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Lex mitior e reddito di cittadinanza: la decisione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19736/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per illeciti legati al reddito di cittadinanza. La Corte ha stabilito che la deroga al principio della lex mitior (legge più favorevole) è legittima, poiché la normativa precedente resta applicabile per garantire la tutela penale fino alla completa soppressione del beneficio, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lex Mitior e Reddito di Cittadinanza: La Cassazione Conferma la Linea Dura

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta la complessa questione della successione di leggi penali in materia di reddito di cittadinanza, offrendo importanti chiarimenti sulla non applicabilità del principio della lex mitior. La pronuncia stabilisce che, nonostante la soppressione del beneficio, le vecchie norme incriminatrici restano in vigore per i fatti commessi in precedenza, al fine di non creare un vuoto di tutela.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato riguarda un ricorso presentato da un individuo condannato nei gradi di merito per aver illecitamente percepito il reddito di cittadinanza. L’imputato aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello, confidando che l’intervenuta abolizione del beneficio potesse portare all’applicazione di una disciplina a lui più favorevole, in base al principio generale della retroattività della legge penale più mite.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva. Oltre a ciò, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende, una sanzione prevista per i casi in cui il ricorso viene ritenuto inammissibile per colpa del proponente.

Le Motivazioni: La Legittima Deroga al Principio della Lex Mitior

Il cuore della decisione risiede nell’analisi della successione delle leggi. Il principio della lex mitior, sancito dall’articolo 2, secondo comma, del codice penale, stabilisce che se la legge in vigore al momento del fatto e le leggi posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.

Tuttavia, la Corte ha evidenziato come il legislatore, nel sopprimere il reddito di cittadinanza con il D.L. n. 48/2023, abbia introdotto una specifica deroga a tale principio. La norma, infatti, pur abrogando il beneficio e introducendo nuove fattispecie di reato per le future misure di sostegno, ha mantenuto in vita la disciplina penale previgente per tutti i fatti commessi fino al termine finale di efficacia del reddito di cittadinanza.

Secondo la Cassazione, questa deroga è sorretta da una “plausibile giustificazione” e non presenta profili di irragionevolezza. La sua finalità è quella di assicurare la continuità della tutela penale contro l’indebita erogazione di risorse pubbliche. In altre parole, si è voluto evitare che l’abolizione del beneficio creasse un’area di impunità per le condotte fraudolente commesse quando la misura era ancora in vigore.

La Corte ha specificato che la soppressione del reddito di cittadinanza è stata coordinata cronologicamente con l’introduzione di nuove misure, e la deroga garantisce la tutela penale durante questa fase di transizione, in linea con precedenti orientamenti della Corte Costituzionale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il legislatore può, con una giustificazione ragionevole, derogare a principi generali come quello della lex mitior. In questo contesto, la necessità di proteggere l’erario e di non lasciare impunite condotte illecite durante il passaggio da un sistema di welfare a un altro costituisce una motivazione valida.

La decisione rappresenta un chiaro monito: chi ha commesso illeciti legati al reddito di cittadinanza non può sperare nell’impunità a seguito della sua abolizione. La legge ha “cristallizzato” la rilevanza penale di tali fatti, assicurando che vengano perseguiti secondo la normativa vigente al momento della loro commissione. La condanna al pagamento di una sanzione per l’inammissibilità del ricorso sottolinea, infine, la severità con cui l’ordinamento giudiziario valuta i tentativi di impugnazione infondati.

In caso di abolizione di un beneficio come il reddito di cittadinanza, si applica una legge più favorevole a chi ha commesso un reato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la legge che ha soppresso il reddito di cittadinanza ha previsto una specifica deroga al principio della lex mitior. Di conseguenza, la normativa penale precedente continua ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al termine di efficacia del beneficio, al fine di garantire una tutela continua contro le frodi.

Cosa significa che la deroga alla lex mitior è ‘plausibilmente giustificata’?
Significa che la scelta del legislatore di non applicare la legge più favorevole è considerata ragionevole e non arbitraria. In questo caso specifico, la giustificazione risiede nella necessità di proteggere le finanze pubbliche dall’indebita erogazione del reddito di cittadinanza, evitando vuoti normativi durante il passaggio al nuovo sistema di sussidi.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, oltre al rigetto della richiesta, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. In questo caso, è stato anche condannato al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende, a causa della colpa riscontrata nella proposizione di un ricorso privo dei necessari presupposti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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