Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9277 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9277 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di: NOMECOGNOME nato a Catania, il 25/08/1958, NOME COGNOME nato a Messina, il 14/09/1981; avverso la sentenza del 25/06/2024 della Corte di appello di Catania; visti gli atti, la sentenza impugnata, i ricorsi e le memorie; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
lette le conclusioni trasmesse a mezzo p.e.c., rispettivamente in data 7 e 13 febbraio 2025, dai difensori dei ricorrenti, avv. NOME COGNOME per NOMECOGNOME e NOME COGNOME per COGNOME che hanno insistito per l’annullamento della sentenza impugnata.
Con sentenza deliberata all’esito dell’udienza pubblica partecipata del 25 giugno 2024, la Corte di appello di Catania, investita dall’impugnazione proposta dagli imputati, confermava la decisione di primo grado impugnata.
1.1. Avverso tale pronuncia ricorrono gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.
2. NOME COGNOME.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, la difesa deduce inosservanza della norma processuale stabilita a pena di nullità (art. 606, comma 1, lett. c, cod. proc. pen., in relazione agli artt. 178, comma 1, lett. c e 179 cod. proc. pen.), per la mancata traduzione dell’imputato, detenuto agli arresti domiciliari per altra causa, all’udienza pubblica del 25 giugno 2024.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della legge penale ed il vizio di motivazione, per mancanza ed intima contraddittorietà (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.) con riferimento all’affermazione di responsabilità per i reati contestati, ad onta delle evidenze labili e contraddittorie raccolte nel corso della istruttoria di primo grado.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta ancora i medesimi vizi per il rigetto del motivo di gravame con il quale si chiedeva il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in considerazione del decorso di un significativo lasso di tempo rispetto all’epoca di commissione dei fatti-reato.
3. NOME COGNOME
3.1-2. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.) la violazione della legge penale e la mancanza o mera apparenza della motivazione che sorregge il rigetto del motivo di appello speso sul tema della responsabilità dell’imputato. Sarebbe rimasto inosservato il canone del superamento del ragionevole dubbio in riferimento alla dimostrazione concorso nel riciclaggio della vettura rinvenuta nel possesso di NOME COGNOME Le argomentazioni della Corte fondano su un ragionamento meramente congetturale, avulso da evidenze univoche e concludenti, soprattutto quanto a prova del dolo di concorso (rappresentazione della condotta dissimulatoria e trasformista altrui e volontà di contribuire con la propria condotta materiale alla realizzazione del risultato).
3.3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della legge penale (art. 606, comma 1, lett. b, cod. proc. pen.), per avere la Corte rigettato il motivo di gravame con cui si era chiesto il riconoscimento dell’attenuante di cui
all’art. 648-bis, quarto comma 4, cod. pen., applicabile anche alla fattispecie, previa disapplicazione della circostanza aggravante di -cui all’art. 625, primo comma, n. 7 cod. pen., contestata in relazione al presupposto delitto di furto, aggravato dalla esposizione della cosa sottratta alla pubblica fede.
I difensori dei ricorrenti, ricevuta rituale comunicazione delle conclusioni scritte trasmesse -in data 4 febbraio 2025- dal Pubblico ministero presso questa Corte, replicavano, con articolate conclusioni scritte, trasmesse rispettivamente il 7 (NOME COGNOME) e 13 (NOME COGNOME) febbraio successivi, insistendo per il riconoscimento dei vizi della decisione impugnata denunziati con i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. NOME COGNOME.
1.1. Il primo motivo di ricorso, di natura processuale, è fondato; il secondo ed il terzo restano assorbiti.
1.1.1. Dalla verifica degli atti processuali, dovuta in ragione del vizio processuale denunziato, è emerso che il giudizio di primo grado è stato celebrato con rito ordinario, nel pieno contraddifrio delle parti sulla prova in formazione; il giudizio di appello si è celebrato in pubblica udienza, stante la richiesta -accoltadei difensori degli appellanti.
1.1.2. Come si evince dalla lettura del verbale di udienza del 25 giugno 2024, emerge inequivocamente che la Corte di appello era pienamente a conoscenza dello stato detentivo (arresti domiciliari per altra ragione) dell’imputato appellante. Ciononostante, l’imputato non fu avvisato della facoltà di essere tradotto o autorizzato a comparire libero nella persona, per l’udienza pubblica già fissata. L’appellante NOME COGNOME è stato, dunque, giudicato in assenza, determinata da un legittimo impedimento (lo stato detentivo per altra ragione), che non poteva consentire -a prescindere dalla richiesta al giudice della misura dell’autorizzazione ex art. 22, disp. att., cod. proc. pen.- la trattazione del processo di merito senza incorrere nel vizio invalidante correttamente prospettato con il primo motivo di ricorso.
1.1.3. La giurisprudenza di questa Corte, resa peraltro nella espressione massima della collegialità (Sez. U, n. 37483 del 26/09/2006, Arena, Rv. 234600; Sez. U, n. 7635 del 30/09/2021, dep. 2022, Costantino, Rv. 282806), ha fornito indicazioni di principio non equivocabili.
La sentenza a Sezioni Unite “Arena” (cit.) ha affermato il principio di diritto in forza del quale la detenzione dell’imputato, per altra causa, sopravvenuta nel
corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento. In particolare, la sentenza “Arena” ha osservato che «nell’ottica di un processo a carattere accusatorio, la partecipazione dell’imputato al processo in cui è coinvolto è condizione indefettibile per il regolare esercizio della giurisdizione; essa afferisce al fondamentale diritto di difesa (autodifesa) e non è perciò confiscabile».
Più di recente, le già citate Sezioni Unite “Costantino”, in continuità rispetto al precedente, hanno affermato che nel giudizio ordinario deve essere sempre assicurata, in mancanza di inequivoca rinunzia alla partecipazione personale al processo, la presenza dell’imputato. Di conseguenza, in virtù della norma generale fissata dall’art. 420-ter cod. proc. pen., commi 1 e 2, qualora l’imputato non si presenti ed in qualunque modo risulti (o appaia probabile) che l’assenza sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, spetta al giudice disporre, anche di ufficio, il rinvio ad una nuova udienza, finalizzato ad acquisire certezza della volontaria e consapevole rinunzia a presenziare o, viceversa, della volontà di partecipare, senza che sia necessaria una qualche richiesta dell’imputato in tal senso.
Pertanto, qualora l’imputato sia detenuto agli arresti domiciliari o comunque sottoposto a limitazione della libertà personale, che non gli consente la presenza in udienza, poiché in tali ipotesi sussiste in re ipsa un impedimento a comparire legittimo, il giudice, in qualunque modo ed in qualunque tempo venga a conoscenza dello stato di restrizione della libertà, anche in assenza di una richiesta dell’imputato, deve d’ufficio rinviare il processo ad una nuova udienza e disporre la traduzione dell’imputato, salvo che sia acquisito un espresso rifiuto dell’imputato. La sentenza “Costantino” ha altresì rimarcato che con il precedente arresto delle Sezioni Unite era stato messo in evidenza che «la detenzione per altra causa costituisce legittimo impedimento anche quando l’imputato avrebbe potuto avvisare il giudice della sua condizione in tempo utile per consentire la traduzione», dovendo ritenersi escluso che «l’imputato abbia un onere di chiedere al giudice competente la rimozione dell’impedimento o di comunicare al giudice che procede la sua volontà di essere presente, avendo rilievo soltanto il fatto che il giudice abbia comunque conoscenza di una obiettiva situazione di impedimento».
Consegue che «l’assenza può costituire, quindi, chiara espressione della abdicazione del diritto a partecipare, solo ove non risulti in alcun modo la presenza di un impedimento e possa essere ricondotta univocamente ad una libera rinuncia
dell’imputato ad esercitare il suo diritto. Tale condizione non sussiste in tutte le ipotesi nelle quali il giudice che procede ha conoscenza dell’esistenz-a di un impedimento dell’imputato a partecipare al processo a causa della limitazione della libertà personale e non sia stata manifestata da parte dell’interessato, in maniera inequivoca, la volontà di rinunciare a presenziare. In tal caso incombe sul giudice procedente l’obbligo di esercitare, di ufficio e senza ulteriori sollecitazioni da parte dell’imputato, tutti i poteri che l’ordinamento gli conferisce al fine di assicurare la partecipazione dell’imputato non rinunciante». In tal senso il Supremo Collegio ha altresì precisato che «la difforme interpretazione si fonda sul disconoscimento della natura assoluta dell’impedimento, in quanto superabile da una manifestazione di interesse da parte dell’imputato, ma omette di considerare che tale attività, sicuramente possibile, non è però imposta dalla legge, che non pone a carico dell’imputato, citato in condizioni di libertà, e ristretto per altra causa, di attiva presso il giudice della cautela, o il magistrato di sorveglianza competente sulla restrizione in atto».
Il dato normativo di riferimento, alla luce dei principi costituzionali e convenzionali cui si ispira, impone dunque di escludere la legittimità di una interpretazione che appare fondata sulla configurazione della partecipazione dell’imputato come un interesse perseguibile su sua iniziativa, e non un diritto, e su esigenze di funzionalità e celerità del processo, più che sul rispetto della sua ritualità, secondo le precise scansioni dettate dalle disposizioni sul punto. Del resto, proprio la richiamata centralità della partecipazione dell’interessato al processo ha imposto la previsione di verifiche costanti della corretta instaurazione del giudizio in assenza, cosicché ogni controllo, il cui esito non rispetti i princip rigorosi fissati per la legittimità del giudizio in assenza, rischia di condurre all svolgimento di attività processuale suscettibile di essere travolta da un successivo accertamento di nullità del procedimento.
I principi affermati dalle due decisioni rese a Sezioni unite, riferiti a condizioni impeditive detentive, sono stati successivamente declinati dalle diverse Sezioni della Corte in relazione ad altre, meno coercitive, situazioni di impedimento giuridico alla personale partecipazione (Sez. 5, n. 37658 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280139; Sez. 6, n. 1167 del 30/11/2021, del 2022, G., Rv. 282400-01; Sez. 6, n. 26622 del 19/05/2022, Saaid, Rv. 283880; Sez. 6, n. 35190 del 30/03/2022, COGNOME, Rv. 283730; da ultimo, Sez. 5, n. 21859 del 08/03/2024, Rv. 286507, in motivazione, sub 3.4.).
1.1.4. Alla luce delle richiamate affermazioni di principio, qui assolutamente condivise, deve dunque ritenersi che la dichiarazione di assenza dell’imputato NOME COGNOME, resa all’udienza pubblica del 25 giugno 2024, sia affetta da invalidità tranciante, con la conseguente nullità, assoluta ed insanabile, del
giudizio di appello celebrato nell’assenza, non consapevole e volontaria dell’imputato. Il- carattere assoluto ed insanabile della rilevata nullità rende irrilevante la presenza silente in udienza del difensore di fiducia.
1.2. L’accoglimento del motivo di ricorso impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Catania per l’ulteriore corso.
2. NOME COGNOME
2.1-2. I primi due motivi di ricorso proposti ed afferenti alla valutazione della prova (logico-documentale) ed alla conseguente affermazione di responsabilità sono inammissibili, vieppiù in presenza della conformità verticale delle due decisioni di merito, giacché non si confrontano con il diffuso ed analitico sostegno argomentativo della decisione di conferma della responsabilità per il fatto contestato in concorso, che si legge alle pagine da 8 a 11 (sub 1) della sentenza impugnata ed anzi insistono nel proporre una lettura degli atti assolutamente incompatibile con il cronologico divenire dei fatti esposti in motivazione.
La carta di circolazione a sé intestata provento di delitto, i documenti propri usati per le richieste amministrative di reimmatricolazione, la richiesta reimmatricolazione del proprio datato veicolo dello stesso tipo di quello identitariamente trasformato, dotato però di nuove targhe e nuova carta di circolazione. Tutti tali elementi dimostrano oltre ogni dubbio, ad avviso dei giudici di merito, la volontà di offrire con la propria condotta un efficace contributo al risultato finale conseguito (nascondere la provenienza furtiva del veicolo accompagnato dalla documentazione formata dal Giuliano).
2.3. Il terzo motivo -con il quale si censura la decisione della Corte di appello di non accogliere la proposta valutazione incidentale di insussistenza della aggravante che disegna la forbice sanzionatoria del reato presupposto (art. 625, primo comma, n. 7, cod. pen. per essere la vettura stata sottratta mentre ere parcheggiata sulla pubblica via e, dunque, esposta alla pubblica fede), funzionale alla valutazione di sussistenza della attenuante descritta al quarto comma dell’art. 648 bis cod. pen.- è manifestamente infondato in diritto, oltre che aspecifico rispetto alla motivazione della sentenza impugnata.
2.3.1. La giurisprudenza recente di questa Corte (Sez. 2, n. 46211, del 03/10/2023, COGNOME Rv. 285438; seguita da Sez. 2, n. 18111 del 05/03/2024, COGNOME n.m.; Sez. 7, n. 46875 del 12/11/2024, COGNOME, n.m.) così si esprime sul punto “in tema di riciclaggio, la circostanza attenuante di cui all’art. 648-bis, comma quarto, cod. pen. trova applicazione nel solo caso in cui la pena edittale prevista per il reato presupposto, computato l’aumento per le aggravanti ritenute sussistenti, anche all’esito di un giudizio effettuato “incidenter tantum” e
indipendentemente dall’eventuale bilanciamento ex art. 69 cod. pen., sia inferiore a cinque anni di reclusione.”.
2.3.2. Orbene, ciò posto la motivazione spesa sul punto dalla Corte territoriale appare ineccepibile, avendo valorizzato in proposito il dato incontestato del furto d’auto avvenuto sulla pubblica via, mentre dunque il veicolo era esposto alla pubblica fede. Questa Corte, con orientamento consolidato (da ultimo: Sez. 5, n. 2364 del 16/10/2024, dep. 2025, M., Rv. 287411-01), ritiene sussistente l’aggravante in parola, anche qualora il veicolo sia lasciato sulla pubblica via, con le portiere aperte e le chiavi di accensione all’interno.
2.4. Segue alla inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di NOME e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Catania per l’ulteriore corso. Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME che condanna pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025.