Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27562 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27562 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 02/10/1976
avverso l’ordinanza del 20/02/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che entrambi i motivi, per violazione di legge e vizio di motivazione, posti da NOME COGNOME a base dell’impugnazione, esaminabili congiuntamente in ragione della connessione logica delle questioni dedotte, propongono censure non consentite in sede di legittimità – o perché interamente versate in fatto o perché già adeguatamente vagliate e disattese con correrti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scandite da specifica critica – e, in ogni caso, manifestamente infondate.
L’ordinanza impugnata, nel giustificare il diniego della liberazione anticipata, ha osservato che il condannato, durante i due semestri oggetto di valutazione (dal 30.9.2022 al 30.3.2023 e daI30.9.2023 al 30.3.2024), era incorso in rilievi disciplinari così gravi da dover essere considerati espressione di una non effettiva partecipazione alla precedente opera di rieducazione.
In particolare, la seconda infrazione in ordine di tempo, quella avuta il 30.3.2024 e presa in considerazione per valutare il secondo semestre, era stata ritenuta talmente grave da essere sanzionata con l’esclusione dalle attività ricreative e sportive per dieci giorni.
Si tratta di argomentazione non solo plausibile in fatto, ma anche giuridicamente ineccepibile, posto che la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che ai fini del giudizio in ordine al requisito della partecipazione all’opera di rieducazione, gli eventuali rapporti disciplinari devono essere acquisiti e valutati concretamente sia sotto il profilo dell’attitudine o meno ad indicare una condotta restia al processo di rieducazione, sia per essere successivamente comparati, in un giudizio complessivo, con ogni altro elemento eventualmente positivo risultante in merito alla condotta tenuta dall’interessato nel periodo semestrale in esame, non potendo qualsivoglia infrazione disciplinare porre nel nulla un comportamento positivo assunto con continuità dal detenuto (da ultimo cfr. Sez. 1, n. 30717 del 27/05/2019, COGNOME, Rv. 277497 – 01).
Il ricorrente nulla di concreto ha opposto, limitandosi a sollecitare, da una parte, la rivalutazione del secondo addebito disciplinare senza tuttavia allegare elementi in grado di farne comprendere la natura limitata e, comunque, non sintomatica della mancata partecipazione al trattamento di risocializzazione, dall’altra, a segnalare che la predetta violazione sarebbe avvenuta il giorno dopo la fine del semestre.
A quest’ultimo proposito, va ricordato che è ormai pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il principio della valutazione frazionata per
semestri del comportamento del condannato ai fini della concessione del beneficio non esclude che una trasgressione possa riflettersi negativamente anche sul
giudizio relativo ai semestri antecedenti o su quelli successivi, purché si tratti, come nel caso me esame, di una condotta particolarmente grave e sintomatica,
tale da lasciar dedurre la mancata partecipazione del condannato all’opera di rieducazione anche nel periodo diverso da quello cui la condotta si riferisce; la
violazione deve essere tanto più grave, quanto più distanti sono i periodi di tempo cui si riferisce la concessione del beneficio (Sez. 1, n. 24449 del 2/01/2016,
COGNOME, Rv. 267245 e n. 3092 del 07/11/2014, COGNOME, dep.2015, Rv.
263428)
4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.,
valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 10 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente