Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44063 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44063 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Sassari il 03/01/1975
avverso la sentenza del 24/10/2023 della Corte d’appello di Cagliari- Sezione distaccata di Sassari lette le conclusioni del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti alla Corte di appello per il
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, confermava la sentenza emessa il 31 marzo 2023 dal locale Tribunale, che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per i reati riuniti di calunnia e diffamazione in danno di NOME COGNOME, Comandante della Polizia Locale di
COGNOME e lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte civile da liquidarsi in separata sede oltre al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva.
Ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi:
1.1. violazione e falsa applicazione dell’art. 156, comma 1, 3 e 4 cod. proc. pen e 6 Cedu e nullità della notificazione del decreto di citazione in appello perché eseguita presso il domicilio eletto e non nel luogo in cui l’imputato si trovava agli arresti domiciliari con conseguente nullità della sentenza impugnata.
Deduce che, benché eccepita alla prima udienza l’irregolarità della notifica all’imputato detenuto per altro presso la sua abitazione, la Corte di appello aveva escluso di dover rinnovare la notificazione, non essendo prevista per l’imputato detenuto agli arresti domiciliari e non in carcere, la notifica a mani proprie, e ciò in palese contrasto con i principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n.12778 del 2020. Peraltro, il difensore aveva tempestivamente proposto l’eccezione, documentando lo stato di detenzione, l’emissione del titolo cautelare e il luogo di detenzione al fine di consentire di rinnovare la notifica della citazione a giudizio, erroneamente non disposta;
1.2. violazione degli artt. 111 Cost e 6 CEDU, 420-bis, comma 2, e 420-ter cod. proc. pen. per avere la Corte di appello illegittimamente dichiarato l’assenza dell’imputato, nonostante il legittimo impedimento a comparire, e omesso di rinviare l’udienza per consentirne la partecipazione.
Richiamati sul punto i principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 7635 del 30 settembre 2021, dep. 2022, ne è evidente la violazione, atteso che il giudice era a conoscenza del legittimo impedimento dell’imputato, che preclude la dichiarazione di assenza- salvo l’assenso dell’imputato a procedere in sua assenza o l’espresso rifiuto a presenziare-, sicché non aver consentito la partecipazione dell’imputato al processo ha determinato una lesione del diritto di difesa;
1.3. vizi della motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato di calunnia, desunto dalla molteplicità delle asserzioni contenute in querela, dalla totale infondatezza delle stesse, dalla consapevolezza dell’innocenza dell’imputato e dal comportamento post delictum, senza considerare gli elementi emersi nel corso del dibattimento circa comportamenti del Sini, idonei a generare nel ricorrente il convincimento della non correttezza delle condotte del pubblico ufficiale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME Il secondo motivo di ricorso, che ha rilievo preliminare e assorbente, è fondato, sussistendo la nullità denunciata; tuttavia, l’intervenuta
prescrizione del reato di calunnia impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
A differenza di quanto dedotto con il primo motivo di ricorso, deve ritenersi correttamente eseguita la notifica all’imputato della citazione per il giudizio di appello presso il domicilio eletto, non essendo allora noto alla Corte di appello lo stato di detenzione dell’imputato. E’, invece, pacifica la legittimità dell’istanza d rinvio formulata in udienza dalla difesa dell’imputato ed erronea la risposta della Corte di appello, una volta informata dello stato detentivo dell’imputato per altra causa e dell’impossibilità di partecipare al processo per legittimo impedimento.
Il rigetto dell’istanza di rinvio e l’illegittima dichiarazione di assenz dell’imputato integrano la nullità eccepita per violazione del diritto di difesa e del contraddittorio e la violazione dell’insopprimibile diritto a partecipare al processo. Infatti, come affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 7635 del 30/09/2021, dep. 2022, Costantino, Rv. 282806, qualora l’imputato sia detenuto o agli arresti domiciliari o comunque sottoposto a limitazione della libertà personale che non gli consente la presenza in udienza, poiché in tali casi sussiste in re ipsa un legittimo impedimento, il giudice, in qualunque modo ed in qualunque tempo venga a conoscenza dello stato di restrizione della libertà, anche in assenza di una richiesta dell’imputato, deve d’ufficio rinviare il processo ad una nuova udienza e disporre la traduzione dell’imputato, salvo che non vi sia stato un espresso rifiuto dell’imputato ad assistere all’udienza. Ne discende che nel giudizio ordinario deve essere sempre assicurata, in mancanza di inequivoco rifiuto alla partecipazione, la presenza dell’imputato. Di conseguenza in virtù della norma generale fissata dall’art. 420-ter cod. proc. pen., commi 1 e 2, qualora l’imputato non si presenti ed in qualunque modo risulti che l’assenza sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, spetta al giudice disporre, anche di ufficio, il rinvio ad una nuova udienza, senza che sia necessaria una qualche richiesta in tal senso. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ciò posto, trattandosi di nullità assoluta e insanabile, dovrebbe disporsi l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, ma, come anticipato, tale esito è precluso dalla intervenuta prescrizione del reato commesso il 20 maggio 2016, maturata il 20 novembre 2023, che va immediatamente dichiarata e prevale sulla causa di nullità.
Il principio di immediata declaratoria delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen. opera anche nel caso in cui la causa estintiva del reato ricorra contestualmente a una nullità processuale assoluta e insanabile, a condizione che l’operatività della causa estintiva non presupponga specifici
accertamenti e valutazioni e sia, pertanto, inidonea a definire immediatamente il procedimento (Sez. 2, n. 1259 del 26/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284300).
È principio consolidato (Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti D, Rv. 221403 e Sez. U, n. 1021 del 28/11/2001, dep.2002, Cremonese, Rv. 220511) che in caso di concorso di una causa estintiva e di nullità assoluta, la causa estintiva prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, salvo che l’operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso assume rilievo pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio: ipotesi che qui non ricorre, non essendo necessari accertamenti sul punto.
Va, inoltre, data prevalenza alla causa estintiva, non emergendo dagli atti in termini di “evidenza”, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275) elementi per pervenire ad una pronuncia assolutoria ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. a fronte delle conformi decisioni dei giudici di merito sulla responsabilità dell’imputato e dell’assenza di evidenze della sua innocenza.
Con motivazione puntuale e logica i giudici di merito hanno indicato gli elementi sui quali hanno fondato l’affermazione di responsabilità e ravvisato il dolo e la finalità ritorsiva che animava la condotta dell’imputato. Hanno, infatti, illustrato il contenuto della querela, che aveva originato il procedimento per abuso d’ufficio a carico del COGNOME, poi definito con provvedimento di archiviazione, nel quale si dava atto della legittimità delle contestazioni elevate dal COGNOME a carico del ricorrente, dell’accanimento dimostrato con le numerose richieste di accesso agli atti avanzate, senza poi prelevarli, della totale infondatezza delle accuse di abusi formulate a carico del COGNOME, smentite dalle persone sentite e dagli accertamenti svolti anche in ordine al grave fatto denunciato nell’integrazione di querela (pag. 25-28).
All’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per prescrizione consegue la conferma delle statuizioni civili in favore della parte civile costituita.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.