Liberazione Anticipata Negata: Quando una Sola Condotta Grave Annulla il Percorso Rieducativo
L’istituto della liberazione anticipata rappresenta un pilastro del sistema penitenziario italiano, volto a incentivare la partecipazione del condannato al percorso di rieducazione. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 20964/2024) chiarisce come un singolo episodio di particolare gravità possa compromettere irrimediabilmente l’intero percorso, anche in modo retroattivo.
Il Caso in Esame: La Richiesta di Beneficio e l’Arresto per Spaccio
Un detenuto aveva presentato istanza per ottenere la liberazione anticipata relativa a un periodo di detenzione compreso tra luglio 2020 e gennaio 2022. La richiesta era stata respinta sia dal Magistrato che dal Tribunale di Sorveglianza. La ragione del diniego era un fatto gravissimo avvenuto verso la fine del periodo di valutazione: nel dicembre 2021, durante un periodo di misura alternativa, il soggetto era stato arrestato perché trovato in possesso di un ingente quantitativo di hashish e metanfetamina, oltre a materiale per il confezionamento, schede telefoniche e denaro contante, elementi inequivocabilmente legati a un’attività di spaccio.
Il ricorrente si è rivolto alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che la sua condotta nei semestri precedenti fosse stata positiva e che dovesse essere valutata separatamente.
La Valutazione Frazionata e il Principio di Riverberazione
La difesa del ricorrente si basava sul principio della valutazione “frazionata” per semestri. In teoria, ogni semestre di detenzione viene valutato autonomamente ai fini della concessione del beneficio. Tuttavia, la giurisprudenza ha da tempo introdotto un correttivo a questo principio.
Il Tribunale di Sorveglianza aveva ritenuto che il comportamento del condannato fosse di una gravità tale da “riverberare” i suoi effetti negativi anche sui periodi precedenti. L’attività di spaccio non è stata vista come un inciampo isolato, ma come un chiaro sintomo di una totale assenza di adesione al percorso rieducativo. In altre parole, il reato commesso ha svelato che, anche nei semestri apparentemente positivi, mancava una reale e sincera partecipazione alla finalità della pena.
La Decisione della Cassazione sulla liberazione anticipata
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici supremi hanno ribadito che le censure del ricorrente erano semplici “doglianze in fatto”, ovvero un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, cosa non consentita in sede di legittimità.
Le motivazioni
La Corte ha richiamato un suo consolidato orientamento (sent. n. 11597/2013), secondo cui il principio della valutazione frazionata per semestri non impedisce che un fatto negativo si ripercuota anche sui semestri precedenti. Ciò è possibile a una condizione precisa: la condotta deve essere “particolarmente grave e sintomatica”.
L’arresto per detenzione di un ingente quantitativo di droga è stato considerato esattamente questo: un segnale inequivocabile della mancata partecipazione del condannato all’opera di rieducazione. Un comportamento simile non può essere isolato temporalmente, ma illumina retrospettivamente l’intero percorso detentivo, dimostrando che la buona condotta precedente era solo apparente o, comunque, non fondata su un reale cambiamento interiore. Di conseguenza, il diniego della liberazione anticipata per l’intero periodo in esame è stato ritenuto legittimo e correttamente motivato.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: la liberazione anticipata è un beneficio meritocratico, non un automatismo. La valutazione della condotta del detenuto deve essere globale e sostanziale. Un singolo atto, se sufficientemente grave e indicativo di una persistente inclinazione a delinquere, ha il potere di annullare i progressi registrati in precedenza. La decisione sottolinea che la finalità rieducativa della pena richiede un’adesione genuina e costante, che non può essere smentita da gravi reati commessi durante l’esecuzione della stessa.
Un reato commesso durante il periodo di valutazione per la liberazione anticipata può influenzare i semestri precedenti in cui il detenuto ha avuto una buona condotta?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, un fatto negativo di particolare gravità e sintomatico di una mancata partecipazione all’opera di rieducazione può “riverberarsi” negativamente anche sulla valutazione dei semestri anteriori, portando al diniego del beneficio per l’intero periodo.
Quali sono i limiti di un ricorso in Cassazione contro il diniego della liberazione anticipata?
Il ricorso in Cassazione non può basarsi su mere “doglianze in fatto”, cioè critiche alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20964 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20964 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME, relative alla violazione di legge e al vizio di motivazione dell’ordinanza con cui veniva respinto il reclamo avverso il diniego della liberazione anticipata in relazione al periodo dal 22.07.2020 al 22.1.2022, oltre a non essere consentite in sede di legittimità, perché costituite da mere doglianze in fatto, sono manifestamente infondate, adducendo vizi motivazionali inesistenti.
Invero, il Magistrato di sorveglianza di Roma ha negato il beneficio, in quanto il 7.12.2021 NOME, sottoposto alla misura di cui all’art. 656, comma 10, cod. proc. pen., veniva arrestato perché trovato in possesso di un ingente quantitativo di hashish e di metanfetamina, oltre che di schede telefoniche, telefoni cellulari e block notes contenenti messaggi riconducibili all’attività di spaccio, denaro in contanti e materiale per il confezionamento di dosi. Il Tribunale di sorveglianza ha respinto il reclamo, ritenendo, al pari del primo Giudice, il comportamento del condannato di tale gravità da riverberare, seppure posto in essere nel periodo relativo al terzo semestre in valutazione, effetti negativi anche sui periodi precedenti, in quanto sintomatico di una totale assenza di partecipazione del soggetto alla finalità rieducativa della pena.
E ciò conformemente alla giurisprudenza consolidata di questa Corte – si veda per tutte Sez. 1, n. 11597 del 28/02/2013, Mansi, Rv. 255406 – secondo cui il principio della valutazione frazionata per semestri del comportamento del condannato ai fini della concessione del beneficio della liberazione anticipata non esclude che un fatto negativo possa riverberarsi anche sulla valutazione dei semestri anteriori, purché, però, si tratti di una condotta particolarmente grave e sintomatica, tale da lasciar dedurre la mancata partecipazione del condannato all’opera di rieducazione anche nel periodo antecedente a quello cui la condotta si riferisce.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. peri..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.