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Legittimo impedimento COVID: non assoluto per processo

La Cassazione ha respinto il ricorso di un’imputata condannata per furto. Il divieto di spostamento tra regioni non è stato ritenuto un legittimo impedimento COVID assoluto, poiché i viaggi per partecipare a processi erano permessi. La Corte ha quindi confermato la condanna, rigettando anche le eccezioni sulla querela e sul concorso di persone nel reato.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Legittimo impedimento COVID: perché il divieto di spostamento non basta a giustificare l’assenza in aula

Con la sentenza n. 20118/2024, la Corte di Cassazione torna su un tema di grande attualità processuale: il legittimo impedimento COVID e i suoi limiti. La Corte ha stabilito che il divieto di spostamento tra regioni, imposto durante la fase acuta della pandemia, non costituiva un impedimento ‘assoluto’ a partecipare a un processo penale, poiché gli spostamenti per motivi di giustizia erano sempre consentiti. Questa decisione chiarisce la portata del diritto di difesa e i doveri dell’imputato.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda una donna, condannata in primo e secondo grado per concorso in furto con destrezza, commesso in una gioielleria nel maggio 2018. L’imputata, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando diverse violazioni di legge e vizi di motivazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorso si fondava su tre principali argomenti:
1. Nullità della sentenza di primo grado: La difesa sosteneva che il tribunale avesse illegittimamente respinto la richiesta di rinvio di un’udienza tenutasi il 22 maggio 2020. L’imputata si trovava in una regione diversa da quella del processo e invocava come legittimo impedimento il divieto di spostamento interregionale in vigore per la pandemia da SARS COVID-19.
2. Improcedibilità dell’azione penale: Si eccepiva la mancanza di una valida querela e, in subordine, la sua remissione tacita, data la mancata costituzione di parte civile della persona offesa.
3. Violazione di legge e vizio di motivazione: La difesa contestava la ricostruzione dei fatti che portava a ritenere l’imputata concorrente nel reato, suggerendo una spiegazione alternativa e plausibile per la sua presenza sul luogo del fatto, non provata ‘oltre ogni ragionevole dubbio’.

Il Legittimo Impedimento COVID secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettando tutte le censure. La motivazione più rilevante riguarda il concetto di legittimo impedimento COVID. I giudici hanno chiarito che, per giustificare un rinvio, l’impedimento a comparire deve possedere i caratteri dell’assolutezza, ovvero deve essere effettivo, legittimo e non dominabile dalla volontà dell’imputato.
Nel caso specifico, le ordinanze regionali che limitavano gli spostamenti prevedevano deroghe per ‘assoluta urgenza’, categoria nella quale rientrava a pieno titolo la partecipazione a un processo penale. L’imputata era stata autorizzata dal giudice a spostarsi per presenziare alle udienze. Di conseguenza, la sua mancata comparizione non è stata considerata il risultato di un impedimento insuperabile, ma di una libera e volontaria scelta. Pertanto, il diniego del rinvio è stato giudicato corretto.

La Validità della Querela e l’Esclusione della Remissione Tacita

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha verificato che agli atti esisteva un ‘Verbale di ricezione di denuncia-querela orale’ contenente un’espressa richiesta di punizione, elemento sufficiente a integrare un valido impulso processuale, anche se all’epoca i responsabili non erano stati identificati.
Inoltre, riguardo alla remissione tacita, i giudici hanno precisato che, secondo la nuova normativa (d.lgs. 150/2022), la mancata comparizione del querelante citato come testimone integra remissione solo se nell’atto di citazione è presente uno specifico avvertimento. In ogni caso, il giudice è tenuto a verificare l’effettiva volontà del querelante di rimettere la querela, aspetto che il ricorso non aveva approfondito.

Il Principio dell’Oltre Ogni Ragionevole Dubbio

Infine, la Cassazione ha ritenuto il terzo motivo inammissibile per genericità. Ha ribadito che il dubbio idoneo a far vacillare un’ipotesi accusatoria deve essere ‘ragionevole’, cioè basato su elementi concreti e non su mere congetture. L’ipotesi alternativa proposta dalla difesa (che l’imputata si trovasse lì per commettere un altro tipo di reato) è stata giudicata puramente ipotetica e esplorativa, incapace di scalfire la solida ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati. Primo, il diritto dell’imputato a partecipare al processo non può essere esercitato in modo da paralizzare l’attività giudiziaria. L’impedimento deve essere ‘assoluto’, cioè non superabile. Le deroghe ai divieti di spostamento per motivi di giustizia durante la pandemia rendevano l’impedimento non assoluto, trasformando l’assenza in una scelta volontaria.
Secondo, la validità della querela dipende dalla manifestazione inequivocabile della volontà di punire l’autore del reato, non dalla sua precisa identificazione iniziale. Terzo, il principio ‘oltre ogni ragionevole dubbio’ non significa che qualsiasi ipotesi alternativa, per quanto fantasiosa, possa invalidare una condanna. L’ipotesi alternativa deve essere logica, plausibile e ancorata a dati processuali, non meramente congetturale.

Le Conclusioni

La sentenza n. 20118/2024 offre un importante chiarimento sul bilanciamento tra il diritto alla salute e il diritto di difesa nel contesto emergenziale della pandemia. Stabilisce che la partecipazione al processo è un interesse di rango costituzionale che rientrava tra le cause di ‘assoluta urgenza’ che giustificavano gli spostamenti. L’imputato che sceglie di non avvalersi di tale possibilità non può successivamente invocare un legittimo impedimento. La decisione rafforza inoltre i criteri per la valutazione della validità della querela e per l’applicazione del canone di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, confermando che le argomentazioni difensive devono basarsi su elementi concreti e non su mere speculazioni.

Il divieto di spostamento tra regioni durante la pandemia COVID-19 costituiva un legittimo impedimento a partecipare a un processo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non era un impedimento ‘assoluto’, perché le normative emergenziali permettevano gli spostamenti per ragioni di ‘assoluta urgenza’, tra cui rientrava la partecipazione ai processi giudiziari. L’assenza dell’imputato è stata quindi considerata una scelta volontaria.

Una querela è valida anche se il nome del colpevole è sconosciuto al momento della presentazione?
Sì. È sufficiente che l’atto contenga la chiara e inequivocabile manifestazione di volontà della persona offesa di perseguire penalmente l’autore del reato, anche se al momento della querela questi non è stato ancora identificato.

La mancata comparizione in aula della persona offesa comporta automaticamente il ritiro della querela?
No. Secondo la normativa più recente, la mancata comparizione del querelante (citato come testimone) può integrare una ‘remissione tacita’ solo se l’atto di citazione conteneva un apposito avvertimento sulle conseguenze dell’assenza. Inoltre, il giudice deve sempre verificare l’effettiva volontà del querelante di non voler più proseguire con l’azione penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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