Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32065 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32065 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a RIVOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Procuratore Generale si riporta alla requisitoria in atti e conclude per il rigetto del ricorso.
udito il difensore
AVV_NOTAIO, per il ricorrente, si riporta integralmente ai motivi di impugnazione e insiste per l’accoglimento del ricorso; in subordine, insta per la rimessionee della questione alle SSUU.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24 gennaio 2024, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Varese che aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole del delitto di cui agli artt. 624 bis e 625 n. 2 cod. pen., per essersi impossessato dei denari e preziosi di proprietà di NOME COGNOME, nella cui abitazione era penetrato fingendosi un addetto alla lettura del contatore dell’acqua, e, invitandola a depositare i suddetti beni nel frigorifero per un, inesistente, pericolo d’incendio, li aveva, poi, trafugati.
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte osservava quanto segue.
La persona offesa aveva riconosciuto il prevenuto, dopo averne riferito le fattezze, come uno degli autori del furto, con grado di certezza, e la scelta del rito semplificato non aveva consentito di saggiarne ulteriormente l’attendibilità.
Né poteva avere rilievo l’assoluzione del medesimo da altro analogo fatto posto che, in quel caso, il riconoscimento, appunto, non era assurto al grado di certezza, qui raggiunto.
I precedenti anche specifici e la gravità del fatto rendevano congruo il trattamento sanzionatorio fissato dal primo giudice.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando le proprie censure in quattro motivi.
2.1. Con il primo eccepisce la nullità degli atti e della sentenza impugnata a seguito del mancato riconoscimento del legittimo impedimento opposto dal difensore alla Corte in relazione all’udienza del 24 gennaio 2024, per un pregresso impegno professionale.
La richiesta era stata avanzata il 5 dicembre 2023 e reiterata il 15 gennaio 2024 (dopo avere ricevuto le conclusioni del PG il 9 gennaio). Con tale ultima richiesta si precisava che l’istanza di impedimento muoveva dal presupposto che si intendesse discutere in forma orale la fase d’appello pur se la specifica richiesta non era stata avanzata (citava, per la richiesta implicita di trattazione orale a seguito dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento, Cass. n. 1414/2022, pur contrastata da Cass. 37711/2023).
Si argomentava l’adesione al primo orientamento avvertendo che altra decisione, la n. 32684/2022, era inconferente posto che, in quel caso, l’istanza di impedimento era stata depositata oltre i termini per chiedere la trattazione orale della fase d’impugnazione.
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Si chiedeva, in caso di dissenso del Collegio, l’assegnazione della questione alle Sezioni unite.
2.2. Con il secondo motivo lamenta il difetto di motivazione in relazione alla ricognizione fotografica effettuata dalla persona offesa.
Non si era sufficientemente approfondita, se non in forma del tutto generica, la congruenza fra le indicazioni fornite dalla persona offesa circa le fattezze dell’autore del fatto con quelle, reali, dell’imputato.
2.3. Con il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in ordine alla valutazione degli elementi di prova tratti da altro processo.
Nel processo citato infatti l’imputato era stato assolto ma la Corte aveva insistito nel ritenere che gli esiti del riconoscimento in quel procedimento corroborassero quelli raggiunti nel presente processo. Così finendo per utilizzare un dato probatorio sottostante ad una sentenza di assoluzione.
2.4. Con il quarto motivo deduce il vizio di motivazione in relazione alla mancata diminuzione della pena nella massima estensione a seguito del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e comunque alla misura della pena, dovendosi considerare la risalenza dei precedenti e il leale comportamento processuale.
Il Procuratore generale della Repubblica preso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha inviato requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse del prevenuto non merita accoglimento.
Il primo motivo – speso sul mancato riconoscimento da parte della Corte di merito del fatto che l’istanza di legittimo impedimento costituisse una richiesta implicita di trattazione della fase d’appello in presenza – è infondato.
E’ vero che questa Corte, con la sentenza Sez. 4, n. 1414 del 15/12/2022, dep. 2023, Cairo, Rv. 284087 ha affermato che, nel giudizio di appello, nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da COVID-19, l’istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore, depositata entro il termine di quindici giorni liberi prima dell’udienza, implica la richiesta di trattazione
orale, cosicché l’omessa valutazione del dedotto impedimento a comparire integra una ipotesi di nullità assoluta per difetto di assistenza dell’imputato.
Deducendo però, in buona sostanza, tale principio di diritto dalla illogicità e dalla inutilità di una richiesta di rinvio per impedimento di un’udienza a cui non si era chiesto di partecipare, rendendo pertanto privo di rilievo il lamentato impedimento.
Di contro, invece, pur avendo presente tale precedente pronuncia, con la successiva sentenza Sez. 5, n. 37711 del 23/05/2023, COGNOME, Rv. 285170, questa Corte ha affermato che, in tema di disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, la richiesta di trattazione orale formulata dal difensore dell’imputato non può ritenersi implicitamente contenuta nell’istanza di legittimo impedimento del difensore pur se presentata nei quindi giorni liberi antecedenti l’udienza.
Tale principio di diritto è stato formulato muovendo dalla ineludibile interpretazione della norma di riferimento, l’art. 23 bis, co. 4, della legge 176/2020 (ex art. 23 d.l. n. 149/2020) che statuisce come la richiesta di trattazione orale debba essere specifica e debba essere formulata per iscritto (nel termine fissato) tanto che la stessa deve anche essere trasmessa alla cancelleria della Corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito previsti dalla normativa secondaria.
Dettando così una serie di formalità che non possono essere eluse ritenendola che la richiesta sia implicitamente contenuta in altro atto.
Del resto, solo con la specifica richiesta di trattazione del gravame in presenza, comunicata nei termini previsti, si consente all’ufficio del giudice dell’impugnazione di predisporre l’udienza in presenza (con i relativi adempimenti). Né la cancelleria del giudice dell’impugnazione, o il giudice stesso, possono essere gravati dell’onere di rinvenire in altri atti, di diverso contenuto, richieste implicite di trattazione del gravame in presenza.
Il Collegio pertanto aderisce a tale secondo orientamento, non ritenendo di rimettere la questione alle Sezioni unite non apparendo dotata la prima pronuncia di uno specifico apparato argomentativo sul punto.
Il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili perché interamente versati in fatto così da non tenere conto dei limiti del sindacato di legittimità che deve limitarsi a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza che sia possibile procedere alla riconsiderazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, non potendo integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, COGNOME, Rv. 207944; ed ancora: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 06/02/2004, COGNOME, Rv. 229369).
In particolare, scevra da manifesti vizi logici è la motivazione della Corte di merito laddove aveva dato conto del fatto che l’imputato era stato riconosciuto, con grado di certezza, dalla persona offesa come l’autore del furto consumato a suo danno (diversamente da quanto era avvenuto nell’altro processo in cui l’imputato era stato, di conseguenza, assolto) e che lo stesso imputato aveva rinunciato ad ulteriori approfondimenti istruttori sul punto optando per il rito abbreviato.
Né si era tratta prova alcuna da tale ulteriore processo posto che il riconoscimento della persona offesa e la sua attendibile ricostruzione dell’accaduto erano elementi sufficienti per pervenire alla decisione di condanna.
Da ultimo privo di vizi logici era anche il prescelto trattamento sanzionatorio avendo, la Corte d’appello, tenuto corretto ed adeguato conto delle precedenti condanne, anche per fatti rivelatori della medesima indole, patite dal prevenuto e della gravità dell’addebito che ne dimostrava la particolare professionalità dell’agire.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma il 11 giugno 2024.