Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43830 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43830 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di L’Aquila nel procedimento a carico di NOME COGNOME nato a San Luca il 01/01/1958
avverso l’ordinanza del 09/05/2024 del Tribunale di sorveglianza di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procurat generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvi dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha riformato la decisione del Magistrato di sorveglianza di Pescara e ha accolt l’istanza di liberazione anticipata avanzata da NOME COGNOME condannato, co sentenza 19 luglio 2021 della Corte di appello di Torino, irrevocabile dal 20 apri 2023, per reati di criminalità organizzata, incluso quello di partecipazione associazione di stampo mafioso – con riferimento ai semestri di pena espiata compresi tra il gennaio 2019 e il luglio 2023.
Ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di L’Aquila.
Nel motivo unico il ricorrente deduce la violazione degli artt. 4-bis e 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.) e il vizio di motivazione.
Al riconoscimento del beneficio sarebbero di ostacolo, secondo il Procuratore generale territoriale, la perdurante affiliazione ‘ndranghetistica del sogge desumibile dal ruolo verticistico ricoperto e dall’attuale operatività del cl l’insufficienza della mera detenzione a rappresentare, al riguardo, un fatt risolutivo.
Osserva in subordine il ricorrente che, essendo l’imputazione di partecipazione associativa stata formulata in forma c.d. aperta, la permanenza del reato avrebbe dovuto ritenersi almeno sino alla pronuncia della sentenza di primo grado a carico di Nirta, avutasi il 17 luglio 2020, con preclusio all’ottenimento del beneficio per il tempo anteriore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, in entrambe le prospettazioni che lo sorreggono.
La liberazione anticipata è istituto previsto dalla legge allo scopo sollecitare l’adesione all’azione di rieducazione dei soggetti sottopos trattamento penitenziario. In tale prospettiva, viene accordato un abbuono di pena (art. 54 Ord. pen.), per ogni semestre espiato durante il quale il detenu abbia dato prova di volere concretamente partecipare all’azione predetta.
L’art. 103, comma 2, reg. es . Ord. pen. ricollega il requisito della partecipazione a parametri precisi, riferibili «all’impegno dimostrato dal detenu nel trarre profitto delle opportunità offertegli nel corso del trattamento», non «al mantenimento di corretti e costruttivi rapporti con gli operatori, co compagni, con la famiglia e la comunità esterna».
La partecipazione all’opera di rieducazione, pertanto, deve attenere alla condotta esteriore e non presuppone alcuna diagnosi di risocializzazione già conseguita, ma soltanto il positivo coinvolgimento del condannato, non meramente formale, nel processo di reintegrazione sociale in itinere (Sez. 1, n. 24449 del 12/01/2016, COGNOME, Rv. 267245-01; Sez. 1, n. 12746 del 07/03/2012, COGNOME, Rv. 252355 01).
I relativi apprezzamenti non sono censurabili in sede di legittimità, se sorretti da motivazione adeguata, razionale ed esaustiva.
E’ chiaro che, nei confronti di soggetto condannato per reato associativo di stampo mafioso, la sua perdurante partecipazione al sodalizio risulta incompatibile con una reale adesione al trattamento rieducativo e risulta quindi ostativa alla concessione del beneficio.
La formulazione del corrispondente giudizio presuppone tuttavia, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n. 12841 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269506-01; Sez. 1, n. 3870 del 25/05/1999, COGNOME, Rv. 214092-01), l’autonomo accertamento, in sede di procedimento di sorveglianza, dell’attualità ed effettività di perduranti legami del medesimo con l’originario contesto di criminalità organizzata, non potendo la detta partecipazione esser fatta coincidere con il mancato ravvedimento dell’interessato o con la mancata dissociazione.
L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi in quanto, con motivazione compiuta ed esente da vizi logici e giuridici, ha puntualmente evidenziato la mancata emersione, in concreto, di comportamenti del detenuto sintomatici di perdurante affiliazione.
Quanto all’obiezione subordinata del ricorrente, occorre rammentare che – in presenza di un reato permanente, nel quale la contestazione sia stata effettuata nella forma c.d. aperta – la regola, di natura processuale, per la quale la permanenza si considera cessata con la pronuncia della sentenza di primo grado, non equivale ad accertamento conclamato conforme; ne consegue che, qualora in sede esecutiva debba farsi dipendere un qualsiasi effetto giuridico dalla data di cessazione della permanenza, è compito del giudice, di esecuzione o di sorveglianza, verificare in concreto se il giudice della cognizione abbia o meno ritenuto provato il protrarsi della condotta criminosa fino alla data della sentenza di primo grado (Sez. 2, n. 37104 del 13/06/2023, COGNOME, Rv. 285414-01; Sez. 1, n. 33053 del 12/07/2011, COGNOME, Rv. 250828-01).
Ove tale prova non emerga dalla sentenza di condanna, la liberazione anticipata non può essere negata sul presupposto che il condannato abbia proseguito la commissione del reato associativo anche durante la custodia cautelare antecedente la decisione del giudice di primo grado (Sez. 1, n. 37335 del 26/09/2007, COGNOME, Rv. 237506-01).
Nel caso concreto, il protrarsi della condotta associativa, per il periodo successivo all’instaurata detenzione cautelare, non risulta -in positivo- dalla sentenza di primo grado e dagli altri elementi a disposizione, secondo quanto inappuntabilmente riferito dal giudice a quo.
La decisione di quest’ultimo supera, pertanto, il vaglio di legittimità.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 25/09/2024