Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 40851 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 40851 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
C.B.
nato in
om issis
C.0
nata in
omissis
avverso la sentenza del 15-05-2023 della Corte di appello di Perugia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dottoressa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
lette le conclusioni rassegnate dall’avvocato NOME COGNOME difensore della parte civili RAGIONE_SOCIALE che ha concluso per il rigetto dei ricorsi e la conferma delle statuizioni civili, allegando nota spese.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 15 maggio 2023, la Corte di appello di Perugia confermava la decisione del Tribunale di Terni del 19 maggio 2020, con la quale
C.B.
e
C.C.
erano stati condannati, il primo, alla pena di anni 10 di reclusione ed euro 2.000 di multa e, la seconda, alla pena di anni 8 di reclusione, in quanto ritenuti colpevoli, entrambi, dei reati di cui agli art. 609 quinquies cod. pen. (capo A) e 572 cod. pen. (capo C) e il solo C.B. GLYPH dei reati di cui agli art. 609 bis e 609 ter cod. pen.
(capo B) e 3 n. 8 della legge n. 75 del 1958 (capo D); i fatti si assumono commessi fino al 15 novembre 2016, in danno, rispettivamente, del minore
RAGIONE_SOCIALE
in omissis
(reati di corruzione di minorenni, violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia) e, quanto ai reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, in danno di C.C. Veniva altresì confermata la statuizione con cui gli imputati erano stati condannati al risarcimento del danno, da liquidare in separata sede, in favore della parte civile, nei cui confronti veniva riconosciuta una provvisionale pari a 100.000 euro.
Avverso la sentenza della Corte di appello umbra, GLYPH C.B.
C.C. COGNOME , tramite il loro comune difensore, hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando cinque motivi.
Con il primo, la difesa deduce l’inosservanza degli art. 169, 178 lett. C) e 179 cod. proc. pen., impugnando in particolare la decisione della Corte di appello con la quale non è stata censurata l’ordinanza del 25 settembre 2018 con cui il primo giudice aveva disatteso l’eccezione di nullità del decreto che dispone il giudizio, eccezione che invece secondo la difesa doveva essere accolta, in ragione del fatto che l’imputato era rimasto destinatario del provvedimento di espulsione, con trasferimento coattivo in 0MiSSiS I il che avrebbe dovuto condurre all’applicazione della disciplina della notifiche dell’imputato all’estero ex art. 169 cod. proc. pen., a nulla rilevando la nomina del difensore di fiducia da parte dell’imputato.
Con il secondo motivo, è stata eccepita l’inosservanza dell’art. 420 ter cod. proc. pen., contestando la difesa il rigetto da parte della Corte territoriale del motivo di appello con cui erano state censurate le ordinanze reiettive delle istanze di rinvio per legittimo impedimento avanzate nel corso del giudizio di primo grado alle udienze del 3 ottobre e del 7 novembre 2019, non essendosi considerato che, come affermato dalla richiamata giurisprudenza di legittimità (il riferimento è alla sentenza Sez. 1, n. 37823 del 2019), la condizione di straniero destinatario del provvedimento di espulsione o di accompagnamento alla frontiera deve essere considerata alla stregua di un legittimo impedimento.
Con il terzo motivo, oggetto di doglianza è la mancata acquisizione al fascicolo per il dibattimento delle dichiarazioni rilasciate dall’imputato COGNOME C.B. COGNOME in sede di
interrogatorio davanti al G.I.P., dichiarazioni acquisibili stante l’impossibilità dell’imputato di rendere l’esame e rilevanti nei confronti di entrambi gli imputati, con conseguente violazione degli art. 273, 512, 513 bis e 524 cod. proc. pen.
Il quarto motivo è dedicato al giudizio sulla sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia, non avendo l’istruttoria comprovato, alla luce della particolare brevità delle captazioni operate (per soli tre giorni), la serialità dell condotte illecite, presupposto costitutivo della fattispecie contestata.
Con il quinto motivo, si censura, sotto il profilo del vizio di motivazione e della violazione di legge, il diniego delle attenuanti generiche, non essendosi considerate la tenuità della condotta e le precarie condizioni sociali degli imputati.
Con memoria trasmessa il 2 maggio 2024, il difensore della parte civile ha concluso per il rigetto dei ricorsi e la conferma delle statuizioni civili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili per manifesta infondatezza.
Iniziando dal primo motivo, riferito alla posizione di
C.B.
, deve rilevarsi che il rigetto da parte dei giudici di appello dell’eccezione sull’asserito vizio di notifica del decreto che dispone il giudizio appzile legittimo. Ed invero la Corte di appello ha sottolineato che alla data di notifica del decreto ex art. 429 cod. proc. pen., avvenuta il 20 febbraio 2018, erano pienamente efficaci la nomina difensiva del 30 luglio 2017 e l’elezione di domicilio presso l’avvocato NOME COGNOME depositata il 5 febbraio 2018, mentre l’accompagnamento alla frontiera dell’imputato risale a una data successiva, ossia al 4 agosto 2018.
I giudici di merito hanno dunque operato buon governo del principio elaborato da questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 6104 del 09/01/2018, Rv. 272161 e Sez. 3, n. 3858 del 04/11/2015, dep. 2016, Rv. 266085), secondo cui la dichiarazione di elezione di domicilio mantiene i suoi effetti anche successivamente all’espulsione dell’imputato, non costituendo quest’ultima circostanza di caso fortuito o di forza maggiore che, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., impedisce all’imputato di comunicare l’eventuale mutamento del luogo dichiarato o eletto.
Ne consegue che la doglianza difensiva non può trovare accoglimento, non confronta SA il ricorso con le pertinenti considerazioni della decisione impugnata.
2. La medesima conclusione si impone rispetto al secondo motivo di ricorso. Nel correggere parzialmente la ratio decidendi del Tribunale in ordine al rigetto dell’istanza di rinvio delle udienze del 3 ottobre e del 7 novembre 2019, la Corte di appello ne ha sì rimarcato la ritualità dal punto di vista formale, ma ne ha al tempo stesso ribadito l’infondatezza sotto il profilo sostanziale, rilevando che, a fronte della mancata risposta degli organi preposti all’istanza difensiva volta a far rientrare l’imputato in Italia per partecipare al processo a suo carico, sarebbe stato
3 GLYPH
onere della difesa intraprendere le iniziative funzionali a superare l’inerzia della P.A., prima con l’invio di una formale diffida ad adempiere e poi, ove il silenzio si fosse procrastinato, mediante la proposizione di un ricorso giurisdizionale.
Nessuna di tali iniziative è stata attivata nell’interesse dell’imputato, per cui legittimamente è stata respinta la doglianza difensiva, non potendosi individuare una situazione di legittimo impedimento né nella mera presenza all’estero dell’imputato, né nella situazione di inerzia amministrativa a fronte della richiesta di autorizzazione a rientrare in Italia, trattandosi di circostanze che, diversamente, sarebbero destinate a paralizzare sine die la celebrazione del giudizio, in violazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.). Questa Corte ha del resto più volte affermato (cfr. Sez. 6, n. 15739 del 28/02/2018, Rv. 272774 e Sez. 5, n. 18708 del 27/02/2013, Rv. 256247) che non costituisce legittimo impedimento dell’imputato straniero l’avvenuta espulsione del medesimo dal territorio dello Stato, atteso che l’art.17 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 gli conferisce la facoltà di rientrare temporaneamente in Italia per l’esercizio del diritto di difesa, con la previsione che l’autorizzazione è rilasciata dal Questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta della parte interessata, dovendosi ritenere che, in caso di mancata risposta alla propria istanza, sia onere della parte provare di aver esperito tutte le iniziative necessarie per superare l’eventuale inerzia degli organi preposti. Ne consegue che la doglianza difensiva non appare meritevole di accoglimento.
Passando al terzo motivo, se ne deve parimenti sottolineare la manifesta infondatezza: la Corte territoriale, infatti, quanto alla mancata acquisizione dell’interrogatorio reso in sede di indagini preliminare dall’imputato NOMECOGNOME
ha evidenziato che la richiesta di acquisizione del relativo verbale è stata formulata solo con la memoria depositata il 18 maggio 2020 in sede di discussione finale, dopo la formale chiusura dell’istruttoria dibattimentale. Dunque, la richiesta difensiva non poteva che essere interpetrata come una mera sollecitazione al Tribunale del potere di integrazione probatoria riconosciuto dall’art. 507 cod. proc. pen., potere che non è stato esercitato senza che tale mancato esercizio sia stato formalmente censurato, come pure non è stata avanzata alcuna sollecitazione alla Corte di appello finalizzata all’eventuale rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, per cui anche in tal caso non vi è spazio per accogliere l’istanza difensiva, dovendosi escludere che vi sia un diritto assoluto alla lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare, essendo a tal fine necessario, ai sensi dell’art. 513 cod. proc. pen., che vi sia una espressa richiesta di parte, che evidentemente deve essere anche tempestiva, dovendo cioè intervenire nel corso dell’istruttoria dibattimentale, nella fase in cui si prenda atto dell’assenza o del rifiuto dell’imputato di sottoporsi all’esame eventualmente richiesto e ammesso.
Manifestamente infondato è anche il quarto motivo, con cui si contesta il giudizio di colpevolezza degli imputati in ordine al reato di maltrattamenti in famiglia contestato al capo C in danno del minore COGNOME C.S.
Ed invero, nello sviluppare le già diffuse considerazioni del Tribunale, la Corte di appello ha posto l’accento sul ripetersi, nei cinque giorni in cui sono avvenute le captazioni audio-visive disposte nell’abitazione familiare, di plurime condotte vessatorie poste in essere in danno di un bambino di 7 anni, che oltre a essere costretto ad assistere suo malgrado ai rapporti sessuali della madre con il compagno o con i clienti, è stato destinatario di frequenti mortificazioni oltre che di ingiustificate punizioni corporali e assurde proibizioni che ne hanno leso seriamente la dignità e il benessere psico-fisico, per cui, stante la sistematicità delle vessazioni rilevate nel pur breve lasso temporale in cui ha avuto luogo l’osservazione diretta della vita domestica, è stato ritenuto provato il reato de quo.
4.1. Orbene, in quanto preceduto da una disamina razionale delle fonti dimostrative disponibili, correttamente intese nel loro effettivo significato e correlate tra loro in maniera non illogica, il giudizio sulla sussistenza e sull’ascrivibilità agli imputati del reato ex art. 572 cod. pen. resiste ampiamente alle censure difensive, che si articolano, in termini assertivi e non specifici, nella sostanziale proposta di una lettura alternativa (e molto frammentaria) del materiale istruttorio, operazione non consentita in questa sede, dovendosi ribadire che, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura de elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. in termini, ex multis, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
5. Parimenti immune da censure risulta il diniego delle attenuanti generiche. Sul punto occorre richiamare la consolidata affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269), secondo cui, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione. È stato altresì precisato (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 – 02) che, al fine di ritenere o escludere le attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente e atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato e alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente.
In applicazione di tale premessa ermeneutica, deve escludersi che la motivazion sul diniego delle attenuanti generiche presenti lacune argomentative, avendo Corte territoriale rimarcato, in senso ostativo, “l’abiezione delle condotte” 16 della decisione impugnata), consistite nel consapevole coinvolgimento da part degli imputati di un minore, a mo’ di iniziazione sessuale, in ripetuti comportam sessuali da adulti, con gravi ed evidenti ripercussioni per la psiche del bambi Orbene, in presenza di un apparato motivazionale sorretto da considerazioni no illogiche, non vi è spazio per l’accoglimento delle censure difensive, che, per con riferimenti generici alle precarie condizioni sociali degli imputati, solle differenti apprezzamenti di merito estranei al perimetro del giudizio di legitti Di qui l’infondatezza delle censure difensive in punto di trattamento sanzionator
6. Stante la manifesta infondatezza delle doglianze sollevate, i ricorsi dev essere dichiarati quindi inammissibili, con conseguente onere per ciasc ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedim nonché di provvedere alla rifusione delle spese di rappresentanza e dife sostenute nel presente giudizio dalla costituita parte civile, nei modi e nei t indicati nel dispositivo. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzional 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ric siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della caus inammissibilità”, si dispone infine che ciascun ricorrente versi la som determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammend
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e di sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a s dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Perugia separato decreto di pagamento ai sensi degli art. 82 e 83 d.P.R. n. 115 del 20 disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso il 08/05/2024