Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25607 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25607 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Avellino il 28/02/1977
avverso la sentenza del 16/10/2024 della Corte di appello di Palermo letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore, Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME ricorre per l’annullamento della sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza resa in data 3 maggio 2023 dal Tribunale di Agrigento, che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato di cui all’art. 391-ter cod. pen. e, ritenuta la recidiva contestata, con la riduzione per il rito, lo aveva condannato alla pena di un anno, un mese e dieci giorni di reclusione.
Il ricorso si articola in tre motivi.
1.1. Con il primo motivo si denuncia la mancanza di motivazione in ordine alla nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa, pregiudicato dal mancato accoglimento dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento ritualmente depositata dal difensore, impegnato presso altra autorità giudiziaria quale unico difensore di un imputato detenuto, non sussistendo ragioni di urgenza né rischi di prescrizione. Si sottolinea che non solo è stato nominato un difensore d’ufficio, in luogo del collaboratore di studio dell’istante pur presente in aula, ma neppure disposto un rinvio in ora pomeridiana per consentire al difensore di fiducia di discutere né l’imputato ha potuto interloquire o rendere dichiarazioni spontanee. Segnala che il 20 marzo 2023 il difensore non era stato nominato dall’imputato detenuto e solo il 29 aprile 2023 era stato possibile depositare l’istanza di rinvio per legittimo impedimento.
1.2. Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. in relazione alla valutazione delle prove, non essendovi prova della responsabilità del ricorrente quale utilizzatore dell’apparecchio telefonico e di interlocutore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che ben potevano aver interagito con altri detenuti.
1.3. Con il terzo motivo censura la motivazione resa in ordine alla recidiva e alla determinazione della pena, non avendo i giudici motivato sulla pericolosità dell’imputato, tenuto conto dei precedenti risalenti, dell’età né riconosciuto le attenuanti generiche nella massima estensione o in misura prevalente né determinato la pena nel minimo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
È indubbio che sul primo motivo manchi la risposta, nonostante nell’atto di appello si impugnasse l’ordinanza del 3 maggio 2023 di rigetto dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore, ma l’omissione è da ascrivere sia al fatto che l’eccezione era contenuta nella premessa dell’atto di impugnazione e non articolata come motivo specifico, sia alla manifesta infondatezza della stessa.
Dall’esame degli atti risulta che: l’istanza fu trasmessa in data 1 maggio per l’udienza del 3 maggio fissata per la decisione del giudizio abbreviato, ammesso alla precedente udienza del 29 marzo 2023; il difensore assisteva entrambi gli imputati detenuti in questo processo, ma chiedeva il rinvio per assistere un detenuto dinanzi al magistrato di sorveglianza di Catania per chiedere una misura alternativa alla detenzione; sosteneva di non potersi
avvalere di sostituti per la delicatezza dei procedimenti e documentava che l’udienza dinanzi al Tribunale di Sorveglianza era stata fissata il 22 marzo 2023; il Tribunale respingeva l’istanza, attribuendo rilievo alla precedente fissazione dell’impegno ritenuto prevalente, sottolineando che il difensore avrebbe potuto chiedere la fissazione di altra udienza per la discussione dell’abbreviato.
Da tali elementi si ricava che l’istanza era certamente tardiva, non idoneamente motivata né quanto alle ragioni dei tempi di presentazione dell’istanza in relazione alla nomina fiduciaria sopravvenuta né alle ragioni della prevalenza da accordare all’altro procedimento, anch’esso con imputato detenuto come quello in oggetto, e persino contraddittoria nella misura in cui è smentita l’impossibilità del difensore istante di avvalersi di un sostituto, presente in aula, al quale non sarebbe stato consentito di discutere, quindi, in grado di sostituirlo.
Ne deriva che l’omessa risposta sul punto trova giustificazione sia nella manifesta infondatezza della censura, sia nell’implicita adesione alla valutazione del primo giudice.
E’ noto che il motivo con cui si proponga in cassazione una doglianza riferita all’omessa motivazione in relazione ad un motivo d’appello, comunque, inammissibile, è geneticamente inammissibile; in particolare, è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014 – dep. 2015, COGNOME, Rv. 26315701).
Anche il secondo motivo è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, risolvendosi la censura nel contrapporre una mera ipotesi all’esito degli accertamenti svolti sul traffico telefonico, attestanti i numerosi contatti rilevati e intercorsi tra il ricorrente e le utenze intestate alle due donne risultate collegate al COGNOME, e non agli altri detenuti, asseritamente utilizzatori della stessa scheda, in base agli elementi oggettivi indicati in sentenza.
Analogamente inammissibile è l’ultimo motivo a fronte della esaustiva motivazione resa in ordine alla recidiva contestata per il rilievo attribuito ai numerosi precedenti del ricorrente, puntualmente elencati e ritenuti indicativi di una progressione criminosa, espressiva di perdurante pericolosità e continuità della capacità a delinquere, giustificativa di aggravio sanzionatorio.
Analoga completezza si riscontra per la motivazione resa in ordine al diniego delle attenuanti generiche, giustificato dal rilievo assorbente attribuito alle modalità del fatto e alla personalità negativa dell’imputato, che aveva
persino negato l’evidenza, nonché in ordine al trattamento sanzionatorio, non attestato sul minimo edittale in ragione del disvalore del fatto e della personalità
dell’imputato.
4. All’inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di
una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 9 maggio 2025
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