Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21968 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21968 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Caserta il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte di Appello di Ancona del 1.5.9.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME:ca; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Ancona ha confermato la sentenza con cui, 1’11.10.2021, il Tribunale di Ascoli Piceno aveva riconosciuto NOME COGNOME
responsabile del delitto di ricettazione a lui ascritto sicché, avendo ricondotto il fatto nella ipotesi delittuosa di cui al comma quarto dell’art. 648 cod. pen. e sussistente la attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., lo aveva condannato alla pena di mesi 1 di reclusione ed euro 100 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;
ricorre per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore che deduce:
2.1 violazione di legge processuale in relazione agli artt. 178, lett. c), 179, 185, 420-bis e 420-ter cod. proc. pen.: rileva che il processo d’appello era stato trattato “in presenza” e che il difensore, in data 12.9.2023, aveva inviato a mezzo PEC una memoria con cui aveva sollecitato la sostituzione della pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità, rappresentando che l’imputato stava ancora scontando una pena detentiva per altra causa con termine al 22.5.2024; segnala che la Corte territoriale, pur avendo tenuto conto della memoria, aveva tuttavia considerato l’imputato “assente” benché legittimamente impedito a comparire poiché lo stato detentivo del COGNOME era stato portato a conoscenza dei giudici non potendo perciò rilevare l’assenza di una formale eccezione o richiesta di differimento da parte del difensore ovvero una espressa richiesta dell’imputato di presenziare in aula;
2.2 violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo agli artt. 53, 56. 58 e 59 della legge 689 del 1981, 1, 2 e 20-bis cod. pen., ed omessa motivazione sul punto: richiama la motivazione con cui la Corte ha respinto la richiesta di sostituzione della pena detentiva segnalando che l’istituto della libertà controllata era stato abrogato con il D. Lg.vo 150 del 2022 non tenendo c:onto, tuttavia, che il reato per cui si procede era stato commesso in data antecedente la sua entrata in vigore sicché la richiesta di sostituzione formulata dalla difesa era legittima; sottolinea che, in ogni caso, la sostituzione delle pene detentive brevi rientra nei poteri ufficiosi del giudice di merito che, perciò, deve tener conto della sollecitazione difensiva;
2.3 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 545-bis cod. pen., agli artt. 2 e 132 cod. pen., all’art. 53 della legge 689 del 1981 e 95 D. Lg.vo 150 del 2022: rileva che la Corte d’appello ha erroneamente omesso di applicare l’art. 545-bis cod. proc. pen. vigente al momento della decisione avvisando l’imputato della facoltà di applicare le pene sostitutive che, pur non accoglibile con riguardo al lavoro di pubblica utilità, ben avrebbe potuto essere accolta con riguardo ad altra pena sostitutiva, quali la semilibertà o la detenzione domiciliare i cui presupposti sono diversi ma tutti esistenti;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per il rigetto del ricorso: rileva la infondatezza del primo motivo richiamando la giurisprudenza di questa Corte in merito all’onere di pronta e tempestiva comunicazione del sopravvenuto stato detentivo dell’imputato che deve intervenire in tempo utile a consentirne la traduzione; quanto al secondo motivo, osserva che l’erroneità dell’affermazione dell’intervenuta abrogazione della libertà controllata non può avere alcun rilievo poiché la richiesta difensiva aveva avuto ad oggetto la applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità; osserva:4 1 che la Corte ha motivato in ordine al diniego opposto alla richiesta difensiva non soltanto con il mero riferimento ai precedenti giudiziari ma evocando diversi tra i criteri di cui all’ar 133 cod. pen. che governano il giudizio prognostico legato all’applicazione della pena sostitutiva;
la difesa dell’imputato ha trasmesso una memoria cori cui ha insistito, in particolare, sul primo motivo del ricorso ribadendo come nella stessa sentenza impugnata si sia dato atto della presentazione di una nota difensiva in cui si dava conto dello stato detentivo del COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, infondato.
1. Tale è il primo motivo con cui la difesa eccepisce la nullità della sentenza impugnata per essere stata resa in assenza dell’imputato del cui stato di detenzione la Corte d’appello sarebbe stata resa edotta con la memoria difensiva con cui era stata sollecitata la sostituzione della pena detentiva breve ma, nel contempo, segnalando che il ricorrente era ristretto in carcere, per altra causa, con termine finale al 22.4.2024.
Già in passato si era chiarito che la detenzione dell’imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata anche solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento (cfr., così, Sez. U, n. 37483 del 26/09/2006, Arena, Rv. 234600 – 01).
Tale principio è stato più recentemente ribadito anche con riferimento ad una condizione restrittiva non necessariamente inframuraria sostenendosi che la restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, documentata o, comunque, comunicata al giudice procedente, in qualunque tempo, integra un impedimento legittimo a comparire che impone il rinvio del procedimento ad una nuova udienza e la traduzione dell’imputato stesso (cfr., in tal senso, da ultimo, Sez. U – , n. 7635 del 30/09/2021, dep. 03/03/2022, COGNOME, Rv. 282806 01).
Nel caso di specie, la difesa, non contestando la ritualità e correttezza della notifica del decreto di citazione a giudizio ex art. 601 cod. proc. pen., assume di aver messo la Corte d’appello a conoscenza dello stato di detenzione dell’imputato avendone dato conto nella memoria con cui, come detto, era stata sollecitata la sostituzione della pena detentiva e, a tal fine, la fissazione dell’udienza di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen..
E, tuttavia, detta memoria non è stata rinvenuta nel fascicolo né la difesa ne ha allegato copia al ricorso impedendo così alla Corte di verificarne il contenuto e l’effettiva comunicazione, ai giudici del gravame di merito, della condizione di restrizione dell’appellante e, dunque, il suo impedimento assoluto a comparire all’udienza fissata per la trattazione dell’appello in forma “orale” a séguito di istanza tempestivamente inoltrata ed accolta.
È allora appena il caso di ribadire che, in tema di ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall’art. 7, comma 1, d. Igs. 6 febbraio 2018, n. 11, trova applicazione il principio di autosufficienza del ricorso, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. (cfr., così, tra le tante, Sez. 5 – , n. 5897 del 03/12/2020, dep. 15/02/2021, Cossu, Rv. 280419 – 01; Sez. 2 – , n. 35164 del 08/05/2019, dep. 31/07/2019, COGNOME, Rv. 276432 01, in cui la Corte ha spiegato che “… sebbene la materiale allegazione con la formazione di un separato fascicolo sia devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, resta in capo al ricorrente l’onere di indicare nel ricorso gli atti da inserire nel fascicolo, che ne consenta la pronta individuazione da parte della cancelleria, organo amministrativo al quale non può essere delegato il compito di identificazione degli atti attraverso la lettura e l’interpretazione d ricorso”; conf., ancora, Sez. 1 – , n. 48422 del 09/09/2019, Novella, Rv. 277796 – 01).
Di recente, inoltre, si è avuto modo di chiarire che “… l’omessa trasmissione degli atti da parte del giudice dell’impugnazione non impedisce che la Corte di cassazione sia messa in condizione di ricevere tempestivamente gli atti ritenuti utili ai fini dell’esplicitazione delle doglianze sollevate, dovendosi considerare, da un lato, che lo stesso art. 165-bis comma 2 disp. att. cod. proc. pen. lascia salva l’evenienza che copia degli atti specificamente indicati sia già contenuta negli atti trasmessi, dall’altro che il difensore, nelle more della celebrazione dell’udienza dinanzi alla Corte di cassazione, può tempestivamente verificare la completezza del fascicolo processuale e, in parte, l’avvenuta trasmissione da parte del giudice dell’impugnazione degli atti indicati specificamente in calce al ricorso” sicché “… pur nella vigenza dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen. e pur nella permanenza dei doveri incombenti sull’ufficio giudiziario, resta in capo al difensore un autonomo onere di diligenza sia nel provvedere sua sponte alle allegazioni ritenute necessarie, sia nel verificare che quanto richiesto al tempo della proposizione del ricorso sia stato realmente trasmesso al giudice di legittimità (cfr., Sez. 3 – , n. 32093 del 04/04/2023, Curti, Rv. 284901 – 01).
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso, che ben possono essere trattati congiuntamente, sono a loro volta infondati.
La Corte d’appello, infatti, a fronte della richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità, ne ha escluso la praticabilità alla luce della personalità dell’imputato, gravato da numerosi precedenti penali anche specifici e, pertanto, della impossibilità di formulare una prognosi positiva sul suo futuro comportamento ovvero, si deve intendere, sull’adempimento e l’osservanza delle prescrizioni legate alla misura adottanda.
Questa Corte ha d’altra parte anche recentemente ribadito che, anche all’esito della entrata in vigore della riforma del 2022, la richiesta di sostituzione della pena detentiva breve è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato (cfr., in tal senso, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558; Sez. 2, n. 25085 del 18/06/2010, COGNOME, Rv. 247853; Sez. 2, n. 5989 del 22/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239494), pur senza dover esaminare tutti i parametri contempati nella suddetta previsione, potendo la sua discrezionalità essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito, quali l’inefficacia della sanzione (cfr., così, da ultim Sez. 3 – , n. 9708 del 16/02/2024, Tornese, Rv. 286031 – 01).
Altrettanto pacifica è l’affermazione secondo cui la sospensione del processo dopo la lettura del dispositivo, al fine di acquisire informazioni utili a decidere sulla sostituzione della pena detentiva ed a scegliere quella sostitutiva più adeguata al caso, ai sensi dell’art. 545-bis, comma 2, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 31 D.Lg.vo 10 ottobre 2022, n. 150, presuppone una valutazione discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio, se adeguatamente motivato, non è sindacabile nel giudizio di legittimità, così come previsto per i criteri dettati dall’art. 133 cod. pen. ai fini della determinazione della pena. (cfr., in tal senso, e tra le altre ormai numerose, Sez. 6 – , n. 43263 del 13/09/2023, COGNOME, Rv. 285358 – 01: Sez. 2 – , n. 43848 del 29/09/2023, D., Rv. 285412 01: Sez. 1, n. 2090 del 12/12/2023, dep. 17/01/2024, S., Rv. 285710 – 01).
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 1’11.4.2024