Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12236 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12236 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a GENOVA
avverso la sentenza in data 28/11/2023 della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
sentito l’AVV_NOTAIO, che ha illustrato i motivi di ricorso e ha insistito per il suo accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
NOME, per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 28/11/2023 della Corte di appello di Firenze, che ha confermato la sentenza in data 26/05/2022 del G.u.p. del Tribunale di Livorno, che lo aveva condannato per i reati di riciclaggio, falso e truffa.
Deduce:
Violazione di legge in relazione agli artt. 178 e 179 per l’omessa valutazione dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata dal difensore di fiducia.
Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente si duole della mancata considerazione dell’istanza di rinvio dell’udienza del 28/11/2023 per il legittimo
impedimento del difensore di fiducia, inviata a mezzo EMAIL, adeguatamente documentata e correttamente ricevuta dalla Cancelleria del giudice.
Da ciò deduce la nullità assoluta della sentenza impugnata.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 648-bis cod. pen.. Travisamento della prova/fatto.
A tale riguardo il ricorrente esamina gli elementi valorizzati per l’affermazione della responsabilità per il reato di riciclaggio, al fine di evidenziarne l’inidoneità probatoria.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla recidiva e al trattamento sanzionatorio.
Secondo il ricorrente il giudizio di prevalenza è stato escluso sulla base di una motivazione apodittica, in quanto genericamente riferita a un’abitualità delle condotte.
Evidenzia che la Corte di appello ha valutato due volte le medesime circostanze, costituite dalla gravità del reato e della capacità a delinquere e trascurato elementi che avrebbero potuto condurre a una diversa determinazione.
Aggiunge che la pena determinata dai giudici viola il principio di rieducazione.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione della recidiva.
In questo caso il ricorrente sostiene che la Corte di appello ha ritenuto la recidiva facendo leva soltanto sui precedenti penali, mentre avrebbe dovuto motivare circa l’esistenza di indici di maggiore pericolosità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso, relativo all’omessa pronuncia in ordine all’istanza di rinvio per legittimo impedimento è manifestamente infondato.
A tale riguardo va richiamato l’orientamento di legittimità secondo il quale l’omessa considerazione dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata dal difensore per concomitanti impegni professionali provoca una nullità soltanto nel caso in cui detta istanza sia stata avanzata tempestivamente (in questo senso, cfr. Sez. 3, Sentenza n. 37859 del 18/06/2015, COGNOME, Rv. 265162 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 535 del 24/10/2016 Ud., dep. il 2017, Asmarandei, Rv. 268943 – 01).
Nel caso in esame l’intempestività emerge dalla stessa istanza di rinvio, pervenuta nella Cancelleria del Giudice, alle ore 20,18 del giorno precedente all’udienza di cui si chiedeva un rinvio; a ciò si aggiunga che l’istanza veniva avanzata in relazione a un contemporaneo impegno che deve ritenersi già noto al difensore, trattandosi di udienza fissata con previa notifica del decreto di citazione
ovvero per rinvio da precedente udienza. In entrambi i casi il difensore avrebbe dovuto comunicare l’impedimento dal momento in cui ha avuto contezza del contemporaneo impegno.
Va ribadito, infatti, che «L’obbligo di comunicare prontamente, ex art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. pen., il legittimo impedimento a comparire, per concorrente impegno professionale, si intende puntualmente adempiuto dal difensore quando questi, non appena ricevuta la notificazione della fissazione dell’udienza nella quale intenda far valere il legittimo impedimento, verifichi la sussistenza di un precedente impegno professionale davanti a diversa autorità giudiziaria cui deve accordare prevalenza. Ne consegue che la tempestività della comunicazione predetta va determinata con riferimento al momento in cui il difensore ha conoscenza dell’impedimento. (Nella specie l’istanza di rinvio a mezzo fax era stata inviata il 31 maggio 2013, pertanto sei giorni prima dell’udienza fissata per il successivo 7 giugno, mentre il difensore aveva avuto conoscenza della stessa un mese prima; la RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di appello che aveva rigettato l’istanza di differimento dell’udienza per legittimo impedimento del difensore perché tardivamente dedotto)», (Sez. 5, Sentenza n. 27174 del 22/04/2014, Sicolo, Rv. 260579 – 01).
A fronte di tali condizioni, va ulteriormente rimarcato che «in tema di legittimo impedimento a comparire, sussiste a carico dell’imputato, per ragioni di lealtà processuale e in funzione dell’osservanza dei tempi del giusto processo, l’onere di tempestiva comunicazione della sua concomitante citazione per altro processo dinanzi a diversa autorità giudiziaria», (Sez. 2 – , Sentenza n. 27875 del 02/03/2023, COGNOME, Rv. 284897 – 01).
I restanti motivi di ricorso sono meramente reiterativi delle doglianze di merito sviluppate con l’atto di appello e disattese dalla Corte territoriale con motivazione puntuale e adeguata.
2.1. La Corte di appello, invero: ha illustrato per quali ragioni il “NOME” che consegnava l’autovettura a NOME si identificasse nell’odierno ricorrente; ha altresì sottolineato come questi avesse avuto nella sua disponibilità la targa TARGA_VEICOLO apposta sull’autovettura riciclata, per avere in passato noleggiato un’autovettura con quella targa e da lui mai restituita. Da questi e ulteriori elementi -in uno con la disponibilità dell’autovettura riciclata- la Corte di appello ha ritenuto che fosse stato COGNOME ad apporre la targa nella sua disponibilità sull’autovettura provento di furto; b) con tale argomentazione ha altresì escluso la possibilità di configurare il reato di ricettazione, osservando -in risposta all’identica deduzione esposta nell’atto di appello e ribadita in sede di discussione davanti a questa Cortecome fosse ininfluente che l’autovettura consegnata alla COGNOME (sulla quale era stata apposta la targa della diversa autovettura che era stata in precedenza noleggiata e
non restituita da COGNOME) fosse stata noleggiata a un soggetto diverso dall’odierno imputato, tale COGNOME: «tale elemento -scrivono i magistrati dell’appello- non è dimostrativo di alcunchè, risultando provata l’avvenuta restituzione della targa ad opera del COGNOME, e, con ciò, la sua condotta falsificatoria avente ad oggetto il veicolo in questione, finalizzata ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di tale bene, così da metterlo in vendita presso la concessionaria».
La Corte di appello -inoltre- ha diffusamente esposto le ragioni per cui era da ritenersi correttamente ritenuta la recidiva (in ragione della abitualità di condotte fraudolente, sintomatiche di un’accentuata pericolosità) e ha spiegato perché non era possibile riconoscere le circostanze attenuanti generiche, sottolineando -a tale ultimo proposito- come la difesa non avesse fornito elementi di valutazione a tal fine utili.
Argomentazioni tutte non considerate dal ricorrente che, di fatto, non si confronta con esse.
2.2. Facendo leva su tale ultimo rilievo, va rimarcato come la mancanza di specificità del motivo debba essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Rv. 268823; Sez. 2, Sentenza n. 11951 del 29/01/2014 Rv. 259425, Lavorato; Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, COGNOME, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, COGNOME, Rv. 237596).
2.3. A ciò si aggiunga che tutte le argomentazioni sviluppate nel ricorso si risolvono in un’analisi delle risultanze probatorie alternativa a quella operata dai giudici di merito nella doppia sentenza conforme, senza che -di fatto- siano dedotte censure accessibili al giudizio di legittimità.
Da ciò discende l’ulteriore causa di inammissibilità del ricorso, dovendosi ribadire che, sono inammissibili tutte le doglianze che -come nel caso in esame”attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2 – , Sentenza n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 01; Sez. 2, Sentenza n. 5730 del 20/09/2019 ud-, dep. 13/02/2020, COGNOME e altro, non massimata; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965).
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 23/02/2024