Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35806 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35806 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 23/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX, avverso la sentenza del 13/11/2024 della Corte di appello di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. AVV_NOTAIO
COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito per le parti civili XXXXXXXXXXXXXX e XXXXXXXXXXXXXXXX l’AVV_NOTAIO, del foro di Viggiano, che ha concluso chiedendo la conferma della sentenza impugnata e la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 novembre 2024 la Corte d’appello di Potenza ha confermato la sentenza del Tribunale di Potenza del 3 luglio 2020, con la quale XXXXXXXXXXXXXXXXXXX previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, equivalenti alla contestata aggravante, era stato condannato alla pena di sei anni di reclusione e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, in relazione al delitto di violenza sessuale continuata commessa nei confronti di una minore di dieci anni.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., violazione degli artt. 178, comma 1, lett. c), e 179 cod. proc. pen., ovvero la violazione del diritto dell’imputato alla rappresentanza e assistenza del difensore di fiducia.
La difesa ha lamentato che la Corte di appello ha ritenuto non accoglibile una istanza di legittimo impedimento del difensore per concomitante impegno professionale con ordinanza, impugnata contestualmente alla sentenza, sebbene l’istanza di rinvio avesse rappresentato le ragioni che rendevano necessaria la presenza del difensore nell’altro processo (riguardante imputato detenuto e proveniente da plurimi impedimenti del difensore, con calendarizzazione della discussione finale), nonchØ l’impossibilità di nominare un sostituto processuale nei vari procedimenti penali.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’omessa rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, disponendo perizia medico-legale diretta ad accertare la capacità di testimoniare della persona offesa.
La difesa ha dedotto che la persona offesa era affetta da deficit della rappresentazione iconica, disturbo dello sviluppo linguistico e disturbo secondario degli apprendimenti scolastici, con sviluppo cognitivo ai limiti inferiori della norma (con maggiori difficoltà nell’area verbale e, in particolare, a carico della memoria di lavoro e della velocità di elaborazione), con difficoltà nelle abilità visivo-grafiche, nella organizzazione morfosintattica e contenutistica, nel repertorio lessicale, nella determinazione uditiva e nella ripetizione di parole, sicchŁ non era pensabile che tale quadro clinico fosse compatibile con una piena capacità di testimoniare e con un conseguente scrutinio di attendibilità del narrato, cui invece erano pervenuti, con motivazioni apodittiche, le sentenze dei giudici territoriali, lamentando in particolare il rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria, disponendo perizia psicologica, da parte della Corte di merito.
2.3. Con il terzo motivo ha eccepito, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 609-bis e 609-ter cod. proc. pen.
Ha sottolineato come la Corte di appello 1) aveva trascurato le modalità anomale delle prime rivelazioni effettuate dalla minore, che incidevano sulla loro genuinità e sulle successive dichiarazioni, 2) aveva ritenuto dirimente il fenomeno dell’ipersessualizzazione della minore, sebbene non fosse certa la fonte dell’esperienza dal quale tale fenomeno era scaturito, 3) aveva condiviso gli esiti cui erano pervenute le consulenze del pubblico ministero, senza considerare il grave scostamento di tali consulenze rispetto alle linee guida dettate dalla Carta di Noto, avendo utilizzato metodologie scarsamente diffuse nella pratica forense e poco avallate dalla comunità scientifica ed avendo omesso di sentire gli adulti di riferimento in ordine al contesto familiare della minore, nonchØ di valutare le modalità attraverso le quali la minore aveva narrato i fatti ai familiari, alla polizia giudiziaria ed agli altri soggetti.
2.4. Con il quarto motivo ha dedotto la violazione degli artt. 81 e 133 cod. pen., censurando l’eccessivo aumento per la continuazione, in ragione della incertezza sul numero di episodi delittuosi consumati, non avendo la Corte territoriale esplicitato i motivi giustificanti l’aumento inflitto per i reati satellite ed indicato il numero dei reati satellite che importavano aumento di pena per la continuazione.
E’ pervenuto atto di costituzione di parte civile in proprio di XXXXXXXXXXXXXXXX, già costituita attraverso il genitore esercente la potestà genitoriale, avendo raggiunto la maggiore età, sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, suo difensore e procuratore speciale, e finalizzato ad ottenere il risarcimento dei danni subiti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, mediante il quale Ł stato denunciato un vizio di legge, consistente nella violazione del diritto di difesa, Ł manifestamente infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella sua piø autorevole composizione, l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., a condizione che il difensore: a) prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato; d) rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio (Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Torchio, Rv. 262912).
A fronte di un’istanza che presenti effettivamente i contenuti sopra indicati, Ł poi compito
del giudice operare un bilanciamento tra le esigenze della giurisdizione e quelle proprie della difesa, valutando se il concomitante impegno rappresentato sia effettivamente tale da giustificare il rinvio, alla luce degli elementi indicati (Sez. U, n. 29529 del 25/6/2009, COGNOME Marino, Rv. 244109).
Sulla base della verifica degli atti, consentita in ragione della natura processuale del vizio dedotto, la Corte territoriale, all’udienza del 13/11/2024, dopo aver dato atto di precedenti differimenti dovuti a legittimo impedimento dell’imputato e del suo difensore, ha respinto l’istanza di differimento per concomitante impegno professionale del difensore, sottolineando che il difensore aveva rappresentato un contestuale impegno professionale assunto in epoca successiva al momento in cui, il 03/07/2024, era stato disposto il differimento al 13/11/2024, quindi in un momento successivo a quello nel quale al difensore era nota la data del processo da trattare dinanzi alla Corte di appello di Potenza. In particolare, l’impegno professionale contestuale si svolgeva dinanzi al Tribunale di Lagonegro ed era sorto alla udienza del 16/10/2024 nella quale il procedimento era stato differito all’udienza del 13/11/2024. I giudici della Corte di appello hanno, pertanto, ritenuto che il difensore avrebbe dovuto rappresentare al Tribunale di Lagonegro l’impegno già noto per il 13/11/2024, ma anche che il procedimento pendente in secondo grado proveniva da vari differimenti e si riferiva a fatti risalenti agli anni 2014-2016, in modo da evitare che il rinvio venisse disposto nella stessa udienza già fissata in Corte di appello, precisando ancora che l’istanza di rinvio era stata trasmessa il 10/11/2024, nonostante l’impedimento fosse noto al difensore sin dal 16/10/2024 e che il difensore istante, alla luce delle circostanze richiamate, avrebbe dovuto reperire altro collega per la sua sostituzione.
Tanto premesso, la motivazione con la quale la Corte di appello ha respinto l’istanza di differimento Ł incensurabile, in quanto coerente e in sintonia con i principi affermati da questa Corte.
Invero, Ł stato condivisibilmente affermato che, laddove il nuovo impegno professionale sia stato assunto quando il difensore era già a conoscenza di quello già acquisito in precedenza, non Ł possibile far valere il legittimo impedimento per sollecitare il differimento dell’udienza già fissata (cfr., Sez. 5, n. 4591 del 04/12/2023, dep. 2024, T., Rv. 286015, in cui la Corte ha spiegato che difensore il quale, in data successiva alla formazione del calendario di udienza, accetti un nuovo incarico non può invocare il legittimo impedimento nella data di una delle udienze già previste, poichØ l’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen. intende apprestare tutela solo agli impedimenti che sopravvengono all’atto di nomina e accettazione del mandato difensivo; Sez. 3, n. 38193 del 27/04/2017, U., Rv. 270951, secondo cui, in caso di istanza di rinvio del difensore per impedimento professionale, a questi già noto all’atto della accettazione della nomina finalizzata all’espletamento dell’incarico in relazione al quale si richiede il rinvio, non può ritenersi operante la disposizione dell’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., perchØ tale norma, per come Ł formulata, intende dare rilevanza ed apprestare tutela solo agli impedimenti che sopravvengono all’atto di nomina ed all’accettazione del mandato difensivo; nello stesso senso, Sez. 5, n. 41000 del 23/05/2014, COGNOME, Rv. 261252; Sez. 5, n. 174 del 10/11/2005, dep. 2006, COGNOME, Rv. 233387).
In definitiva, allorchŁ il Tribunale di Lagonegro ha rinviato il processo all’udienza del 13/11/2024 proprio su istanza dell’AVV_NOTAIO, il difensore avrebbe dovuto rappresentare i propri impegni futuri o, comunque, adottare le opportune iniziative per evitare la sovrapponibilità degli stessi e non creare le condizioni dell’impedimento successivamente rappresentato alla Corte di appello (Sez. 2, n. 23894 del 17/06/2025, Spada, non mass.).
Deve aggiungersi che l’impedimento non Ł stato tempestivamente rappresentato alla Corte di appello di Potenza (l’istanza di differimento Ł pervenuta alla Corte territoriale il 10/11/2024, vale a dire tre giorni prima dell’udienza, nonostante l’impedimento fosse già conosciuto dal 16/10/2024); adempimento che ha la finalità di consentire al giudice a cui Ł chiesto il rinvio di effettuare gli accertamenti eventualmente necessari e, nel contempo, di rendere possibile che l’eventuale rinvio avvenga in tempo utile per evitare disagi alle altre parti o disfunzioni giudiziarie, ad esempio anticipando o posticipando l’udienza, effettuando l’utile controcitazione dei testi, fissando altro processo in quel ruolo di udienza (Sez. 3, n. 26978 del 10/06/2025, COGNOME, non mass.).
2. Il secondo motivo Ł manifestamente infondato.
Va ricordato, a tale proposito, che la giurisprudenza di questa Corte Ł costante nell’affermare che l’istituto della rinnovazione dibattimentale di cui all’articolo 603 cod. proc. pen. costituisce un’eccezione alla presunzione di completezza dell’istruzione dibattimentale di primo grado dipendente dal principio di oralità del giudizio di appello, cosicchØ si ritiene che ad esso possa farsi ricorso, su richiesta di parte o d’ufficio, solamente quando il giudice, nella sua discrezionalità, lo ritenga indispensabile ai fini del decidere non potendolo fare allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci. Rv. 266820; Sez. 2, n. 3458 del 91/12/2005, dep. 2006, COGNOME Gloria, Rv. 233391), sussistendo tale evenienza unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonchØ quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sØ oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza (Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, Ferrara, Rv. 256228).
Si Ł ulteriormente osservato che per il carattere eccezionale dell’istituto Ł richiesta una motivazione specifica solo nel caso in cui il giudice disponga la rinnovazione, poichØ in tal caso deve rendere conto del corretto uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, mentre in caso di rigetto Ł ammessa anche una motivazione implicita, ricavabile dalla stessa struttura argomentativa posta a sostegno della pronuncia di merito nella quale sia evidenziata la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275114; Sez. 3, n. 24294 del 25/06/2010, D.S.B., Rv. 247872; Sez. 4, n. 47095 del 02/12/2009, Sergio, Rv. 245996).
Nel caso in esame, con riguardo alla richiesta difensiva finalizzata all’espletamento di una perizia psichiatrica in ordine all’accertamento della capacità di testimoniare della persona offesa, deve evidenziarsi come la Corte di merito abbia adeguatamente motivato la scelta di non provvedere al rinnovo della istruzione dibattimentale. E’, infatti, adeguata e argomentata la spiegazione fornita dalla Corte, essendo state condivise le valutazioni dei consulenti tecnici incaricati, che, nel dare atto di aver preso visione ed aver esaminato la documentazione clinica ed anamnestica della minore in relazione ai disturbi del linguaggio e d e l l ‘ a p p r e n d i m e n t o d i a g n o s t i c o d i a g n o s t i c a t i p r e s s o
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX, avevano concluso nel senso di escludere ogni possibile confusione, nella narrazione della bambina, tra realtà e fantasia, negando che fossero ravvisabili, nel suo racconto, ‘sconfinamenti confabulatori’ o ‘suggestionamenti da fonti esterne’.
La motivazione della Corte di merito che ha disatteso l’istanza di rinnovo dell’istruttoria dibattimentale, in ragione della completezza dell’istruttoria dibattimentale, condividendo le argomentazioni rese dal Tribunale alle pagine 17 ss. della sentenza di primo grado, dove si
Ł sottolineato che dalle dichiarazioni della minore era emerso un elevato grado di coerenza interna ed una capacità di riferire fatti e situazioni in modo preciso, anche se in maniera assai schematica e sintetica a causa della fatica emotiva nel dover rievocare gli eventi, e si Ł dato atto che la minore fosse matura da un punto di vista psico-evolutivo e psicologico, essendo in grado di non confondere realtà e fantasia e di discriminare il vero dal falso, differenziando gli eventi, Ł dunque coerente con gli indirizzi di legittimità richiamati, nØ Ł affetta da vizi di manifesta illogicità, sicchŁ Ł insindacabile in questa sede.
Il terzo motivo Ł manifestamente infondato, consistendo nella asserzione della insufficienza della valutazione dei consulenti tecnici incaricati di verificare la capacità di testimoniare della vittima, in quanto compiuta senza osservare i criteri indicati nella Carta di Noto, nonchØ nella genesi anomala della notizia di reato e nella inadeguata valutazione del fenomeno della ipersessualizzazione della minore, tuttavia in realtà disgiunta dalla indicazione di vizi o carenze della motivazione nella parte relativa alla attendibilità della minore e alla genuinità delle sue dichiarazioni.
Va al riguardo ricordata la consolidata elaborazione interpretativa di questa Sezione a proposito delle violenze sessuali commesse nei confronti di minori in tenera età e, soprattutto, riguardo alla valutazione delle loro dichiarazioni.
BenchØ, infatti, anche in tali casi il giudice possa trarre il proprio convincimento in ordine alla responsabilità penale anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo la sua attendibilità, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, COGNOME, Rv. 253214; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, COGNOME, Rv. 265104; Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014, Pirajno, Rv. 261730), Ł stato però precisato che nel caso di parte offesa dei reati sessuali di età minore Ł necessario che l’esame della credibilità sia onnicomprensivo e tenga conto di piø elementi, quali l’attitudine a testimoniare, la capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle (ovvero l’attitudine psichica, rapportata all’età, a memorizzare gli avvenimenti e a riferirne in modo coerente e compiuto), nonchØ il complesso delle situazioni che attingono la sfera interiore del minore, il contesto delle relazioni con l’ambito familiare ed extrafamiliare e i processi di rielaborazione delle vicende vissute (cfr. Sez. 3, n. 29612 del 27/7/2010, R., Rv. 247740; Sez. 3, n. 39994 del 26/9/2007, COGNOME, Rv. 237952; Sez. 3, n. 8057 del 06/12/2012, V., Rv. 254741, nella quale Ł stato precisato che ‘una volta accertata la capacità di comprendere e riferire i fatti della persona offesa minorenne, la sua deposizione deve essere inquadrata in un piø ampio contesto sociale, familiare e ambientale, al fine di escludere l’intervento di fattori inquinanti in grado di inficiarne la credibilità’; Sez. 3, n. 39405 del 23/05/2013, B., Rv. 257094, secondo cui ‘Ł affetta dal vizio di manifesta illogicità la motivazione della sentenza nella quale la valutazione sull’attendibilità e credibilità delle dichiarazioni del minore vittima di abusi sessuali venga condotta esclusivamente riferendosi all’intrinseca coerenza del racconto, senza tenere adeguatamente conto di tutte le circostanze concrete che possono influire su tale valutazione’).
Occorre dunque una valutazione rigorosa e neutrale da parte dei giudici delle dichiarazioni rese dai minori in tenera età, con l’opportuno aiuto delle scienze che risultano rilevanti nella materia (pedagogia, psicologia, sessuologia), al fine di esprimere un giudizio di attendibilità, attraverso “una articolata analisi critica – anche e soprattutto – degli elementi probatori di conferma” (in tal senso si veda la parte motiva della già citata sentenza Sez. 3, n. 29612 del 27/7/2010).
Sulla linea di tali studi scientifici, la Carta di Noto, che contiene le linee-guida per gli
esperti nell’ambito degli accertamenti da loro compiuti sui minori che siano stati vittime di abuso sessuale (la quale, pur non dettando regole di valutazione cogenti, rappresenta un importante strumento di verifica dei dati probatori acquisiti nel processo, cfr., ex plurimis , Sez. 3, n. 648 dell’11/10/2016, dep. 2017, L., Rv. 268738; Sez. 3, n. 39411 del 13/03/2014, G., Rv. 262976), nel testo approvato il 12 giugno 2011, ha sottolineato la necessità di analizzare le dichiarazioni rese dal minore considerando le modalità attraverso le quali il minore ha narrato i fatti ai familiari, alla polizia giudiziaria, ai magistrati e agli altri soggetti, tenendo conto, in particolare:
delle sollecitazioni e del numero di ripetizioni del racconto;
delle modalità utilizzate per sollecitare il racconto;
delle modalità della narrazione dei fatti (se spontanea o sollecitata, se riferita solo dopo ripetute insistenze da parte di figure significative);
del contenuto e delle caratteristiche delle primissime dichiarazioni, nonchØ delle loro modificazioni nelle eventuali reiterazioni sollecitate.
Attenzione particolare deve essere riservata ad alcune situazioni specifiche, idonee ad influire sulle dichiarazioni dei minori come fenomeni di suggestione e di contagio dichiarativo e condizionamenti o manipolazioni anche involontarie.
Infine, particolare attenzione deve essere posta sia alle sollecitazioni ricevute dal minore al fine della rivelazione dei fatti, sia al numero e alle modalità delle ripetizioni di tali dichiarazioni, onde verificarne la coerenza e il permanere della genuinità, onde escludere contagi esterni o l’usura della fonte dichiarativa.
Tenuto conto del quadro nel quale deve svolgersi la valutazione del giudice di merito, deve constatarsi che nella sentenza impugnata sono state adeguatamente richiamate le argomentazioni dei giudici di primo grado sulle modalità e sui contenuti dell’audizione della minore, ritenendo che quest’ultima, pienamente dotata di capacità di testimoniare, avesse reso un racconto del tutto credibile ed attendibile, precisando come il valore probatorio delle frasi pronunciate dalla bambina nel corso dei colloqui clinici e testualmente trascritte in consulenza andasse al di là della dimensione valutativa insita in ogni accertamento peritale, ritenendosi prive di pregio le obiezioni riguardanti lo scostamento dalle linee guida della Carta di Noto, dando atto che in apposito paragrafo della consulenza erano stati indicati la metodologia e lo svolgimento delle attività tecniche, ivi compresi i test somministrati, rientranti tra quelli comunemente utilizzati per far emergere le dinamiche della personalità di soggetti in età evolutiva, i cui risultati erano stati poi anche discussi con la madre della bambina.
I giudici di merito, le cui valutazioni costituiscono un unico corpo argomentativo, ricorrendo un’ipotesi di ‘doppia conforme’, hanno logicamente sottolineato la genuinità delle prime dichiarazioni della vittima, ritenendo non incidenti sull’attendibilità di esse la circostanza che la rivelazione fosse intervenuta dopo l’episodio dell’arresto dell’imputato per fatti analoghi e a distanza temporale dall’accaduto, spiegando ciò in ragione di un sentimento di dipendenza e di paura, nonchØ per la naturale ritrosia a riferire siffatti episodi soprattutto da una persona offesa di età minore, che aveva denotato un elevato grado di coerenza interna ed una capacità di riferire fatti e situazioni in modo preciso e schematico, nel contempo escludendo in modo logico fonti esterne di suggestione e, soprattutto, l’induzione della minore da parte della madre a muovere accuse calunniose all’imputato, non essendo emerse pregresse ragioni di risentimento o un qualche pregresso motivo di ritorsione contro il ricorrente, avendo anzi la minore dimostrato, nel corso dell’incidente probatorio, di essere affezionata al nonno acquisito e di saper comunque distinguere e
valutare criticamente i comportamenti degli adulti di riferimento.
Quanto alle conoscenze sessuali manifestate dalla minore, assolutamente anticipate rispetto alla sua età, esse, secondo le logiche considerazioni dei giudici di merito, devono considerarsi indicatori specifici di esperienze sessuali anticipate, tali da confermare l’attendibilità del narrato della persona offesa anche perchØ associate ad altri elementi che segnalano uno stato di sofferenza ed un forte trauma subito dalla minore.
Si tratta di motivazione idonea a giustificare la valutazione di attendibilità della minore e di genuinità delle sue dichiarazioni, oltre che di sufficienza delle indagini svolte dai consulenti incaricati di accertare la capacità di testimoniare di costei, non inficiate dal mancato rispetto di tutte le prescrizioni della Carta di Noto, che Ł stato giustificato in modo corretto. Tale motivazione Ł stata censurata in modo generico, lamentando solamente le modalità dell’indagine sulla capacità di testimoniare della minore e la genuinità delle sue dichiarazioni, ma esclusivamente in termini di mero dissenso valutativo, dunque in modo non consentito nel giudizio di legittimità, con la conseguente evidente infondatezza delle censure sollevate con il terzo motivo di ricorso.
Il quarto motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, con il quale si lamenta un eccessivo aumento di pena per la ritenuta continuazione tra i reati, Ł manifestamente infondato.
Le Corte di legittimità, nel suo piø alto consesso (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269), nell’affermare la necessità che il giudice, nel determinare la pena complessiva per il reato continuato, debba non solo calcolare ma anche motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, ha fatto esplicito riferimento alla motivazione in ordine all’aumento operato, da correlare all’entità dei singoli aumenti di pena, così che possa essere, tra gli altri, verificato il rispetto del rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli ulteriori illeciti accertati.
E’ stato, altresì, precisato che l’obbligo della motivazione non può essere astrattamente circoscritto secondo canoni predeterminati, non potendosi ritenere che il vizio renda nulla la decisione sul punto allorchØ la pena irrogata sia stata determinata in prossimità del minimo piuttosto che del massimo edittale (principio ormai consolidato secondo cui il mero richiamo ai “criteri di cui all’art. 133 cod. pen.” deve ritenersi motivazione adeguata per dimostrare l’intervenuta ponderazione della pena rispetto all’entità del fatto, v. tra le tante: Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464; Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, COGNOME, Rv. 201537).
Una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena da irrogare Ł, pertanto, necessaria allorchØ la determinazione avvenga in misura prossima al massimo edittale (in proposito, v. Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 258356).
E’ stato conseguentemente affermato che gli stessi principi governano la determinazione della pena e relativa motivazione in ordine ai reati satellite (cfr. Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005, laddove Ł stato ritenuto che la pena base determinata nel minimo per un delitto associativo ed un aumento per la continuazione di esigua entità esclude l’abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. e depone per una ponderata valutazione degli elementi posti a base della decisione in ordine al trattamento sanzionatorio), tanto piø quando i reati posti in continuazione siano integrati da condotte criminose reiterate ed omogenee (Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 279770).
Tanto premesso, la Corte di appello, dopo aver puntualizzato che la pena base di cinque anni di reclusione era stata individuata dai primi giudici in corrispondenza del minimo edittale
ratione temporis vigente, ha affermato che l’aumento stabilito per la continuazione era del tutto congruo rispetto ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen., in ragione della pluralità delle azioni della medesima specie compiute ai danni della vittima nell’arco temporale di oltre due anni in imputazione indicato (dall’aprile 2014 al luglio 2016), richiamando altresì la personalità dell’imputato (tratto in arresto per fatti della stessa indole), nonchØ le peculiarità esecutive della condotta addebitata e l’entità non trascurabile del danno cagionato alla vittima.
Tale motivazione, coerente e completa, non Ł in contrasto con gli insegnamenti di legittimità affermati in proposito, avendo i giudici ritenuto che l’aumento di pena determinato in un anno di reclusione per una serie di abusi sessuali in danno di una bambina, ripetutisi in un arco di tempo di due anni, risulta non intrinsecamente sproporzionato, tenuto conto del titolo di reato punito – all’epoca dei fatti – da sette a quattordici anni di reclusione. La misura dell’aumento Ł, dunque, coerente con l’apparato argomentativo sviluppato sul punto dalla sentenza impugnata.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile a cagione della manifesta infondatezza di tutti i motivi ai quali Ł stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, e, in assenza di profili idonei ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
L’imputato deve essere condannato, infine, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili XXXXXXXXXXXXXX e
XXXXXXXXXXXXXXXX, liquidate per entrambe nella misura complessiva in dispositivo indicata, avuto riguardo ai parametri di cui alle tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014, come aggiornate dal D.M. n. 147 del 2022, in considerazione dell’impegno profuso nella difesa e della complessità del procedimento, nonchØ della circostanza che le parti civili sono state assistite dal medesimo difensore.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili che liquida in complessivi euro 4000, oltre accessori di legge.
Così Ł deciso, 23/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.