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Liberazione anticipata: i reati successivi contano?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto a cui era stata negata la liberazione anticipata. La Corte ha stabilito che gravi reati commessi successivamente al periodo di detenzione in esame possono essere considerati prova della mancata adesione al percorso rieducativo, giustificando così il diniego del beneficio, anche per i semestri precedenti caratterizzati da buona condotta.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione anticipata: i reati successivi contano?

La liberazione anticipata è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penitenziario, pensato per incentivare la partecipazione del detenuto al percorso di rieducazione. Ma cosa succede se, dopo un periodo di buona condotta, il detenuto commette nuovi, gravi reati? Questa condotta può annullare retroattivamente i progressi fatti e giustificare il diniego del beneficio per i periodi precedenti? A questa complessa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con una recente sentenza, la n. 26455 del 2025, che analizziamo nel dettaglio.

I fatti del caso: il diniego della liberazione anticipata

Un detenuto presentava istanza per ottenere la liberazione anticipata relativa a un periodo di sei semestri, compreso tra il novembre 2016 e il novembre 2019, durante il quale aveva mantenuto una buona condotta carceraria.

Sia il Magistrato di Sorveglianza prima, che il Tribunale di Sorveglianza in sede di reclamo poi, rigettavano la richiesta. La decisione si basava su un elemento cruciale: successivamente al periodo in valutazione, il detenuto era stato colpito da due nuove ordinanze di custodia cautelare in carcere per reati gravissimi, tra cui associazione di tipo mafioso e traffico di stupefacenti, commessi fino al giugno 2021. Secondo i giudici, il protrarsi di tali comportamenti delittuosi, riconducibili a una subcultura criminale di stampo mafioso, dimostrava che la partecipazione al percorso rieducativo non era stata genuina e sentita, ma solo formale.

Il ricorso in Cassazione e l’impatto sulla liberazione anticipata

Il difensore del detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, basandosi principalmente sulla violazione del principio della “valutazione frazionata”. Secondo questa tesi, il giudice avrebbe dovuto valutare la condotta del detenuto esclusivamente all’interno dei semestri per cui si chiedeva il beneficio (2016-2019), senza farsi influenzare dai fatti successivi (avvenuti nel 2021 e 2022).

La difesa sosteneva che i fatti nuovi, peraltro non ancora accertati con sentenza definitiva, non potessero “contaminare” la valutazione di un periodo precedente, durante il quale il detenuto aveva dato prova di adesione al trattamento rieducativo, ad esempio lavorando per mantenersi.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno chiarito un punto fondamentale nell’interpretazione della normativa sulla liberazione anticipata.

Il principio della valutazione frazionata per semestri non è assoluto. Esso non impedisce al giudice di considerare eventi successivi, specialmente se di particolare gravità. Una trasgressione successiva può infatti riflettersi negativamente anche sui periodi precedenti, se è così grave da “vanificare la precedente positiva partecipazione al programma rieducativo”. In altre parole, un comportamento successivo può svelare la vera natura, meramente apparente e non sostanziale, dell’adesione del detenuto al percorso di recupero.

La Corte ha ribadito che anche i reati commessi in stato di libertà, dopo un periodo di detenzione, possono essere elementi rivelatori della mancanza di volontà di partecipare al programma rieducativo. I giudici di sorveglianza, pertanto, compiono una valutazione autonoma che non è vincolata dall’esito del processo di cognizione per i nuovi reati, salvo il caso di un’assoluzione con formula piena (“il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso”).

Nel caso specifico, la gravità dei reati contestati (associazione mafiosa) è stata considerata un indicatore inequivocabile della persistente adesione dell’interessato a logiche criminali, rendendo la sua precedente buona condotta carceraria insufficiente a dimostrare un reale cambiamento.

Le conclusioni: quali implicazioni pratiche?

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. La concessione della liberazione anticipata non è un automatismo legato alla sola assenza di infrazioni disciplinari. Richiede una valutazione complessiva e profonda della personalità del detenuto e della genuinità della sua adesione al percorso di risocializzazione.

Questa pronuncia chiarisce che il percorso del detenuto viene visto come un continuum. Un grave “passo falso” successivo può essere interpretato come la prova che il cammino rieducativo precedente era solo di facciata. Di conseguenza, il giudice può legittimamente negare il beneficio anche per semestri temporalmente distanti e formalmente “puliti”, applicando un principio di proporzionalità tra la gravità della violazione successiva e il suo impatto retroattivo sulla valutazione della condotta passata.

I reati commessi dopo il periodo per cui si chiede la liberazione anticipata possono impedirne la concessione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, una trasgressione successiva, se particolarmente grave, può riflettersi negativamente sul giudizio relativo ai semestri precedenti, in quanto può dimostrare che la partecipazione al percorso rieducativo non era genuina ma solo formale.

Il principio della “valutazione frazionata” significa che il giudice deve ignorare i fatti successivi al semestre in esame?
No. Il principio della valutazione frazionata non esclude che il giudice possa considerare comportamenti successivi illeciti. Tale principio viene temperato da un criterio di proporzionalità: più grave è la violazione successiva, più è giustificato il suo impatto negativo sulla valutazione dei periodi precedenti.

La buona condotta in carcere è sufficiente da sola per ottenere la liberazione anticipata?
No. La sentenza chiarisce che la buona condotta carceraria formale non è sufficiente. Il beneficio richiede una piena e attiva adesione al trattamento e ai principi risocializzanti, che può essere smentita da gravi comportamenti delittuosi successivi, anche se non ancora accertati con sentenza definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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