Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1845 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1845 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Marocco il 28 maggio 1992;
avverso la sentenza del 20 maggio 2024 della Corte d’appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Roma, confermando la condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 490 (in relazione agli artt. 477 e 482) cod. pen. perché, in ipotesi accusatoria, avrebbe occultato la targa del furgone Citroen Jumper con stracci e pezzi di plastica.
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato, si compone di un unico motivo d’impugnazione, formulato sotto il profilo dell’inosservanza di norma
processuale (in relazione agli artt. 178, 420-ter e 601 cod. proc. pen.), a mezzo del quale censura il rigetto, da parte della Corte territoriale, dell’istanza di rinvi per legittimo impedimento dell’imputato.
La difesa deduce, a sostegno della prospettazione offerta, da un canto, che il novellato disposto dell’art. 601 cod. proc. pen. impone l’esplicita indicazione, nel decreto di citazione a giudizio, delle modalità di trattazione (pubblica udienza o camera di consiglio), modalità concretamente indicate nelle forme della pubblica udienza e che avrebbero dovuto contenere anche l’esplicita indicazione delle facoltà riconosciute alla parte privata; dall’altro, che, comunque, la tempestiva comunicazione del legittimo impedimento doveva intendersi quale inequivoca manifestazione della volontà dell’imputato di partecipare al processo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che l’art. 23-bis d.l. 137/2020 (applicabile, ai sensi dell’art. 94, comma 2, d. Igs. n. 150 del 2022) dispone la celebrazione delle udienze in camera di consiglio, senza la partecipazione del pubblico ministero e dei difensori (salvo diversa richiesta delle parti), stabilendo, conseguentemente, le regole per la discussione finale.
Come questa Corte ha già avuto modo di osservare (Sez. 2, n. 45188 del 14/10/2021, Rv. 282438), la normativa, stante la sua transitorietà connessa alla situazione pandemica, non contiene alcun riferimento alle modalità della vocatio in iudicium che continua ad essere regolata dall’art. 601, comma 3, del codice di procedura penale. Ed è a tale norma che occorre far riferimento al fine di individuare i requisiti del decreto di citazione per il giudizio d’appello: quel di cui all’art. 429, comma 1 lett. a) (generalità dell’imputato), f) (l’indicazione de giorno, del luogo e dell’ora della comparizione) e g) (la data e la sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario che l’assiste) nonché l’indicazione del giudice competente. Ed è lo stesso articolo che, al comma sesto, limita la nullità dell’atto alle ipotesi in cui l’imputato non sia identificato in modo certo ovvero manchi o sia insufficiente uno dei requisiti previsti dall’art. 429, comma 1 lett. f), cod. proc. pen. ovvero giorno, luogo ed ora della comparizione (in tal senso, Sez. 4, n. 27494 del 14/02/2017, Rv. 270706; n. 5017 del 19/12/2018, dep. 2019, Rv. 275116; Sez. 2, n. 36097 del 14/5/2014, Rv, 260354).
In applicazione del principio di tassatività delle nullità, quindi, l’omessa informativa in ordine alle diverse modalità di trattazione non costituisce causa di nullità dell’avviso di fissazione notificato alle parti. Tanto più che “non può farsi carico al Presidente della Corte d’Appello del non previsto onere di informare
l’appellante circa la vigenza di una legge processuale, i cui contenuti e prerogative rientrano nelle competenze proprie della difesa tecnica, cui è espressamente rimesso l’atto di impulso tendente all’instaurazione del contraddittorio orale” (Sez. 2, n. 45188 del 14/10/2021, Rv. 282438, in motivazione).
D’altronde, le modalità di trattazione indicate nel decreto di citazione (pubblica udienza) sono, in sé, indicative solo del rito da seguire (udienza pubblica o camera di consiglio), non anche della partecipazione (o meno) delle parti alla trattazione del procedimento (ben potendo anche il rito camerale essere “partecipato”). E, in ogni caso, dall’esame degli atti processuali (ai quali questa Corte può accedere in ragione della natura del vizio lamentato) emerge la notifica al difensore delle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, effettuata a mezzo pec il 13 maggio 2024, circostanza dalla quale la difesa ben poteva evincere le effettive modalità di trattazione del processo.
3. Ebbene, essendosi il giudizio celebrato con contraddittorio cartolare (per l’assenza di tempestiva richiesta di trattazione orale), non può trovare applicazione la previsione contenuta nell’art. 420-ter cod. proc. pen., in tema di legittimo impedimento a comparire del difensore dell’imputato, non essendo prevista la sua comparizione personale (Sez. 3, n. 32864 del 15/07/2022, C., Rv. 283415, massima riferita al giudizio di cassazione, ma espressiva di un principio valido anche per il giudizio d’appello; Sez. 5, n. 44646 del 14/10/2021, Rv. 282172).
Né, contrariamente a quanto ritenuto in un isolato pronunciamento di questa Corte (Sez. 4, n. 1414 del 15/12/2022, dep. 2023, Rv. 284087), la prospettazione di un legittimo impedimento dell’imputato può essere ragionevolmente inteso quale istanza (tacita) di trattazione scritta, stante l’impossibilità di dedurre univocamente, da tale istanza, una manifestazione di volontà logicamente incompatibile con la trattazione del giudizio nelle forme del rito cartolare. E ciò tanto più alla luce della stessa deduzione difensiva che, nella prospettazione offerta, presuppone, appunto, l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 420-te cod. proc. pen. (quanto al legittimo impedimento dell’imputato) anche al rito cartolare.
D’altronde, in ultimo, art. 23-bis, comma 4, della legge n. 176 del 2020 (ex art. 23 d.l. n. 149 del 2020) è chiara nello statuire che “la richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza ed è trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2”. E l’esplicito tenore letterale, indicativo delle forme, dei tempi e delle modalità di comunicazione, esclude la possibilità che vi
possa essere una richiesta di trattazione orale implicitamente contenuta in altro atto; tanto meno nell’istanza di rinvio per le g ittimo impedimento del difensore.
Il ricorso, pertanto, deve, essere ri g ettato e il ricorrente condannato al pa g amento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rig etta il ricorso e condanna il ricorrente al pa gamento delle spese processuali.
Così deciso il 13 dicembre 2024
I re estensore Il
COGNOME Il Presidente