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Legittimo impedimento: l’affidamento in prova lo è?

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’affidamento in prova con divieto di allontanamento non costituisce di per sé un legittimo impedimento a comparire in udienza. Se l’imputato è a conoscenza delle date del processo, è suo onere richiedere l’autorizzazione a spostarsi al Tribunale di Sorveglianza. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, distinguendo questa misura sostitutiva dalle misure coercitive come gli arresti domiciliari, per le quali è il giudice del processo a dover disporre la traduzione.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittimo impedimento: l’affidamento in prova giustifica l’assenza in aula?

L’essere sottoposti alla misura dell’affidamento in prova con divieto di allontanarsi dal proprio comune di residenza costituisce un legittimo impedimento a partecipare a un’udienza per un altro procedimento penale? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21960/2024, tracciando una linea netta tra le misure coercitive e quelle sostitutive della pena, e chiarendo gli oneri che gravano sull’imputato informato del processo.

Il caso: processo a Milano, imputato bloccato a Scalea

Un imputato veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 642 c.p. (fraudolento danneggiamento dei beni assicurati). L’uomo proponeva ricorso per cassazione lamentando una violazione fondamentale del suo diritto di difesa: non aveva potuto partecipare a diverse udienze dibattimentali perché si trovava in affidamento in prova, con l’obbligo di non lasciare il Comune di Scalea.

Secondo la sua difesa, questa condizione rappresentava un legittimo impedimento assoluto a comparire, che il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere, rinviando le udienze. Sosteneva, inoltre, di non aver potuto chiedere l’autorizzazione a spostarsi al Tribunale di Sorveglianza, in quanto non era venuto a conoscenza delle date delle udienze, notificate via PEC al suo difensore e non a lui personalmente.

L’onere di attivarsi per il legittimo impedimento

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno sottolineato un punto cruciale: l’imputato era perfettamente a conoscenza dell’esistenza e dell’andamento del procedimento. Aveva, infatti, partecipato alle prime udienze, anche in collegamento telematico, ed era stato quindi informato della data di rinvio a cui poi non si era presentato.

Di fronte a questa consapevolezza, secondo la Corte, era suo preciso onere attivarsi. Avrebbe dovuto presentare un’istanza al Tribunale di Sorveglianza, unico organo competente a modificare le prescrizioni dell’affidamento in prova, per ottenere l’autorizzazione a recarsi a Milano per l’udienza. Non avendolo fatto, la sua assenza non poteva essere considerata giustificata da un legittimo impedimento.

Differenza tra misure coercitive e misure sostitutive

La difesa dell’imputato ha tentato di equiparare la sua situazione a quella di chi si trova agli arresti domiciliari per un’altra causa. In questi casi, la giurisprudenza consolidata (incluse le Sezioni Unite) riconosce l’impedimento come legittimo e impone al giudice del processo di disporre la traduzione dell’imputato.

La Cassazione ha però spiegato perché questo paragone non regge. L’affidamento in prova è una misura sostitutiva della pena, non una misura coercitiva. Mentre nel caso degli arresti domiciliari l’imputato è “in vinculis” e sotto il controllo diretto dell’autorità giudiziaria del procedimento cautelare, nell’affidamento in prova l’interlocutore diretto per ogni modifica delle prescrizioni è il Tribunale di Sorveglianza, e l’iniziativa spetta all’interessato.

Il giudice del processo per il quale si deve comparire non ha il potere di autorizzare l’allontanamento, potere che spetta unicamente al Tribunale di Sorveglianza.

Le motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sulla base di una chiara distinzione di ruoli e responsabilità. L’imputato, una volta informato del processo, diventa parte attiva e non può rimanere inerte. La conoscenza delle udienze lo investe dell’onere di superare gli eventuali ostacoli alla sua partecipazione, specialmente quando questi derivano da una condizione (l’affidamento in prova) gestita da un’autorità giudiziaria specifica (il Tribunale di Sorveglianza). Invocare la mancata comunicazione personale delle date, quando si è già a conoscenza del procedimento e si è assistiti da un difensore, non è sufficiente a configurare una nullità. La Corte ha inoltre rilevato che l’eccezione di nullità era stata sollevata tardivamente.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: il diritto a partecipare al processo non è assoluto, ma va bilanciato con un dovere di diligenza da parte dell’imputato. Chi si trova in affidamento in prova e sa di dover affrontare un altro giudizio deve agire preventivamente, rivolgendosi al Tribunale di Sorveglianza per ottenere i permessi necessari. Attendere passivamente che sia il giudice del nuovo processo a risolvere la situazione non è una strategia valida e, come dimostra questo caso, porta a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

L’affidamento in prova con divieto di allontanarsi dal comune costituisce sempre un legittimo impedimento a comparire in udienza per un altro processo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non costituisce un legittimo impedimento se l’imputato era a conoscenza della data dell’udienza. In tal caso, è suo onere chiedere l’autorizzazione a spostarsi al Tribunale di Sorveglianza.

A chi spetta chiedere l’autorizzazione per allontanarsi dal domicilio in caso di affidamento in prova per poter partecipare a un’udienza?
Spetta all’imputato stesso. Egli è l’interlocutore diretto del Tribunale di Sorveglianza, l’unico organo competente a concedere tale autorizzazione, e deve attivarsi per richiederla.

Qual è la differenza tra un impedimento causato da una misura coercitiva (es. arresti domiciliari) e uno causato da una misura sostitutiva come l’affidamento in prova?
Nel caso di misura coercitiva (es. arresti domiciliari), l’impedimento è considerato legittimo e il giudice del processo deve disporre la traduzione dell’imputato. Nel caso di una misura sostitutiva come l’affidamento in prova, l’impedimento non è automatico: è l’imputato a dover chiedere l’autorizzazione a partecipare all’udienza al Tribunale di Sorveglianza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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