Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35836 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35836 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di ROMA del 09/05/2025 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria del difensore, trasmessa con nota del 1 ottobre 2025.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, deliberata il 9 maggio 2025 ed emessa in sede di rinvio a seguito di annullamento, statuito dalla Prima sezione di questa Corte con sentenza n. 41545 del 18 settembre 2024, del provvedimento in data 12 aprile 2024, con il quale era stato respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME, sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis 0.p., avverso il diniego opposto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di acquisire un lettore CD, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto l’impugnazione.
Avverso l’ordinanza indicata del 9 maggio 2025 ha proposto ricorso NOME COGNOME con atto a firma del difensore, AVV_NOTAIO, affidando le proprie censure ad un unico motivo, con il quale deduce violazione degli artt. 1, 35-bis e 41-bis L. 354/1975, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., e mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, co. 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.
Richiamati i termini della sentenza d’annullamento, deduce la difesa che il Tribunale, insistendo in una valutazione formulata in astratto, non si sarebbe conformato ai principi espressi nella stessa sentenza.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte di cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con nota del 1 ottobre 2025, il difensore del ricorrente ha controdedotto alle ragioni del Procuratore Generale, segnalando di aver rappresentato al Tribunale un recente precedente di legittimità, che si era concluso in senso favorevole nei confronti di altro recluso nel medesimo istituto penitenziario di RAGIONE_SOCIALE, ed in relazione al quale la RAGIONE_SOCIALE non aveva segnalato alcuna delle criticità invece addotte in relazione al ricorrente, con conseguente illegittimità del trattamento “differenziato” e discriminatorio, riservato al COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
L’ordinanza impugnata non si è conformata ai principi enunciati nella sentenza d’annullamento.
1.1. Con la sentenza n. 41545 del 2024, la Prima sezione di questa Corte ha, nel solco tracciato da Sez. 1, n. 49280 del 28/09/2022, Ministero Giustizia, Rv. 283819 – 01 e ribadito da Sez. 1, n. 1306 del 17/11/2023, dep. 2024, Ministero Giustizia, Rv. 285656 – 01, delineato i termini del giudizio di bilanciamento tra il qualificato interesse del detenuto in ordine all’acquisto di CD musicali ed all’uso dei relativi lettori e le esigenze di controllo dell’Amministrazione penitenziaria nel caso in cui il soggetto sia sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis 0.p., ribadendo come la motivazione dell’Amministrazione penitenziaria – e quella rimessa in fase di controllo giurisdizionale della legittimità del provvedimento al giudice di sorveglianza – debba «dare conto della valutazione effettuata in concreto poiché, accanto alla astratta praticabilità o meno degli interventi finalizzati al controllo, devono essere apprezzate sia l’effettiva attuabilità che, anche, la loro diretta incidenza sull’organizzazione del carcere, in termini di risorse umane e materiali da destinare ai relativi compiti, anche nelle loro dimensioni quantitative».
Ha, in particolare, avvertito come i giudici di sorveglianza, «prima di riconoscere ovvero negare il diritto del detenuto a utilizzare CD a uso ricreativo, dovranno verificare se l’Amministrazione ha reso sul punto una congrua ed effettiva motivazione evidenziando se tale impiego, pur in assoluto non precluso dalla normativa vigente, possa essere effettivamente esercitato ovvero se questo comporti degli adempimenti che sono in concreto inesigibili da parte dell’Amministrazione penitenziaria «in relazione agli indispensabili interventi su dispostivi e supporti, tali da rendere ragionevole la scelta, operata dalla direzione di istituto, di non autorizzarne l’ingresso nei reparti ove vige il regime penitenziario differenziato. Scelta che, implicando un apprezzamento della possibilità di soddisfare le esigenze ricreative dei detenuti alla luce delle risorse disponibili, rientrerebbe in un ambito di legittimo esercizio del potere di organizzazione della vita degli istituti penitenziari» (Sez. 1, n. 49280 del 28/09/2022, Ministero Giustizia, Rv. 283819 01)».
E, alla luce di siffatte coordinate ermeneutiche, ha censurato l’ordinanza ivi impugnata che, pur enunciando in astratto il criterio di valutazione corretto, non ha dato conto dell’applicazione dello stesso in concreto.
1.2. Decidendo in sede di rinvio, il Tribunale di Sorveglianza ha testualmente riportato la nota del 6 maggio 2025, con la quale la RAGIONE_SOCIALE ha relazionato in ordine alla richiesta del condannato, facendo proprie le ragioni ostative rappresentate, individuate nell’inesigibilità degli adempimenti di controllo correlati, alla luce delle risorse disponibili. Ha, quindi, ribadito la legittimità del diniego tant per ragioni di ordine e sicurezza, che per l’esigenza di prevenire la trasmissione di messaggi vietati, anche criptici.
Ha, infine, escluso che il diniego impatti su diritti soggettivi, altrimenti soddisfatti.
1.3. Siffatta motivazione si rivela, all’evidenza, affetta dallo stesso vulnus già censurato, nella misura in cui non solo ratifica la valutazione comparativa svolta dall’amministrazione penitenziaria, senza alcuna contestualizzazione rispetto alla posizione del ricorrente, ma anche laddove ignora – pur dandone atto il Tribunale nella premessa – il tema introdotto dalla difesa in merito al riconoscimento dello stesso diritto in favori di altri detenuti, ristretti nel medesimo reparto della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Non si comprende, invero, se la ritenuta prevalenza, assegnata all’inesigibilità della messa in sicurezza di detti dispositivi e supporti alla luce, i particolare, delle risorse umane e materiali necessarie, e delle notevoli difficoltà nell’esecuzione dello stesso, sia stata verificata con riguardo alla posizione del ricorrente – come postulato nella sentenza d’annullamento – o sia condizione ostativa all’acquisto ed all’uso dei dispositivi per tutti i ristretti; e siffatta la motivazionale impedisce il controllo di ragionevolezza rimesso a questa Corte, anche sotto il versante della denunciata discriminazione.
Nei termini indicati, sussiste la violazione di legge denunciata sia per la violazione del mandato d’annullamento, sia perché trattasi di motivazione meramente apparente, tale da rendere l’assetto argomentativo posto a sostegno del provvedimento privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME, in motivazione; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, in motivazione; v. anche Sez. U, n. 6 25933 del 29/05/2008, COGNOME, in motivazione), non indicando quanti soggetti, allo stato, siano stati autorizzati a detenere i dispositivi e i relativi supporti e non consentendo, pertanto, di apprezzare la reale incidenza di una nuova autorizzazione sulle esigenze organizzative dell’Amministrazione.
1.4. Nel resto, l’ordinanza impugnata incorre almeno in due errori di diritto, nella parte in cui esclude che il diniego dell’amministrazione incida sull’esercizio di diritti soggettivi e laddove ascrive ad esigenze di sicurezza la legittimità del provvedimento dell’amministrazione penitenziaria impugnato.
1.4.1. Quanto al primo aspetto, basti qui richiamare l’elaborazione ermeneutica sul tema delle limitazioni ai diritti della persona detenuta sottoposta al regime differenziato, orientata dalle pronunce della Corte costituzionale, che ha ripetutamente ammonito sulla necessaria ragionevolezza dei divieti che finirebbero, altrimenti, per risolversi in un irragionevole surplus di afflittività, che il Giudice delle leggi ha più volte sottolineato essere incompatibile con i principi costituzionali (al riguardo, si vedano, tra le altre, le sentenze nn. 30 del 2025, 97 del 2020 e 351 del
1996). Ciò sul rilievo che l’introduzione di un regime «incongruo e inutile alla luce degli obbiettivi cui tendono le misure restrittive autorizzate dalla disposizione in questione», «si pone in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., configurandosi come un’ingiustificata deroga all’ordinario regime carcerario», dotata «di valenza meramente e ulteriormente afflittiva» (così la sentenza n. 186 del 12 ottobre 2018).
E, sullo specifico tema all’odierno vaglio, attinente alla possibilità per i detenuti di utilizzare, nella camera di pernottamento, strumenti tecnologici quali sono i compact disk (CD), al fine di integrare l’offerta musicale assicurata dai canali televisivi e radiofonici, si è già espressa questa Corte che, in recenti decisioni (Sez. 1 n. 15838 del 15/01/2025; Sez. 1, n. 49280 del 28/09/2022, COGNOME, Rv. 283819; Sez. 1, n. 43484 del 30/9/2021, COGNOME, Rv. 282213; Sez. 1, n. 29819 del 25/6/2021, Ferraro) in questa sede interamente condivise, ne ha approfondito gli snodi problematici. Il primo di essi attiene – come osservato nelle citate pronunce alla legittimità stessa dell’autorizzazione, da parte delle direzioni degli istitut penitenziari, all’uso di lettori CD per la fruizione di contenuti musicali, tenuto conto che le norme di Ordinamento penitenziario fanno espresso riferimento all’impiego dei suddetti dispositivi per le sole esigenze di lavoro, di studio, ovvero per la consultazione di materiale giudiziario. Ritiene anche questo Collegio che le richiamate previsioni, storicamente datate, non valgano a stabilire una preclusione assoluta di utilizzo dello strumento per finalità diverse dalla consultazione di testi, rese attuali dall’evoluzione tecnologica; ciò anche considerato che la possibilità di ascoltare musica per mezzo dei CD rientra, a pieno titolo, nel contesto di quei «piccoli gesti di normalità quotidiana» che la Corte costituzionale ascrive ai legittimi ambiti di libertà residua del soggetto detenuto.
Nondimeno, se non può negarsi che l’Amministrazione penitenziaria possa consentire l’acquisto di CD musicali e l’uso dei relativi supporti, questa soluzione non può ritenersi imposta in ogni situazione e contesto. L’interesse del detenuto, pur qualificato sotto il profilo trattamentale, deve essere bilanciato con le esigenze di controllo dell’Amministrazione penitenziaria, particolarmente avvertita proprio nei casi in cui – come quello in esame – il soggetto sia sottoposto a regime penitenziario differenziato. L’art. 41-bis 0.p. prevede, infatti, una serie di limitazioni all’ordinario trattamento intramurario, volte a impedire che il detenuto possa liberamente comunicare con l’esterno, mantenendo un legame con l’ambiente delinquenziale di provenienza e continuando, per tale via, a partecipare alle attività illecite proprie del gruppo criminale di riferimento. In questa prospettiva, l’eventuale autorizzazione all’acquisto del lettore di CD musicali da parte della direzione d’istituto dovrebbe assicurare la piena salvaguardia di così pregnanti esigenze di sicurezza, ben potendo tali strumenti esser oggetto di manipolazione, al fine di introduzione di contenuti illeciti; di qui la necessità di assoggettarli a adeguate verifiche preventive, come
avviene, del resto, per il CD di tipo ammesso e per i relativi supporti. Si è dunque condivisibilmente affermato, nelle sopra citate pronunce, che il Tribunale, prima di riconoscere il diritto del detenuto di utilizzare lettori CD per uso ricreativo, verifich se tale utilizzo, pure in assoluto non precluso dalla normativa vigente, possa nondimeno comportare inesigibili adempimenti da parte dell’Amministrazione penitenziaria, in relazione agli indispensabili interventi su dispostivi e supporti, tali da rendere ragionevole la scelta, operata dalla direzione del carcere, di non consentirne l’utilizzo. Scelta che, implicando un apprezzamento della possibilità di soddisfare le esigenze ricreative dei detenuti alla luce delle risorse disponibili, rientrerebbe in un ambito di legittimo esercizio del potere di organizzazione della vita degli istituti penitenziari, ma che deve essere – come supra esplicitato e nel caso al vaglio ignorato – valutata in aderenza alle circostanze concrete.
1.4.2. Quanto alle argomentazioni rese nell’ordinanza impugnata sul punto dell’uso improprio dei supporti, che i detenuti sottoposti al regime differenziato potrebbero utilizzare come strumento di offesa o, comunque, in pregiudizio delle esigenze di ordine e sicurezza interne all’istituto, le stesse si rivelano eccentriche rispetto alle finalità proprie delle limitazioni previste dall’art. 41-bis, che non è funzionale a contenere la pericolosità penitenziaria delle persone detenute, quanto la possibilità per esse di comunicare con l’esterno e, conseguentemente, di mantenere i collegamenti con le organizzazioni criminali di provenienza, come più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria (da ultimo, tra le tante, v. Sez. 1, n. 34368 del 30/04/2024, COGNOME, non massimata). Rispetto a quest’ultima, infatti, può ipotizzarsi l’adozione di misure, come la sorveglianza particolare prevista dall’art. 14-bis 0.p., che comportano l’adozione di specifiche restrizioni volte a impedire, ad esempio, la detenzione di oggetti utilizzabili per l’offesa alla persona, ma sempre in presenza di concrete esigenze legate ad atteggiamenti aggressivi nei confronti del personale penitenziario o delle altre persone ristrette (in argomento v. Sez. 5, n. 39742 del 18/09/2024, COGNOME, non massimata).
Profili questi, che si situano al di fuori dall’ambito di operatività del regime differenziato delineato dall’art. 41-bis O. p.
Alla luce di quanto sin qui argomentato, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Roma perché, in piena libertà di giudizio, ma facendo corretta applicazione degli enunciati principi, proceda a nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Roma.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Presidente