Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20185 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20185 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 01/01/1973
avverso la sentenza del 18/06/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla mancata concessione delle attenuanti generiche e, nel resto, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Venezia ha parzialmente riformato la sentenza emessa il 06/10/2023 dal Tribunale di Treviso, con la quale NOME COGNOME era stato giudicato responsabile del reato previsto dall’art.590 bis, commi 1 e 5, n.2), cod.pen., in relazione all’art.141, commi 2 e 11 e 143 del d.lgs. 30 aprile 1992, n.285, concedendo all’imputato il beneficio della non menzione della condanna e confermando, nel resto, la pronuncia impugnata, con la quale il suddetto era stato condannato alla pena di un anno di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale, subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità, con sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per un anno e sei mesi.
1.1 Era stato contestato all’imputato, nell’atto di esercizio dell’azione penale, di avere, in data 17/02/2018, alla guida della vettura modello Volkswagen Touran tg.
CODICE_FISCALE, procedendo lungo la strada provinciale n.4 con direzione Pieve di Soligo -Follina, a velocità non moderata in riferimento alle condizioni ambientali, dapprima urtato il veicolo Peugeot TARGA_VEICOLO condotto da NOME COGNOME che lo precedeva nella medesim a direzione di marcia e che si trovava fermo nell’intraprendere una svolta sinistra per accedere ad un’area di servizio e, quindi, oltrepassato la linea di mezzeria procedendo contromano, collidendo successivamente con la vettura Fiat 500 a bordo della quale si trovava, come trasportata, NOME COGNOME causandole lesioni (frattura del gomito) giudicate guaribili in oltre quaranta giorni.
1.2 La Corte territoriale ha premesso la ricostruzione dell’evento operata dal giudice di primo grado; esponendo che, sulla base della testimonianza del citato NOME COGNOME, la vettura condotta dall’imputato che lo seguiva nel medesimo senso di marcia -l’aveva tamponato sull’angolo posteriore sinistro, dopo avere tentato di rientrare nella mezzeria di propria competenza a seguito di una manovra di sorpasso; per poi andare a invadere l’opposta corsia di marcia dove si era scontrata con la suddetta Fiat 500, proveniente da direzione contraria, secondo una dinamica confermata dal teste NOME COGNOME trasportato a bordo della Peugeot e che aveva precisato che l’urto tra la Volkswagen e la 500 era stato frontale; il tutto secondo una ricostruzione pure confermata dalla persona offesa e dal conducente del mezzo a bordo della quale questa si trovava, oltre che dal teste oculare NOME COGNOME
1.3 La Corte ha quindi esaminato il motivo di appello proposto dall’imputato, con il quale era stato contestato che questi avesse circolato contromano con conseguente perfezionamento della relativa aggravante prevista dall’art.590 bis, comma 5, n.2, cod.pen. e la cui esclusione avrebbe determinato l’improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela; motivo nel quale era stato sostenuto il carattere non volontario della sterzata verso sinistra, in quanto determinata unicamente da ll’urto con la vettura che precedeva.
La Corte ha quindi dedotto che l’avvenuta circolazione contromano da parte dell’appellante risultava accertata in virtù di molteplici elementi; ciò in considerazione del punto d’urto tra la vettura dallo stesso condotta e la Peugeot 207, collocato all’altezza della ruota posteriore sinistra di quest’ultima e che indicava come l’imputato stesse sorpassando la vettura che lo precedeva, elemento confermato dal passeggero di tale ultimo mezzo (COGNOME) e dal teste COGNOME.
Il giudice di appello ha esaminato la doglianza con la quale si contestava che l’imputato stesse viaggiando a velocità elevata; ritenendo il motivo infondato in considerazione dei danni riportati dalle vettura antagoniste, incompatibili con il rispetto del limite dei 50 km/h e della rotazione di 180° operata dal mezzo condotto dall’imputato dopo l’urto; ha altresì ritenuto infondata la doglianza relativa alla mancanza di indicazione del limite di velocità nella segnaletica stradale, ritenendo che -in ogni caso -doveva ritenersi provata la tenuta di una velocità non adeguata.
Ha ritenuto infondato il motivo inerente a un dedotto concorso di colpa del conducente della Fiat 500, atteso che il dato della elevata velocità asseritamente tenuta da quest’ultimo risultava del tutto indimostrato; ha altresì rigettato il motivo
inerente al trattamento sanzionatorio, riconoscendo unicamente all’imputato il beneficio della non menzione della condanna.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando cinque motivi di impugnazione.
2.1 Con il primo motivo di impugnazione ha dedotto la violazione di legge e il travisamento delle risultanze istruttorie, oltre che il vizio di ultrapetizione, in riferimento alla mancata derubricazione della fattispecie contestata nell’ipotesi non aggravata, con conseguente erroneità della sentenza nella parte in cui non aveva dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale, ascrivendo peraltro all’imputato un fatto diverso rispetto a quello descritto nell’atto di esercizio dell’azione medesima.
Ha dedotto che l’invasione dell’opposta corsia di marcia doveva ritenersi ascrivibile a un comportamento involontario, in quanto unicamente determinato dal rischio di tamponare la vettura sopraggiunta dalla direzione contraria, elemento che aveva determinato la collisione con la vettura condotta dal Tema e quindi lo sbalzo verso la corsia opposta; sul punto, invocava le conclusioni raggiunte dal proprio consulente tecnico di parte; esponendo come non fossero valorizzabili le dichiarazioni rese da NOME Tema, il quale aveva ammesso di non avere direttamente osservato la manovra di sorpasso asseritamente posta in essere dall’imputato; ritenendo, quindi, non condivisibile il giudizio raggiunto dal Tribunale, sulla base degli stralci di testimonianze riportate n ell’illustrazione del motivo; deducendo come, dal complesso dell’istruttoria dibattimentale, fosse risultato che la presenza del mezzo condotto dall’imputato sulla corsia opposta di marcia non fosse stata il frutto di una condotta cosciente e volontaria.
2.2 Con il secondo motivo, ha contestato la valutazione dei giudici di merito nella parte in cui avevano ritenuto che l’imputato avesse tenuto una velocità non commisurata alle condizioni ambientali, con conseguente travisamento delle risultanze istruttorie.
Ha dedotto che la Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato -al fine di dedurre la velocità del mezzo condotto dall’imputato il dato rappresentato dal testacoda avvenuto dopo la collisione, atteso che l’urto contro la vettura che precedeva era stato di lieve entità e che il successivo posizionamento del mezzo era stato determinato dall’urto contro la Fiat 500 proveniente dal senso opposto di marcia, ritenendo quindi configurabile un concorso di colpa della persona offesa anche sulla base del ‘ragionevole sospetto’ che la stessa non indossasse la cintura di sicurezza.
2.3 Con il terzo motivo ha contestato la valutazione dei giudici di merito nella parte in cui avevano ritenuto che l’imputato avesse superato il limite dei 50 km/h, con conseguente erronea valutazione delle risultanze istruttorie.
Ha dedotto che i giudici di merito non avrebbero tenuto conto della mancanza, sul retro dei segnali indicanti il limite di velocità, degli estremi della necessaria ordinanza, elemento la cui carenza avrebbe determinato l’illegittimità del segnale medesimo.
2.4 Con il quarto motivo ha contestato la valutazione dei giudici di merito in ordine alla assenza di una condotta colposa da parte della persona offesa, tale da determinare un’interruzione del nesso causale.
Specificamente, ha contestato le sentenze nella parte in cui non avevano ritenuto provato il dato della elevata velocità del mezzo con a bordo la persona offesa, dovendosi ritenere che la tenuta di una velocità adeguata avrebbe consentito al conducente di evitare l’urto.
2.5 Con il quinto motivo ha contestato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non avendo la Corte territoriale valorizzato gli elementi positivi apportati dalla difesa, quali quelli attinenti alla personalità dell’imputato e al c arattere collaborativo del suo comportamento processuale, ritenendo quindi del tutto inidoneo il mero riferimento alla carenza di un atteggiamento di resipiscenza.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente al punto attinente alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e, nel resto, per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che, vertendosi in una fattispecie di c.d. doppia conforme, le due decisioni di merito vanno lette congiuntamente, integrandosi le stesse a vicenda, secondo il tradizionale insegnamento della Suprema Corte; tanto in base al principio per cui «Il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile» (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224079; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, COGNOME, Rv. 225671; Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617).
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, tendendo lo stesso a sollecitare una -non consentita -rivisitazione in fatto di materiale probatorio già congruamente valutato da parte del giudice di merito.
3.1 Sotto tale profilo, deve essere premesso -in via logicamente pregiudiziale che eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza
rende la decisione insindacabile (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Chen, Rv. 284556, tra le altre).
Ricordando, altresì, che non è consentita in sede legittimità una rivalutazione nello stretto merito delle risultanze processuali, essendo preclusa in questa sede la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 27429 del 4/7/2006, COGNOME, RV. 234559; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, B., Rv. 280601); essendo, infatti, stato più volte ribadito che la Corte di cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio (Sez. 5, n. 39048 del 25/9/2007, COGNOME, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME, Rv. 253099), restando esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 7380 del 11/1/2007, Messina, Rv. 235716).
3.2 Ancora più specificamente, deve rilevarsi come le argomentazioni contenute nel motivo di ricorso tendano a sollecitare questa Corte a smentire il giudizio formulato dalla Corte territoriale in punto di attendibilità delle dichiarazioni testimoniali valutate nelle sentenze di merito.
Deve quindi osservarsi che, in tema di motivi di ricorso per cassazione -in diretta conseguenza dei principi generali sopra riassunti – sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747).
Ulteriormente, in relazione al dedotto vizio di travisamento, va ricordato che il vizio medesimo può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso – come quello di specie – di cosiddetta “doppia conforme “, nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018; Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, COGNOME, Rv. 280155); ricordando che tale vizio vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito
del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia “, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di reinterpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370).
In particolare, il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085).
3.3. Ciò premesso, deve quindi osservarsi che le valutazioni compiute dai giudici di merito in punto di ricostruzione della dinamica del sinistro sono da considerare immuni dal denunciato vizio di illogicità -con specifico rilievo al dedotto profilo di travisamento – con particolare riferimento al contenuto delle dichiarazioni rese dai testi escussi nel corso dell’istruzione dibattimentale.
Difatti, già il giudice di primo grado ha sottolineato che -sulla base delle testimonianze assunte nonché del rapporto redatto dalla Polizia Stradale di Vittorio Veneto -era inequivocabilmente risultato che la vettura condotta dall’imputato, al momento dell’urto contro la Peugeot 207 condotta da NOME COGNOME, stava tentando di rientrare nella propria corsia di pertinenza dopo avere effettuato un’invasione dell’opposta corsia di marcia e in presenza di una striscia continua di mezzeria; elemento che, sulla base di una valutazione intrinsecamente logica, è stato desunto sulla base dell’individuazione dal punto d’urto tra le due vetture, essendo lo stesso collocato sull’angolo posteriore sinistro della stessa Peugeot 207 mentre sulla base della consequenziale valutazione dei giudici di merito -in caso di regolare avanzamento sull a propria corsia, il punto d’urto medesimo non avrebbe che potuto collocarsi nell’area del paraurti posteriore; dinamica causale, che ha a propria volta -determinato l’ulteriore rimbalzo della Volkswagen condotta dall’imputato sempre sulla corsia oppost a di marcia anteriormente all’urto contro la Fiat 500 sopraggiungente dal lato opposto.
Si tratta di elemento fattuale che, nella valutazione dei giudici di merito, è stato altresì avvalorato da quanto riferito dal teste oculare NOME COGNOMEche si trovava a bordo della vettura precedente la Fiat 500 e le cui sommarie informazioni testimoniali sono state acquisite su accordo delle parti), il quale aveva riferito di avere visto
sopraggiungere dal lato opposto la Volkswagen condotta dall’imputato, che aveva sfiorato la sua vettura dopo l’urto con la Peugeot 207 e anteriormente alla collisione con la Fiat 500.
D’altra parte, non è ravvisabile alcun vizio di illogicità ovvero di violazione di legge nella valorizzazione delle circostanze riferite da NOME COGNOME, passeggero a bordo della vettura condotta da NOME COGNOME il quale, sulla stessa base dello stralcio del verbale stenotipico riportato all’interno del motivo, ha riferito di essersi reso conto – dalla visione del proprio finestrino – che, dietro la Peugeot, vi erano altre vetture ferme in attesa di effettuare la svolta a sinistra, riferendo quindi che non vi fossero, per la vettura condotta dall’imputato sopraggiungente da dietro, ‘gli spazi per fare il sorpasso’, con valutazione evidentemente riferita alle condizioni verificatesi per il sopraggiungere di altre vetture dal senso opposto di marcia; riferendo poi di non avere ‘le prove’ in ordine al solo dato che la vettura dell’imputato si trovasse già ‘da un bel po” in fase di sorpasso e in ordine alla presenza di ulteriori vetture già sorpassate oltre a quelle di cui aveva diretta cognizione, circostanza che avrebbe appreso da terze persone che avevano assistito all’incidente; riferendo invece in modo univoco di avere avuto diretta cognizione della manovra di sorpasso effettuata dall’imputato.
Deve quindi ritenersi -alla luce dei citati principi in tema di limiti del sindacato di questa Corte sulla valutazione della credibilità dei testi -che i giudici di merito non siano incorsi in alcun vizio di illogicità, in riferimento alla complessiva valutazione sinottica del materiale probatorio.
Sulla scorta del quale, con conclusione da ritenersi coerente, i giudici medesimi hanno ritenuto ravvisabile l’aggravante contestata, per essere il sinistro stradale da porre in diretto rapporto con l’invasione dell’opposta corsia di marcia operato dall’im putato.
3.4 Va altresì ritenuta infondata la deduzione, sempre contenuta nel primo motivo di ricorso, in base alla quale all’imputato sarebbe stato ascritto un fatto diverso rispetto a quello originariamente contestato; atteso che il capo di imputazione faceva rif erimento a un’invasione di corsia avvenuta al fine di sorpassare la vettura condotta da NOME COGNOME e non alla previa invasione della corsia prima dell’urto con il veicolo in questione, con conseguente violazione del principio di correlazione tra fatto ascritto e fatto ritenuto in sentenza.
Sul relativo profilo di diritto, difatti, le Sezioni Unite hanno affermato in più occasioni il principio in base al quale, in relazione al rispetto del combinato disposto degli artt. 521 e 522 cod.proc.pen., per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei propri elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume la ipotesi astratta prevista dalla legge, cosicché si pervenga ad una incertezza sull’oggetto della imputazione da cui scaturisce un reale pregiudizio dei diritti della difesa; conseguendone che l’indagine non va esaurita nel mero e pedissequo confronto puramente letterale tra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto della imputazione (Sez. U, n. 16 del
19/06/1996, COGNOME, Rv. 205619; Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248051); potendosi quindi ravvisare la violazione del principio di correlazione nel solo caso in cui si sia di fronte a un radicale mutamento, negli aspetti costitutivi essenziali, delle condotte contestate, produttivo di un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. 4, Sentenza n. 18366 del 17/01/2024, T., Rv. 286379).
Dovendosi quindi ritenere che il dato della condotta tenuta dall’imputato in specifica relazione alle manovre effettuate prima dell’urto sia stato introdotto nel materiale processuale e che, in relazione ad esso, il ricorrente abbia avuto ampia possibilità di prenderne cognizione e di controdedurre.
Il secondo motivo -con il quale è stata contestata la sussistenza del profilo di colpa specifica derivante dalla eccessiva velocità tenuta dal mezzo condotto dall’imputato è inammissibile in quanto manifestamente infondato e, comunque, estrinsecamente aspecifico.
Difatti, il ricorrente -sempre sulla base di una valutazione parcellizzata degli elementi emersi dall’istruzione dibattimentale ha dedotto un travisamento dei dati probatori sulla base dell’elemento fattuale rappresentato dalla mancanza di lesioni nei confronti del conducente e del passeggero della Peugeot 207.
Si tratta di argomentazioni reiterative di deduzioni già spiegate di fronte al giudice dell’appello e da questi disattese con motivazione non palesemente illogica.
Avendo i giudici merito, con valutazione congruente con le risultanze istruttorie, dedotto il dato della velocità del mezzo condotto dall’imputato sulla base dei danni cagionati alle vetture antagoniste e dell’ampiezza della rotazione subìta dalla vettura dopo la collisione con la Fiat 500; mentre il dato afferente alla dedotta elevata velocità di quest’ultima vettura è stato sostanzialmente allegato nel ricorso in maniera del tutto apodittica e con solo riferimento alle conclusioni del consulente di parte, rimanendo lo stesso smentito dalle dichiarazioni rese dal COGNOME il quale ha riferito che la Fiat 500 stava procedendo a velocità moderata.
In ogni caso, non risulta confutata con argomentazioni specifiche la considerazione della Corte territoriale, nella parte in cui la stessa ha evidenziato che la velocità tenuta dall’imputato dovesse comunque ritenersi inadeguata (in relazione all’art.141, comma 1, d.lgs. 285/1992) rispetto alle specifiche condizioni della strada, contraddistinta da intersezioni e costeggiata da un fosso e da alberi di altro fusto.
Le considerazioni che precedono inducono a ritenere inammissibile, in quanto aspecifico, anche il terzo motivo di ricorso, attinente alla dedotta carenza di una valida segnalazione del limite di velocità, atteso che i segnali apposti sul tratto di strada non avrebbero recato sul retro le indicazioni attinenti agli estremi della relativa ordinanza emessa dall’ente proprietario della stessa.
A tale proposito, difatti, tali considerazioni non si confrontano -evidentemente -con quelle dei giudici di merito e che, come detto, hanno rilevato che la velocità tenuta
dall’imputato dovesse ritenersi comunque inadeguata rispetto alle condizioni della strada.
In ogni caso, la mancata indicazione degli estremi dell’ordinanza suddetta (imposta dall’art.77, comma 7, del regolamento attuativo del Codice della strada), non determina il venire meno degli effetti della segnaletica stradale, atteso che la relativa mancanza costituisce una sola irregolarità non invalidante il segnale stesso (sul punto Sez. 2 civ., Sentenza n. 12431 del 20/05/2010 e Sez.6 civ., ordinanza n.17303 del 27/05/2022 hanno infatti rilevato che la mancata apposizione, sul retro del segnale stradale, della indicazione del relativo provvedimento amministrativo che disciplina la circolazione stradale, non determina di per sé la illegittimità del segnale stradale, né quindi esime il co nducente dall’osservanza della relativa prescrizione).
6. Il quarto motivo, attinente alla sussistenza di una condotta abnorme -e quindi interruttiva del nesso causale -in capo al conducente del mezzo entrato in collisione con quello dell’imputato, è inammissibile in quanto manifestamente infondato; essendo lo stesso pure riproduttivo di censure adeguatamente confutate dalla sentenza di appello.
A tale proposito, va ricordato che, in riferimento al principio dettato dal comma secondo dell’art.41 cod.pen., in presenza del requisito positivo concretizzato dall’aver posto in essere, con la propria condotta, un antecedente necessario in relazione alla verificazione dell’evento, il nesso causale può ritenersi interrotto con conseguente esclusione della responsabilità dell’agente in presenza di una serie causale del tutto autonoma e indipendente.
Specificamente, come sottolineato dalla giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale tra condotta ed evento, le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di causalità sono solo quelle che innescano un processo eziologico completamente autonomo da quello determinato dalla condotta omissiva o commissiva dell’agente, ovvero danno luogo ad uno sviluppo anomalo, imprevedibile e atipico, pur se causalmente riconducibile ad essa (tra le altre, Sez. 4, n. 53541 del 26/10/2017, COGNOME, Rv. 271846; Sez. 5, n. 7205 del 09/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284338 -02; Sez. 4, n. 10656 del 13/02/2024, COGNOME, Rv. 286013), dovendosi quindi essere in presenza di un processo indipendente di cause che faccia sì che l’evento non possa verificarsi se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta posta in essere dall’agente (Sez. 2, n. 17804 del 18/03/2015, COGNOME, Rv. 263581).
Deve quindi escludersi che, nel caso di specie, il dato rappresentato dalla condotta di guida del conducente della Fiat 500 abbia innescato -in presenza dell’antecedente fattuale riconducibile alla condotta del ricorrente -una serie causale del tutto autonoma, tale da escludere la condotta medesima come antecedente logico dell’evento.
Ribadendosi che il superamento del limite di velocità da parte di quest’ultimo conducente è stato dedotto, in via del tutto apodittica, sulla base delle risultanze della
consulenza tecnica di parte, senza trovare alcuna conferma in atti ed essendo -anzi -stato smentito dalle citate dichiarazioni rese dal COGNOME.
Mentre, in riferimento al concorso di una condotta colposa della persona offesa -adombrata in riferimento al mancato uso della cintura di sicurezza da parte della passeggera della Fiat 500 -si verte in circostanza meramente asserita e rimasta priva di qualsiasi dimostrazione sulla base degli elementi istruttori richiamati dal ricorrente.
L’ultimo motivo di ricorso, attinente alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è infondato.
A tale proposito va ricordato che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62 bis cod.pen., disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489); mentre, sul punto, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, Sentenza n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549, che ha specificato che al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente); tutto ciò fermo restando che è illegittima la motivazione della sentenza d’appello che, nel confermare, il giudizio di insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, si limiti a condividere il presupposto dell’adeguatezza della pena in concreto inflitta, omettendo ogni apprezzamento sulla sussistenza e rilevanza dei fattori attenuanti specificamente indicati nei motivi d’impugnazione (Sez. 6, n. 46514 del 23/10/2009, COGNOME, Rv. 245336; Sez. 6, n. 20023 del 30/01/2014, Gligora, Rv. 259762).
Nel caso di specie, oltre che in riferimento alla negativa valutazione del comportamento processuale dell’imputato, il Tribunale con motivazione da intendersi richiamata dal giudice di secondo grado -ha altresì evidenziato, in coerenza con la ratio della normativa, l’assenza di qualsiasi elemento positivo idoneo a giustificare l’applicazione delle relative circostanze attenuanti; rimanendo, quindi, del tutto generiche le considerazioni difensive inerenti alla personalità dell’imputato.
8. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22 maggio 2025