodi di attività illecita, avrebbe dovuto essere valutato positivamente e in modo autonomo.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Ha confermato la decisione del Tribunale di Sorveglianza, specificando come il principio della valutazione frazionata non impedisca al giudice di considerare il quadro complessivo della condotta del detenuto.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione risiede nella finalità stessa dell’istituto della liberazione anticipata. Questo beneficio non è un premio automatico per la mera assenza di infrazioni, ma un riconoscimento per una provata e sincera “partecipazione all’opera di rieducazione”.

La Corte ha chiarito che la commissione di gravi reati in un arco temporale immediatamente precedente e successivo al semestre in esame è un elemento di prova schiacciante. Tali condotte illecite, per la loro gravità e continuità, “vanificano il dato meramente formale dell’assenza di rilievi” durante il periodo di valutazione. In sostanza, dimostrano che il percorso di reinserimento sociale non è mai realmente iniziato e che la buona condotta era solo una facciata.

Il principio della valutazione frazionata, quindi, non impone al giudice di indossare dei paraocchi e di ignorare la realtà dei fatti. Al contrario, la valutazione deve essere sostanziale e mirare a comprendere se il detenuto abbia veramente intrapreso un cammino di cambiamento. In questo caso, l’intervallo di tempo di apparente buona condotta si inseriva in un “periodo di condotte illecite continuate”, sintomo inequivocabile dell’assenza di partecipazione al percorso rieducativo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza un principio cruciale: la concessione dei benefici penitenziari non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione concreta e complessiva. Per ottenere la liberazione anticipata, non è sufficiente “stare buoni” per sei mesi, se il proprio stile di vita e le proprie azioni, nel complesso, dimostrano una persistente inclinazione a delinquere.

Le implicazioni pratiche sono chiare: i giudici di sorveglianza sono legittimati a guardare oltre i confini del singolo semestre per giudicare la genuinità del percorso del condannato. Una condotta criminale che prosegue al di fuori delle mura del carcere o durante le misure alternative è la prova più evidente che l’opera di rieducazione è fallita. Di conseguenza, la concessione di un beneficio come la liberazione anticipata sarebbe contraria alla sua stessa ratio, che è quella di incentivare un reale e duraturo reinserimento nella società.

È possibile ottenere la liberazione anticipata per un semestre se si sono commessi reati subito prima e subito dopo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che i reati commessi in prossimità del semestre di valutazione, anche se formalmente esterni ad esso, possono dimostrare un’adesione solo apparente al percorso rieducativo e giustificare il diniego del beneficio.

La valutazione per la liberazione anticipata deve considerare solo il comportamento tenuto nel semestre di riferimento?
No. Sebbene il principio sia quello della valutazione frazionata per semestri, il giudice può e deve considerare elementi esterni, come la commissione di altri reati, per valutare la sostanza e la genuinità della partecipazione del condannato all’opera di rieducazione.

Cosa si intende per partecipazione “meramente formale” all’opera di rieducazione?
Significa rispettare le regole disciplinari in modo superficiale, senza un reale cambiamento interiore. La commissione di gravi reati subito prima e dopo il semestre di valutazione è considerata dalla Corte la prova che la buona condotta era solo formale e non sostanziale, vanificando così il diritto al beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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