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Liberazione anticipata: i nuovi reati la bloccano

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11628/2024, ha stabilito che la commissione di nuovi e gravi reati dopo il periodo di detenzione valutato per la liberazione anticipata è una prova del fallimento del percorso rieducativo. Questo giustifica il diniego del beneficio, poiché la partecipazione del condannato deve essere sostanziale e non solo formale.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Anticipata: Quando i Nuovi Reati Annullano la Buona Condotta Passata

La liberazione anticipata rappresenta uno degli strumenti più importanti nel sistema penitenziario italiano, concepito per incentivare il percorso di rieducazione del detenuto. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e non si basa solo su una valutazione formale della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la commissione di nuovi e gravi reati, anche dopo il periodo di osservazione, può annullare gli effetti della buona condotta passata, dimostrando il fallimento del percorso rieducativo.

I Fatti del Caso

Un detenuto aveva presentato istanza per ottenere il beneficio della liberazione anticipata per sei semestri di pena scontata, durante i quali aveva mantenuto una condotta regolare. Il Tribunale di Sorveglianza, però, aveva respinto la richiesta. La ragione del diniego era grave: poco più di un anno dopo la conclusione dell’ultimo semestre in valutazione, mentre si trovava agli arresti domiciliari, il soggetto aveva commesso nuovi reati, tra cui atti persecutori, rapina aggravata e simulazione di reato. Secondo il Tribunale, questi fatti erano la prova inconfutabile del “radicale fallimento dell’azione rieducativa”. L’interessato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la valutazione avrebbe dovuto limitarsi al buon comportamento tenuto durante i semestri in questione.

Il Principio Giuridico della Partecipazione Effettiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per chiarire i presupposti per la concessione della liberazione anticipata. L’articolo 54 dell’Ordinamento Penitenziario subordina il beneficio a due condizioni: una condotta regolare e la partecipazione all’opera di rieducazione. La giurisprudenza costante sottolinea che questa partecipazione non deve essere meramente formale o esteriore. Non basta rispettare le regole del carcere; è necessario che il condannato dimostri un’adesione concreta e profonda al processo di reintegrazione sociale.

Questa adesione si manifesta attraverso comportamenti che rivelano una “tensione finalistica verso nuovi modelli di vita”, contraddistinti dall’abbandono delle logiche devianti che hanno portato alla commissione dei reati.

L’Impatto dei Comportamenti Successivi sulla Liberazione Anticipata

Il punto cruciale della decisione riguarda l’impatto che comportamenti successivi possono avere sulla valutazione di semestri passati. Sebbene ogni semestre venga valutato singolarmente, la Corte afferma che comportamenti particolarmente gravi, anche se successivi, possono “riverberarsi” negativamente sulla valutazione dei periodi precedenti. Questo perché tali condotte, specialmente se gravi come la commissione di nuovi reati, sono “sintomatiche” della totale assenza di una reale partecipazione all’opera di rieducazione. In altre parole, svelano che la buona condotta tenuta in precedenza era solo apparente e non frutto di un reale cambiamento interiore.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato. Le argomentazioni del ricorrente, basate sulle attestazioni di buon comportamento ricevute durante la detenzione, sono state considerate irrilevanti di fronte alla gravità dei nuovi reati commessi. Questi ultimi, secondo i giudici, esprimono “con ogni evidenza, il radicale fallimento dell’azione rieducativa”. Pertanto, la decisione del Tribunale di Sorveglianza di negare il beneficio era completa, logica e pienamente legittima. La Corte ha concluso che la commissione di reati così gravi e temporalmente vicini al periodo di valutazione dimostra in modo inequivocabile che il percorso di recupero non ha avuto alcun successo, rendendo impossibile concedere la liberazione anticipata.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio di sostanza sulla forma: per ottenere la liberazione anticipata, non è sufficiente un’adesione passiva alle regole carcerarie. È richiesta una prova tangibile di cambiamento, una volontà concreta di intraprendere un nuovo percorso di vita. La commissione di nuovi reati rappresenta la negazione più evidente di questo cambiamento e può giustificare il diniego del beneficio anche per periodi in cui la condotta era stata, in apparenza, impeccabile. La valutazione del giudice di sorveglianza deve essere globale, tenendo conto di tutti gli elementi utili a comprendere se il condannato abbia effettivamente intrapreso un serio percorso di emenda.

La buona condotta tenuta in un semestre è sufficiente per ottenere la liberazione anticipata per quel periodo?
No, non è sufficiente. La legge richiede non solo una condotta regolare, ma anche una partecipazione effettiva all’opera di rieducazione, che deve essere sostanziale e non meramente formale, indicando un reale percorso di cambiamento interiore.

Un reato commesso dopo il semestre in valutazione può impedire la concessione della liberazione anticipata per quel semestre?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, comportamenti gravi e sintomatici di mancata partecipazione al percorso rieducativo, come la commissione di nuovi reati, possono essere considerati prova del fallimento di tale percorso e quindi giustificare il diniego del beneficio anche per i semestri precedenti.

Che cosa intende la Corte per “partecipazione all’opera di rieducazione”?
Si intende un’adesione non solo formale ma sostanziale al processo di reintegrazione sociale. Questa deve essere desumibile da comportamenti concreti che dimostrino una volontà di abbandonare le logiche devianti passate e di adottare nuovi e positivi modelli di vita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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