Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12998 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12998 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti, con unico atto, da
1.COGNOME NOME, nato a Rivoli il DATA_NASCITA
e da
2.NOME, nato a Rivoli il DATA_NASCITA
entrambi rappresentati ed assistiti dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso la sentenza in data 05/06/2023 della Corte di appello di Torino, terza sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degl artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 1.62, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del dl. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni della parte civile RAGIONE_SOCIALE, costituita nei confronti del s COGNOME NOME, che ha chiesto la conferma della sentenza impugnata, con condanna di entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali sostenute nel presente grado di giudizio;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. nnodif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 05/06/2023, la Corte di appello di Torino confermava la pronuncia di primo grado con la quale il Tribunale di Torino, in data 01/07/2021, aveva condannato NOME COGNOME ed NOME COGNOME rispettivamente alle seguenti pene: anni tre, mesi due, giorni quindici di reclusione ed euro 3.875,00 di multa (il primo, in relazione ai capi H, I, L, M, N ed O) e ad anni tre d reclusione ed euro 3.750,00 di multa (il secondo, in relazione ai capi H, L ed M).
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, è stato proposto, con unico atto, ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al rigetto, pronunciato all’udienza del 05/06/2023, dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento, in ragione di concomitante e documentato impegno professionale, formulata dalla difesa dei ricorrenti, tramite Vinvio di posta elettronica certifica in data 01/06/2023 ore 14.03: provvedimento censurabile perché si limita a riconoscere “il rilievo” del presente procedimento e ad affermare che in ogni caso “l’impegno sopravvenuto non è stato tempestivamente comunicato” alla Corte. Di contro, la difesa: aveva esplicitato le ragioni che l’avevano indotta a ritenere prevalente la partecipazione all’altro processo (interrogatorio di garanzia in Sanremo); nel presente procedimento non vi era altro difensore; esistevano ragioni, manifestate, che impedivano alla difesa di farsi sostituire nel procedimento ritenuto prevalente.
Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta ricorrenza dell’elemento psicologico dei reati contestati. I giudici di appell reiterano l’errore commesso da quelli di primo grado nella parte in cui hanno ritenuto sussistente il requisito soggettivo in forza di una mera deduzione dello stesso dall’elemento oggettivo e sulla semplice oggettiva ricostruzione dei fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Manifestamente infondato è il primo motivo.
La difesa impugna l’ordinanza emessa all’udienza del 05/06/2023 con cui la Corte territoriale ha respinto l’istanza di rinvio formulata dal legale degli imputa per concomitante impegno professionale dello stesso, sostenendone l’erroneità in diritto e sotto il profilo motivazionale per non essersi la Corte territoria confrontata con le ragioni alla base dell’istanza.
Il concomitante impegno professionale posto a sostegno dell’istanza difensiva concerne la partecipazione ad un interrogatorio di garanzia, ex art. 415bis cod. proc. pen. presso la sede di Sanremo, impegno sorto in data successiva rispetto al decreto di fissazione dell’udienza di discussione nel presente procedimento.
2.1. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., a condizione che il difensore: a) prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato; d) rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio (Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Torchio, Rv. 262912).
2.1.1. Si è anche precisato che l’obbligo di comunicare prontamente, ex art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., il legittimo impedimento a comparire per concorrente impegno professionale, si intende puntualmente adempiuto dal difensore quando questi, non appena ricevuta la notificazione della fissazione dell’udienza nella quale intenda far valere il legittimo impedimento, verifichi la sussistenza di un precedente impegno professionale davanti a diversa autorità giudiziaria cui deve accordare prevalenza. Ne consegue che, la tempestività della comunicazione predetta, va determinata con riferimento al momento in cui il difensore ha conoscenza dell’impedimento.
2.1.2. Fermo quanto precede, la medesima giurisprudenza ha riconosciuto la non assolutezza del criterio della precedenza cronologica dell’impegno professionale ai fini della valutazione giudiziale della legittimità dell’impedimento
alla base dell’istanza del rinvio, affermando che “la decisione sull’istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, che adduca un concomitante impegno professionale, richiede un bilanciamento tra l’interesse difensivo e quello pubblico all’immediata trattazione del processo, per cui, ancorché la priorità temporale costituisca un parametro di valutazione, anche un impegno assunto successivamente può essere considerato prevalente rispetto ad altro preesistente” (Sez. 5, n. 49454 del 13/11/2019, COGNOME, Rv. 277744).
Se ne deduce che, sul giudice investito di una istanza di rinvio dell’udienza, grava l’obbligo di valutare se le esigenze addotte dal difensore con riferimento ad un impegno professionale sopraggiunto possano ritenersi, in concreto, di maggiore importanza.
2.2. In conformità a tali principi, deve ritenersi legittimo il rige dell’istanza da parte della Corte territoriale per mancata integrazione, anzitutto, del requisito sub a), poiché, come si evince dalla lettura dell’ordinanza di rigetto, la richiesta di rinvio dell’udienza di discussione in appello risulta pervenuta in data 01/06/2023, e, pertanto, in data sensibilmente differita rispetto alla conoscenza della concomitanza degli impegni professionali, avvenuta in data 13/05/2023, mediante la notificazione dell’invito per la presentazione della persona sottoposta alle indagini, con la conseguenza che, correttamente, la Corte non ha ritenuto adempiuto l’onere di diligenza richiesto, per difetto della pronta e celere documentazione in ordine alla contemporaneità dei due procedimenti.
Quanto al requisito sub d), il difensore, al di là dell’irrilevante, per le ragioni che si diranno, volontà contraria dei propri assistiti, nulla ha allegato in termi concreti in ordine alla impossibilità da parte sua di reperire un sostituto, né per l’udienza di discussione in appello, né per l’interrogatorio di garanzia fissato per i diverso procedimento in Sanremo.
2.3. Né può ritenersi circostanza ostativa alla designazione di un sostituto, come invece sembrerebbe sostenere il difensore nell’istanza di differimento, la mancata autorizzazione da parte degli imputati.
Invero, questa Suprema Corte ha ripetutamente escluso che l’impossibilità di nominare un sostituto potesse desumersi dalla deduzione del difensore secondo cui l’assistito intendeva avvalersi della sua opera professionale, e non di quella di sostituti (v., tra le altre, Sez. 5, n. 48912 del 28/09/2016, COGNOME, Rv. 268166 Sez. 6, n. 20130 del 04/03/2015, COGNOME, Rv. 263395), ciò perché le scelte professionali del difensore, tra cui rientra anche la nomina un sostituto di udienza, sono espressione della sua discrezionalità tecnica e non possono, quindi, essere sindacate dal soggetto difeso il quale può esclusivamente, ove sussista un’insanabile divergenza in ordine alle modalità di espletamento del mandato
professionale, revocare il mandato e sostituire il mandatario con altro difensore (Sez. 3, n. 31377 del 08/03/2018, P D C, Rv. 273808).
2.4. Tutto ciò considerato, ritiene il Collegio come, nella fattispecie, i giudice di appello, al di là della valutazione di intempestività dell’istanza, abbia, i ogni caso, correttamente proceduto alla valutazione delle contrapposte esigenze (quella difensiva di differimento e quella pubblica di immediata celebrazione del procedimento nella data fissata), pervenendo a ritenere recessivo, rispetto alla celebrazione del processo a carico degli odierni imputati, l’impedimento addotto dal difensore concernente l’interrogatorio di un indagato, convocato presso la polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero, non soltanto perché quest’ultimo cronologicamente successivo, ma anche in ragione della gravità dei fatti giudicabili nel giudizio in corso avanti a sè nei confronti di due imputati.
2.5. Va rilevato infine che, concordemente alle valutazioni della Procura generale, giammai l’eventuale illegittimità del diniego del rinvio avrebbe potuto dar luogo ad una nullità – peraltro neppure denunciata dalla difesa – idonea a travolgere la sentenza: invero, da un lato, emerge per tabulas che gli imputati non sono rimasti privi di assistenza, attesa la presenza di altro difensore per delega orale del difensore di fiducia; inoltre, non risulta dedotta in maniera più specifica quale sia stata la lesione potenzialmente rilevante nell’attività defensionale a tutela degli imputati, prodottasi in conseguenza dell’omesso rinvio, nonostante la presenza di un sostituto investito del ruolo defensionale dal titolare.
Il secondo motivo, con il quale il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo, è aspecifico, in quanto, a fronte di una motivazione congrua, logica, e del tutto esente da vizi logico-giuridici, omette di rappresentare reali ragioni di pertinente critica della sentenza impugnata, limitandosi a contestare genericamente la ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo.
La Corte territoriale ha dato conto del cospicuo numero di operazioni illecite emerse e della modalità dei fatti cui gli imputati hanno incontestatannente contribuito, ritenendo, con motivazione analitica e specifica in relazione ad ogni episodio contestato, l’integrazione dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione – che, conformemente ai consolidati principi di diritto elaborati da questa Suprema Corte, può essere desunto da qualsiasi elemento, anche indiretto (cfr. Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016) – sulla base della incompatibilità della ricostruzione dei fatti con l’asserita buona fede degli imputati.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro tremila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dai ricorsi, in favore della Cassa delle ammende. Viene, infine, rigettata la richiesta di liquidazione delle spese formulata dalla parte RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, per genericità della stessa, avendo quest’ultima, costituita solo nei confronti dell’imputato NOME COGNOME, inammissibilmente concluso nel merito nei confronti di entrambi gli imputati, nei confronti dei quali è stata chiesta, indistintamente, la condanna al pagamento delle spese processuali (cfr., Sez. 2, n. 6015 del 12/12/2023, dep. 2024, Avino, non mass.).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese processuali formulata dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t.
Così deciso in Roma il 01/03/2024.