Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23445 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23445 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GALATINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/12/2023 dei TRIB. SORVEGLIANZA di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 21 dicembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME, sottoposto all’affidamento in prova al servizio sociale, contro l’ordinanza con cui il magistrato di sorveglianza gli aveva negato la liberazione anticipata per il semestre dal 05/05/2022 al 05/11/2022.
Il Tribunale di sorveglianza ha dato atto che il presupposto del provvedimento di diniego era infondato, in quanto la querela del locatore, che aveva accusato il COGNOME di occupazione abusiva della sua casa, era stata ritirata, ed era peraltro conseguente alla scoperta che egli era sottoposto ad una misura alternativa alla detenzione, circostanza che quest’ultimo aveva taciuto al momento del contratto. Ha rilevato però che, secondo la relazione dell’UEPE, dopo l’accordo con il locatore, che aveva perciò rimesso la querela e stipulato un nuovo contratto di comodato, il COGNOME aveva sporto denuncia-querela contro il medesimo, per calunnia ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni, e che anche con il precedente locatore egli aveva avuto delle divergenze. Ha ritenuto perciò che il suo comportamento, consistito sia nel tacere la propria condizione di affidato al servizio sociale e perciò sottoposto a frequenti controlli di polizia, s nel presentare una nuova denuncia-querela contro il locatore nonostante l’accordo raggiunto, pur non essendo antigiuridico, dimostri la sua non effettiva adesione al programma di reinserimento sociale e una certa tendenza alla litigiosità, elementi sintomatici di una sostanziale indifferenza rispetto a reinserimento sociale stesso. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione, ai sensi dell’art 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen.
Il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto errata la motivazione del provvedimento impugnato, ma ha ugualmente respinto il reclamo basandosi su altre valutazioni, non oggetto del reclamo, violando così il principio devolutivo.
L’ordinanza, inoltre, è illogica, perché nega il beneficio benché riconosca che il comportamento del detenuto non è stato antigiuridico. Essa, inoltre, lamenta la mancata rimessione della querela, senza considerare che, essendo stata presentata una denuncia per calunnia, tale atto non può essere più ritirato, e non ha tenuto conto della relazione positiva dell’UEPE. Il Tribunale ha fondato la sua decisione non su un ragionamento razionale, ma su una valutazione
soggettiva ed emozionale, attribuendo una valenza negativa ad un comportamento del ricorrente di legittimo esercizio dei propri diritti
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei termini sotto precisati, e deve essere accolto.
La valutazione circa la meritevolezza del beneficio richiede, pertanto, un esame complessivo del comportamento tenuto dall’affidato, da cui risulti non solo che la misura alternativa concessa stia contribuendo alla sua rieducazione, confermando così il presupposto che ne ha consentito l’applicazione, ma che egli sta perdendo i connotati antisociali della sua personalità, che lo hanno portato a delinquere, e sta evolvendo verso un comportamento di piena condivisione delle regole sociali, dimostrandosi capace di un completo reinserimento nella società.
L’art. 47 -bis, comma 12 -bis, Ord.pen. consente la concessione della liberazione anticipata al condannato che stia scontando la pena in regime di affidamento in prova al servizio sociale a condizione che questi «abbia dato prova nel periodo di affidamento di un suo concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità». Secondo la giurisprudenza di legittimità, ciò significa che «ai fini della concessione della liberazione anticipata all’affidato in prova al servizio sociale, come previsto dall’art. 47, comma 12 -bis, dell’ordinamento penitenziario, occorre, rispetto al normale requisito della partecipazione all’opera di rieducazione, un quid pluris, costituito, in base al testuale tenore della suddetta norma, dall’avere il condannato dato prova di un “concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità”; il che comporta la necessità di una valutazione globale del comportamento tenuto dal condannato nel corso dell’affidamento, non essendo ontologicamente configurabile un “concreto recupero” a semestri» (Sez. 1, ordinanza n. 10433 del 02/02/2005, Rv. 230927). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
L’ordinanza impugnata si è conformata a tale principio nell’esaminare l’intera condotta tenuta dal ricorrente nei suoi rapporti con l’attuale locatore, nonché con il locatore precedente, e nel valutare la rilevanza delle sue azioni in chiave di accettazione delle regole della vita sociale, potendo anche dei comportamenti non formalmente antigiuridici, come quelli stigmatizzati,
‘
dimostrare una personalità antisociale e insofferente al rispetto dei diritti altrui, quindi un mancato conformarsi allo stile di vita ritenuto lecito e corretto dal complesso della popolazione.
La valutazione negativa dei comportamenti descritti nell’ordinanza, che secondo il Tribunale di sorveglianza dimostrerebbero «una sostanziale indifferenza rispetto all’adesione ad un autentico percorso di rieducazione e di dimostrazione ‘sociale’ della presa di distanza da modelli devianti di riprovazione sociale», appare però non adeguatamente approfondita, in quanto non conseguente ad un esame complessivo della vicenda relativa allo scontro con il locatore, in tutti i suoi aspetti.
In primo luogo il Tribunale non risulta avere preso in esame gli elementi prodromici del rapporto conflittuale, che sarebbero costituiti non solo dall’originario silenzio dell’affidato sulla sua condizione, scoperta la quale il locatore avrebbe deciso di interrompere il contratto, ma anche dalla reazione antigiuridica di quest’ultimo, che avrebbe falsamente denunciato l’occupazione abusiva dell’immobile di sua proprietà e vi avrebbe interrotto la fornitura di energia elettrica. A fronte di un comportamento dell’affidato solo socialmente riprovevole, avendo l’ordinanza stessa riconosciuto che l’informare il locatore della propria condizione di sottoposto ad una misura alternativa alla detenzione non era un obbligo, ma un comportamento dimostrativo di una reale volontà di riscatto, l’affidato è stato colpito da un’accusa di occupazione abusiva dell’immobile asseritamente menzognera, e da un comportamento del locatore apparentemente qualificabile come penalmente rilevante.
Il Tribunale di sorveglianza ha valutato negativamente la reazione dell’affidato a tale condotta, il quale, dopo avere raggiunto un accordo con il locatore, che avrebbe indotto quest’ultimo a rimettere la querela sporta e a stipulare un nuovo contratto di comodato, ha denunciato il soggetto per le sue condotte precedenti, ritenute costituire dei reati. L’ordinanza afferma, infatti, che dopo la transazione con il locatore «sarebbe stato indice di concreta rieducazione non querelare a sua volta», o comunque non persistere nell’istanza punitiva. Viene, perciò, valutato negativamente, in quanto indice di mancata rieducazione, un comportamento consistito nel chiedere la tutela dell’autorità giudiziaria per reprimere e sanzionare una condotta antigiuridica compiuta da altri in proprio danno.
Questa valutazione appare illogica, non potendo essere ritenuta dimostrativa di una mancata adesione alle regole sociali una condotta che, al contrario, è conforme ad esse, essendosi l’affidato astenuto da reazioni dirette e istintive,
tipiche del “farsi giustizia da sé”, ed essendosi rivolto all’autorità pubblica per la salvaguardia dei propri diritti, asseritamente lesi.
L’ordinanza risulta, inoltre, contraddittoria nella parte in cui afferma che «lo svolgimento di una m.a. non significa … rinunciare alla tutela dei propri diritti» ma poi censura la richiesta di tale tutela, interpretandola come sintomatica, come detto, di «una sostanziale indifferenza rispetto all’adesione ad un autentico percorso di rieducazione», e deducendo da essa l’omesso allontanamento da modelli devianti, equiparandola quindi ad una condotta socialmente riprovevole. Nonostante l’affermazione di principio, del diritto dell’affidato ad agire per tutelare i propri interessi, di fatto l’esercizio di tale diritto, benché effettuato modalità conformi alle regole della vita sociale, viene utilizzato per negare il beneficio della liberazione anticipata, inducendo a ritenere che si pretenda dall’affidato un atteggiamento passivo e remissivo di fronte alla violazione di propri diritti.
La valutazione della rilevanza negativa della condotta dell’affidato, pertanto, deve prendere in esame, bilanciandone la gravità, anche i fatti contro i quali egli ha reagito con un’azione, peraltro, conforme al diritto e alle regole sociali, nonché deve prendere approfonditamente in esame le vicende prodromiche, i motivi del silenzio sulla propria condizione di affidato, il contrasto con il precedente locatore, richiamato dal Tribunale senza avere accertato alcun elemento di tale vicenda, al fine di verificare se la sua reazione, nelle concrete circostanze in cui è stata esercitata, dimostri effettivamente un carattere litigioso e antisociale, e una mancanza di adesione al percorso rieducativo, tali da legittimare il rigetto della richiesta di concessione della liberazione anticipata.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere ‘accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Lecce per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di orveglianza di Lecce.
Così deciso il 02 maggio 2024
Il Consigliere estensore