Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26116 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26116 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
NOME COGNOME nato a ERCOLANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME. NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
Lette le conclusioni scritte del difensore e procuratore speciale, AVV_NOTAIO, nell’interesse della parte civile, che ha depositato conclusioni e nota spese.
Lette le conclusioni scritte del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, nell’interesse dei ricorrenti, che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 5 giugno 2023 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 15 settembre 2017, ha rideterminato la durata RAGIONE_SOCIALE pene accessorie, rigettato la richiesta di sequestro co nservativo, condannato gli imputati alle statuizioni civili e confermato nel resto.
La sentenza di primo grado aveva condannato gli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME, in concorso con NOME, alla pena di giustizia, il primo
per fatti di bancarotta distrattiva e documentale con la recidiva specifica rei e infraquinquennale, la seconda solo per condotte distrattive, esclusa la recidiva, nelle qualità rispettivamente – il primo- di amministratore di fatto RAGIONE_SOCIALE società “RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita in data 28 gennaio 2020, “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“; la seconda, di amministratrice di diritto della società “RAGIONE_SOCIALE“.
Avverso la decisione della Corte di appello hanno proposto ricorso gli imputati, attraverso un comune difensore di fiducia, con due distinti atti, articolando i seguenti motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’art 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
2.1. Con il primo motivo, è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato accoglimento del legittimo impedimento dell’imputato a comparire.
Lamenta la difesa che all’udienza del 20 febbraio 2023 l’imputato si trovava in regime di detenzione domiciliare per altra causa e, pur avendo rappresentato siffatto impedimento al collegio, non è stato disposto il rinvio del processo, avendo ritenuto il Tribunale che il ricorrente abbia tacitamente rinunciato a comparire trovandosi ristretto in regime di detenzione domiciliare sin dal 9 novembre 2022, ed avendo comunicato siffatta condizione unicamente all’udienza del 20 febbraio 2023.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla configurabilità della condotta distrattiva in relazione alla contestata emissione di bonifici per la somma di euro 392.300,00 in favore della società di cui era formale rappresentante RAGIONE_SOCIALE e in ordine alla costituzione di una polizza in pegno in favore di una banca creclitrice della società RAGIONE_SOCIALE sino all’importo di 1.040.000,00 euro’
La difesa ha dimostrato attraverso una consulenza che i bonifici effettuati in favore di NOME COGNOME costituivano la parziale contropartita per la costituzione in garanzia RAGIONE_SOCIALE obbligazioni assunte dalla società fallita RAGIONE_SOCIALE nei confronti di una banca per l’importo di 1.040.000,000 ed anche la parziale restituzione di un finanziamento effettuato da NOME COGNOME in favore della società fallita nel lontano 2008 per un importo pari ad euro 428.892,66.
I richiamati fatti non sono contestati nel loro accadimento nella sentenza impugnata; né la sentenza individua una diversa causale rispetto ai bonifici effettuati in favore della VCOGNOME, non dimostrando in tal modo il pregiudizio causato da siffatta operazione in danno dei creditori al momento della dichiarazione di fallimento.
Ciò è peraltro confortato dalla ulteriore circostanza che la stessa Corte di appello ha affermato che non è stata offerta prova dell’ammontare del danno patito dalla curatela.
Laddove non vi è decremento, ma addiruttura incremento del patrimonio sociale, non è configurabile la bancarotta distrattiva.
La Corte territoriale ha ritenuto che i bonifici effettuati in favore di COGNOME e la costituzione della polizza in pegno in favore di UBI banca non costituiscono una forma di finanziamento in favore della s>ocietà fallita ma non ha, tuttavia, superato la ricostruzione alternativa e difensiva secondo cui siffatte somme rappresentavano la parziale contropartita dei precedenti finanziamenti che la COGNOME aveva operato in favore della società RAGIONE_SOCIALE.
Infine, l’operazione di bonifico non è stata materialmente operata dal ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla configurabilità della condotta distrattiva in relazione al debito con la società RAGIONE_SOCIALE
La Corte di appello ha affermato che non vi è mai stato alcun trasferimento effettivo di beni e forniture dalla società RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE attesa la fittizietà della seconda che di conseguenza non poteva vantare alcun credito nei confronti della prima.
Poiché non vi è contestazione del falso in bilancio ed i reati tributari sono estinti per prescrizione, in siffatta condotta non è rilevabile alcuna attivit distrattiva.
2.4. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all’applicazione della recidiva qualificata e della circostanza aggravante della cd. continuazione fallimentare.
La difesa contesta i due aumenti di pena così determinati.
2.5. Con il quinto motivo si deduce vizio di motivazione in relazione alla disposta condanna al risarcimento del danno mediante reformatio in peius della sentenza di primo grado senza che sia stata disposta alcuna rinnovazione istruttoria.
La Corte ha provveduto sulle statuizioni civili, assenti in primo grado, non solo attraverso l’improprio strumento della correzione dell’errore materiale del dispositivo, ma anche senza che – ai sensi dell’art.603 comma 3 bis cod. proc. pen.
sia pure ai soli fini civili, si procedesse ad una rinnovazione RAGIONE_SOCIALE prove dichiarative quali quelle del curatore e del maresciallo COGNOME.
Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
Con il primo motivo, è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla posizione di extranea della ricorrente, non risultando la stessa né amministratrice di fatto, né di diritto della società fallita.
Le sentenze di merito, a fronte di specifica censura difensiva, non individuano il contributo causale offerto dalla ricorrente nelle condotte in contestazione: la stessa risulta condannata unicamente in quanto coniuge di NOME e suocera di NOME.
3.1. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla configurabilità della condotta distrattiva in relazione alla contestata emissione di bonifici per la somma di euro 392.300,00 in favore della società di cui era formale rappresentante RAGIONE_SOCIALE e in ordine alla costituzione di polizza in pegno in favore della banca della fallita RAGIONE_SOCIALE sino all’importo di 1.040.000,00 euro.
Il motivo è perfettamente sovrapponibile al secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse del ricorrente COGNOME.
3.2 Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla configurabilità della condotta distrattiva in relazione al debito con la società RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è perfettamente sovrapponibile al terzo motivo proposto nell’interesse del coimputato COGNOME. Si precisa che la sentenza impugnata con riferimento alla specifica condotta, non opera riferimento alcuno alla imputata estranea alla procedura monitoria e alla riduzione del capitale sociale.
3.3. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’elemento psicologico e al trattamento sanzionatorio.
La Corte territoriale ha:
omesso di valutare una possibile riqualificazione dei fatti che coinvolgono la VCOGNOME quale ipotesi di bancarotta preferenziale anziché distrattiva con conseguente estinzione per prescrizione;
-operato un giudizio eccessivamente severo in punto di determinazione della pena laddove la difesa ha evidenziato le condotte virtuose della ricorrente rispetto ai fatti per cui è processo; non ha riconosciuto la sussistenza RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche con giudizio quanto meno di equivalenza con le circostanze aggravanti e ha determinato la pena discostandosi notevolmente dai minimi edittali.
3.4. Con il quinto motivo è stato dedotto vizio di motivazione in relazione alla disposta condanna al risarcimento del danno mediante reformatio in peius della sentenza di primo grado senza che sia stata disposta alcuna rinnovazione istruttoria.
Il motivo è perfettamente sovrapponibile al quinto motivo nell’interesse di COGNOME.
3.5 Con il sesto motivo è stata dedotta la intervenuta estinzione per prescrizione RAGIONE_SOCIALE condotte contestate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso presentato nell’interesse di NOME è fondato per le ragioni e nei limiti di cui in seguito.
1.1. Il privo motivo di ricorso è fondato.
Dagli atti del fascicolo, esaminati dal collegio in ragione del dedotto error in procedendo, risulta che:
all’udienza del 20 febbraio 2023, il nuovo difensore di fiducia rappresentava alla Corte che il proprio assistito si trovava ristretto in regime di detenzione domiciliare, allegando documentazione; non avendo lo stesso espressamente rinunciato a partecipare e non essendo stata autorizzata la sua traduzione, la difesa chiedeva un rinvio per legittimo impedimento dell’imputato;
-la Corte territoriale, con ordinanza letta in udienza, rigettava la richiesta rappresentando che l’imputato, già detenuto per altra causa all’atto della notifica del decreto di citazione, non aveva manifestato la volontà di partecipare.
La sentenza impugnata non ha operato buon governo del principio indicato da questa corte a Sezioni unite secondo cui la restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, documentata o, comunque, comunicata al giudice procedente, in qualunque tempo, integra un impedimento legittimo a comparire che impone il rinvio del procedimento ad una nuova udienza e la traduzione dell’imputato stesso. (S.U. n. 7635 del 30/09/2021, dep.2022, COGNOME, Rv.282806).
La pronunzia richiamata ha affermato, richiamando la giurisprudenza convenzionale e costituzionale, “la centralità del diritto dell’imputato d partecipare al processo e di individuare le rigorose condizioni cui è subordinata la celebrazione del giudizio in assenza nella: a) certezza della conoscenza del processo, della data e del luogo fissati per il suo svolgimento; b) inequivocità della rinuncia a comparire nel giorno fissato. Sulla base di tali principi si può concludere che il procedimento in assenza, la cui disciplina costituisce il necessario punto di equilibrio tra pretesa della tutela punitiva statuale ed esigenza di garantire il dirit dell’imputato alla partecipazione al suo processo, è legittimo solo qualora vi sia certezza della conoscenza dell’accusa, della data e RAGIONE_SOCIALE possibilità di accesso all’udienza da parte dell’imputato e vi sia stato a cura del giudice, inoltre, un rigoroso e non equivoco accertamento della volontà dell’interessato di sottrarsi al
procedimento; in caso contrario il giudice deve disporre la sua traduzione al processo. “
Nel caso di specie la volontà di rinunciare è stata ricavata in modo improprio dalla circostanza che l’imputato, avendo avuto conoscenza del processo quando già era in regime di detenzione per altro, non aveva espressamente richiesto sin dall’inizio di partecipare.
L’accoglimento del motivo assorbe gli ulteriori motivi prospettati e la sentenza va annullata con rinvio, in relazione alla posizione dell’imputato COGNOME, per il giudizio dinanzi ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME è nammissibile.
2.1. Il primo motivo di ricorso è inedito nonché manifestamente infondato.
Non risulta nell’atto di appello una specifica censura sul punto.
Inoltre, NOME COGNOME risulta amministratore della RAGIONE_SOCIALE, dall’aprile 2007 a ottobre 2008, società dalla quale la fallita RAGIONE_SOCIALE era interamente partecipata: in tale veste è risultata destinataria dei bonifici per le ingenti somme indicate nel capo di imputazione e le operazioni che la riguardano appaiono compiutamente affrontate e argomentate nella sentenza impugnata.
2.2. Il secondo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato non confrontandosi con le motivazioni della sentenza impugnata e con la giurisprudenza di questa Corte.
L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari puniti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza RAGIONE_SOCIALE argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa (:)) integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrente più adeguata, valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali. (Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, Dessinnone, Rv. 207944)
La sentenza impugnata con motivazione in fatto immune da vizi logici ha chiarito che:
GLYPH la singola operazione non può prescindere dal ruolo che NOME ha ricoperto di amministratrice e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE e dalla circostanza che tale società dall’aprile 2007 al febbraio 2008 è stata socio unico della società fallita nonché debitrice per un importo tale da determinare la delibera di riduzione del capitale;
-i bonifici effettuati in favore della RAGIONE_SOCIALE non costituivano la restituzione di un finanziamento soci dal momento che l’imputata persona fisica non era socia della società fallita e il danaro prelevato dalle casse sociali senza valida causale era conseguentemente sottratto ai creditori;
-è pacificamente configurabile la bancarotta per distrazione nel caso di restituzione di finanziamento ai soci, tanto più nel caso di specie in cui al NOME non era neppure socia della RAGIONE_SOCIALE.
2.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato, in presenza di una motivazione in fatto della sentenza immune da vizi logici (p.5).
Anche in tal caso il credito apparentemente maturato dalla fallita nei confronti di RAGIONE_SOCIALE era fittizio e la sua iscrizione appare strumentale a mascherare la distrazione di una somma analoga dalle casse della società fallita.
2.4. Il quarto motivo è aspecifico limitandosi ad un elenco di doglianze di natura eterogenea che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame e, pertanto, non specifiche; la mancanza di specificità del motivo, dalla quale, a mente dell’art. 591 connma 1 lett. c) cod. proc. pen., deriva l’inammissibilità, si desume dalla mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione.
Il motivo è altresì manifestamente infondato nei limiti in cui non si non confronta con la giurisprudenza di questa Corte e con le motivazioni immuni da vizi logici della sentenza impugnata.
2.4.1. Quanto alla bancarotta preferenziale la Corte territoriale (p.8/9) ha chiarito che i bonifici avrebbero dovuti essere giustificati in bilancio al più come rimborso della quota al socio recedente, ma anche in tal caso sarebbero state necessarie operazioni di valutazioni della quota da liquidare.
2.4.2. Quanto al trattamento sanzionatoric), la sentenza impugnata ha chiarito la diversa valutazione che opera il giudice dei precedenti penali quanto alla disapplicazione della recidiva e quanto alla determinazione della pena, non ravvisandosi contraddittorietà a fronte di regole di giudizio differenti; ha poi valorizzato la oggettiva gravità dei fatti ( elevata gravità del danno cagionato ai creditori societari), nonché le precedenti condanne e la mancata resipiscenza. Non vi sono elementi in concreto favorevoli disattesi dalla Corte.
2.5. L’ultimo motivo è manifestamente infondato non confrontandosi con la motivazione della sentenza impugnata e con la giurisprudenza di questa Corte.
2.5.1. In primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrent non è ravvisabile alcuna violazione del divieto di reformatio in peius a fronte dell’atto di appello della parte civile, la quale ha puntualmente impugnat sentenza del Tribunale che, pur pronunciando la condanna degli imputati, aveva
omesso di statuire sulla pretesa risarcitoria e sulle spese avanzate dalla parte civile.
Secondo questa Corte, infatti, non è eliminabile mediante la procedura di correzione degli errori materiali di cui all’art. 130 cod. proc. pen. la omessa statuizione sulle richieste della parte civile, trattandosi di modifica essenziale del provvedimento già assunto ed avendo il giudice esaurito la “potestas iudicandi” con l’emissione della decisione, che resta, pertanto, intangibile se non attraverso il sistema RAGIONE_SOCIALE impugnazioni. (Sez. 5, n. 1289 del 22/11/2018, dep.2019, Rv. 275301).
La sentenza impugnata (p.3) ha ricavato dalla condanna del giudice di primo grado la fondatezza della pretesa della parte civile pronunciando condanna generica al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede.
Dunque, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la Corte territoriale non ha pronunciato condanna generica al risarcimento in favore della parte civile mediante il ricorso alla procedura della correzione dell’errore materiale, ma solo a seguito di atto di impugnazione della parte civile medesima le cui doglianze ha accolto con motivazione immune da vizi logici (p.8 della sentenza). Il ricorso alla procedura di correzione di errore materiale è avvenuto unicamente in quanto, a fronte dell’accoglimento della pretesa risarcitoria nella parte motiva, la statuizione non era stata indicata in parte dispositiva.
2.5.2. Quanto, infine, alla mancata rinnovazione istruttoria ex art.603 comma 3 bis cod. proc. pen., la citata disposizione opera:
-nell’ipotesi di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla prova dichiarativa;
nella ipotesi in cui il giudice d’appello riformi, anche ai soli fini civil sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva su impugnazione della parte civile (Sez. 5, n. 38082 del 04/04/2019, Rv. 276933).
Diverso il caso in esame: la sentenza di primo grado era una sentenza di condanna che aveva unicamente omesso di pronunziarsi sulle richieste di parte civile e alcuna rivalutazione della prova dichiarativa è stata operata dal giudice dell’appello.
2.6. Manifestamente infondato il motivo relativo alla estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Aggiungendo gli anni 12 e mesi 6, che rappresentano il termine massimo di prescrizione, a partire dalla data di commissione del reato da individuarsi nel 28 gennaio 2010 il termine andrebbe a scadere alla data del 28 luglio 2022.
A siffatto termine vanno tuttavia aggiunte le sospensioni calcolate complessivamente in gg. 312:
gg.156 dal 12 aprile 2017 al 15 aprile 2017 per astensione dei difensori;
-gg.60 dal 16 novembre 2020 al 3 maggio 2021 per impedimento degli imputati;
-gg.56 dal 16 febbraio 2022 al 13 aprile 2022 su richiesta della difesa;
-gg.40 dal 12 aprile 2023 al 22 maggio 2023 su richiesta della difesa; giungendo così alla data del 5 giugno 2023.
2.6.1. Va peraltro specificato che comunque alla data della pronunzia della sentenza di secondo grado avvenuta in data 5 giugno 2023, il termine prescrizionale non era ancora decorso in applicazione del principio richiamato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui il decorso del termine di prescrizione inizia, per i reati consumati, dal giorno in cui si è esaurita la condotta illecita e, quindi, il computo incomincia con le ore zero del giorno successivo a quello in cui si è manifestata compiutamente la previsione criminosa e termina alle ore ventiquattro del giorno finale calcolato secondo il calendario comune. (Sez.3, n. 23259 del 29/04/2015, Richichi, Rv. 263650).
3.Alla inammissibilità del ricorso di COGNOME, consegue la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Consegue altresì, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE, determinata, in considerazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di inammissibilità dei ricorsi stessi, nella misura di euro tremila e alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile nella misura di cui alla parte dispositiva.
PQM
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME con rinvio per il giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e alla somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Condanna, inoltre, l’imputata COGNOME COGNOME alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro duemila, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 7 marzo 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente