Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37400 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37400 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Salerno nel procedimento nei confronti di: NOME COGNOME, nato a Salerno il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 05/05/2025 del Tribunale di Salerno
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; uditi, per l’indagato, l’AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO, che hanno chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, anche riportandosi alla memoria depositata il 10 settembre 2025.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunciata in data 5 maggio 2025, e depositata il 21 maggio 2025, il Tribunale di Salerno, rigettando l’appello del AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, ha confermato l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Salerno il 27 marzo 2025, la quale, per quanto di interesse in questa sede, aveva revocato il decreto di sequestro preventivo adottato nei confronti della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, con riferimento al blocco centrale, ai villini e alle ulteriori opere in contestazione della struttura turistico-ricettiva denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ubicata in Capaccio Paestum, località Laura, ferma restando la misura cautelare su alcune particelle destinate a parcheggio e ad allargamento della sede stradale.
Il sequestro era stato disposto per i reati di lottizzazione abusiva, abuso edilizio, falso in atto pubblico, nonché per reati contro il paesaggio e contro l’ambiente, sia a fini impeditivi, sia a fini di confisca con riferimento al reato di lottizzazione abusiva.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, articolando due motivi, preceduti da una breve premessa sullo svolgimento del procedimento, e seguiti da osservazioni conclusive sulle conseguenze dell’illegittimità complessiva della struttura e sull’esistenza di esigenze cautelari.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen., e 111, sesto comma, Cost., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., avuto riguardo all’assenza di motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla legittimità della realizzazione del blocco centrale della struttura turistico-ricettiva denominata ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘.
Si deduce che illegittimamente l’ordinanza impugnata ha ritenuto probabile la realizzazione del blocco centrale della struttura turistico-ricettiva sopra precisata, inclusi i c.d. ‘miniappartamenti’, in epoca anteriore al 1967, allorquando non era necessaria alcuna autorizzazione edilizia.
Si osserva, innanzitutto, che il Tribunale si è limitato a richiamare, in ordine a tale profilo, quanto indicato nell’ordinanza di dissequestro del G.i.p., senza sviluppare alcuna argomentazione per confutare le censure formulate dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO nell’appello cautelare. Si precisa che lo stato dei luoghi descritto nei grafici assentiti con la licenza edilizia n. 226 del 1968 non prevedeva i c.d. ‘miniappartamenti’, ma solo sette cabine in muratura, e che tale circostanza è riconosciuta anche
nell’ordinanza impugnata. Si rappresenta, poi, che, nonostante questo rilievo, il Tribunale, del tutto assertivamente, ha riproposto la conclusione del G.i.p. secondo cui le sette cabine, descritte come «ampie cabine in muratura dotate di posti letto», fossero «quelli oggi definiti miniappartamenti».
Si rileva, in secondo luogo, che non è stato prodotto, né è presente in atti, alcun elemento idoneo a corroborare la tesi della realizzazione del blocco centrale in epoca anteriore all’1 settembre 1967, ossia in epoca anteriore alla c.d. ‘legge ponte’ e quindi alla necessità di un titolo abilitativo per costruire. Si rimarca che la stessa difesa ha affermato la legittimità del blocco centrale con i c.d. ‘miniappartamenti’ perché autorizzato con la licenza edilizia n. 226 del 1968. Si censura, poi, che il Tribunale non ha in alcun modo spiegato perché, nella specie, dovesse ritenersi operante il principio del ragionevole affidamento del privato sulla legittima preesistenza dell’immobile al giorno 1 settembre 1967, e che tale omissione è particolarmente significativa proprio perché la stessa difesa ha affermato la legittimità dell’immobile sulla base dell’autorizzazione con la licenza edilizia n. 226 del 1968.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen., e 111, sesto comma, Cost., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., avuto riguardo all’assenza di motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla legittimità della realizzazione dei villini e delle ulteriori opere oggetto di condono edilizio.
Si deduce che l’ordinanza impugnata ha illegittimamente affermato il ragionevole affidamento del privato sulla legittimità degli immobili condonati facendo riferimento al blocco centrale della struttura, ossia ad un immobile diverso. Si evidenzia, innanzitutto, che il corpo centrale non è stato mai compreso nell’istanza di condono, presentata originariamente nel 1986, e poi ripresa, con integrazioni documentali, nel 2017. Si aggiunge, poi, che il Tribunale ritiene irrilevante il rinvenimento di «documentazione diversa» nel 2024, presso gli uffici della Soprintendenza, senza nemmeno spiegare quale sia il contenuto della stessa. Si osserva, quindi, che l’ordinanza impugnata si è limitata a prendere atto delle conclusioni dei periti, secondo cui l’integrazione di condono presentata nel 2017 non indica volumi maggiori di quelli oggetto dell’originaria istanza del 1986, nonostante: 1) il sopralluogo eseguito il 16 marzo 1991, abbia fatto constatare sostanziali variazioni volumetriche degli immobili oggetto dell’istanza di condono in epoca successiva all’1 ottobre 1983, data limite per la condonabilità ex lege n. 47 del 1985; 2) sia immediatamente rilevabile la differenza tra i volumi dichiarati nell’istanza del 1986 e i volumi dichiarati nell’istanza del 2017, nonostante l’adozione del medesimo criterio di calcolo degli stessi.
2.3. Nelle osservazioni conclusive, il ricorso esamina le conseguenze dell’illegittimità complessiva della struttura e sull’esistenza di esigenze cautelari.
Per quanto attiene al primo aspetto, si rappresenta che l’illegittimità sia del blocco centrale, sia degli immobili oggetto di condono determina l’incompatibilità urbanistica dell’intera struttura turistico-ricettiva con la destinazione di zona, e che, quindi, l’omessa motivazione su entrambi i profili assume rilievo decisivo anche con riguardo al reato di lottizzazione abusiva.
Per quanto concerne il secondo aspetto, si segnala che la libera disponibilità degli immobili dissequestrati determina il pericolo attuale e concreto di protrazione ed aggravamento delle conseguenze dei reati contestati e di commissione di ulteriori analoghi reati, sia attraverso la prosecuzione di lavori in corso e non ultimati, stante l’esistenza di una vasta area di cantiere e l’insistenza in essa di mezzi meccanici, sia attraverso l’utilizzo della struttura, con aggravio del carico urbanistico.
Ha presento ampia memoria difensiva NOME COGNOME, nella qualità di legale rappresentante della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO.
Nella memoria, in sintesi, si chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso del AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Salerno: 1) per l’originaria inammissibilità dell’atto di appello dal medesimo presentato, in quanto strutturato in violazione del dovere di specificità dei motivi; 2) per difetto di specificità dei motivi formulati nel ricorso rispetto alle ragioni indicate dal Tribunale a fondamento della conclusione della sussistenza del legittimo affidamento incolpevole del privato sulla legittimità delle opere dissequestrate; 3) per difetto dell’interesse ad impugnare, in quanto diretto a contestare essenzialmente la datazione delle opere, ma non la conclusione concernente l’incolpevole affidamento dell’attuale ricorrente in ordine alla legittimità delle stesse opere; 4) per la mancata deduzione di ‘reali’ violazioni di legge, in quanto diretto ad una non consentita rivalutazione del merito; 5) per la manifesta infondatezza delle censure.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate.
Preliminarmente, occorre osservare che le deduzioni formulate dalla difesa dell’indagato nella memoria, e relative alla inammissibilità del ricorso, sono infondate.
2.1. La prima deduzione della difesa concerne l’inammissibilità dell’atto di appello del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, assumendo che lo stesso è strutturato in violazione del dovere di specificità dei motivi.
La deduzione è infondata perché l’appello del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha contestato in modo analitico le motivazioni fornite dal G.i.p. del Tribunale di Salerno nel provvedimento di parziale dissequestro, indicando compiutamente le ragioni per le quali, a suo avviso, devono ritenersi sia la sussistenza del fumus dei reati sui quali si fonda l’applicazione della misura cautelare reale, sia l’insussistenza del legittimo affidamento dell’attuale ricorrente sulla regolarità delle opere restituitegli.
Infatti, e in particolare, nell’appello del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO si deduce che: a) il blocco centrale della struttura deve ritenersi illegittimo, in quanto realizzato dopo il rilascio della licenza n. 266 del 1968, come si desume dalla documentazione specificamente indicata, e, quindi, dopo l’entrata in vigore della c.d. legge-ponte, in data 1 settembre 1967, sicché non poteva essere edificato senza autorizzazione, nella specie, però, mancante; b) il legittimo affidamento dell’indagato, attuale ricorrente, sulla legittimità di tale blocco centrale è da escludere in ragione del mendacio concernente le attestazioni da lui presentate in ordine alle pratiche edilizie richiamate a dimostrazione della legittimità di tale manufatto; c) i villini esterni al blocco centrale e le ulteriori opere oggetto di condono edilizio non possono ritenersi legittimamente ‘recuperati’ con la concessione in sanatoria del 31 maggio 2019, attese sia le notevoli variazioni di volume tra l’istanza originaria dell’1 aprile 1986 e l’integrazione presentata nel 2017, sia l’omessa indicazione dei criteri impiegati per spiegare tali variazioni; d) il legittimo affidamento dell’indagato, quale legale rappresentante della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, affidataria del complesso immobiliare, sulla ‘regolarità’ del ‘recupero’ dei precisati villini e delle ulteriori opere oggetto di condono è da escludere perché le variazioni di volume sono imputabili proprio alla pratica presentata dal medesimo nel 2017; e) il ripristino del sequestro è necessario perché permane il pericolo grave ed attuale della protrazione delle conseguenze dei reati e del conseguente aggravio del carico urbanistico.
2.2. Le ulteriori deduzioni concernenti l’inammissibilità del ricorso per cassazione del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, invece, implicano un esame dei contenuti dello stesso.
La infondatezza di tali deduzioni, pertanto, risulterà all’esito dei rilievi che si svolgeranno in seguito sulla fondatezza dei motivi di ricorso.
2.3. Per completezza, può aggiungersi che il ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha anche illustrato le ragioni della sussistenza delle esigenze cautelari.
Non è questa la sede in cui deve essere esaminato il profilo delle esigenze cautelari, ma la loro rappresentazione è utile ai fini del giudizio sull’ammissibilità del ricorso, perché evidenzia l’interesse concreto ed effettivo del AVV_NOTAIO all’accoglimento della impugnazione da esso proposta.
Ciò posto, ai fini dell’esame di entrambi i motivi di ricorso, è utile indicare espressamente, per chiarezza, sia i criteri da seguire con riguardo al sindacato di legittimità in materia di provvedimenti cautelari reali, sia le ragioni della rilevanza del difetto del legittimo affidamento in ordine alla regolarità delle edificazioni già realizzate, da parte di chi esegue sulle stesse nuovi interventi edilizi.
3.1. Per quanto attiene all’ambito del sindacato di legittimità in materia di provvedimenti cautelari reali, il problema da esaminare è quello dei limiti del controllo sulle lacune motivazionali.
Secondo un principio consolidato, enunciato anche dalle Sezioni Unite, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso sì solo per violazione di legge, ma in tale nozione sono da comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (così Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01, nonché, tra le altre, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01).
Sembra opportuno precisare che il vizio di motivazione trasmodante in vizio di violazione di legge, quando ha ad oggetto specifiche deduzioni delle parti, rileva a condizione che l’accoglimento di tali deduzioni determinerebbe una diversa decisione su un punto della decisione.
3.2. Con riguardo alla rilevanza del difetto del legittimo affidamento in ordine alla regolarità delle edificazioni già realizzate, va data continuità all’applicazione del principio in forza del quale chi esegue sulle opere abusive nuovi interventi edilizi, nella consapevolezza delle illegittimità pregresse, fa propria la precedente attività illecita e le dà prosecuzione, sicché la sua condotta deve essere valutata alla luce dell’opera complessiva.
Invero, secondo una decisione, in tema di reati edilizi, la prosecuzione di lavori edili su manufatti abusivamente realizzati concretizza una nuova condotta illecita, a prescindere dall’entità dei lavori eseguiti ed anche quando per le condotte relative alla iniziale edificazione sia maturato il termine di prescrizione, atteso che i nuovi
interventi ripetono le stesse caratteristiche di illegittimità dall’opera principale alla quale strutturalmente ineriscono (Sez. 3, n. 30673 del 24/06/2021, Saracino, Rv. 282162 – 01). Altre pronunce, muovendosi nella spessa prospettiva, hanno puntualizzato che, in tema di reati edilizi, qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell’attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consista in un intervento di manutenzione ordinaria, perché anche tale categoria di interventi edilizi presuppone che l’edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente (cfr. Sez. 3, n. 48026 del 10/10/2019, COGNOME, Rv. 277349 01, e Sez. 3, n. 38495 del 19/05/2016, COGNOME, Rv. 267582 – 01).
E il principio ha trovato specifica applicazione anche nel caso di lavori eseguiti su manufatti originariamente abusivi ed irregolarmente sanati o condonati, come si assume nella vicenda oggetto del ricorso in esame in questa sede. Si è infatti precisato che, in tema di reati edilizi, in relazione ai lavori eseguiti su manufatti originariamente abusivi ed irregolarmente sanati o condonati sono configurabili le fattispecie di illecito previste dall’art. 44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, anche quando per le condotte relative alla iniziale edificazione e al conseguimento illegittimo del condono o della sanatoria sia maturato il termine di prescrizione, atteso che i nuovi interventi ripetono le stesse caratteristiche di illegittimità dall’opera principale alla quale strutturalmente ineriscono (Sez. 3, n. 26367 del 25/03/2014, Stewart. Rv. 259665 – 01).
In considerazione delle indicazioni precedentemente esposte, debbono ritenersi fondate, innanzitutto, le censure formulate nel primo motivo del ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO.
4.1. Il primo motivo di ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, riguarda la parte delle opere realizzate in epoca più antica, e contesta l’assenza di motivazione sia in ordine al profilo oggettivo dell’abuso, e precisamente in ordine alla legittimità del blocco centrale della struttura, inclusi i c.d. ‘miniappartamenti’, sia con riguardo al profilo soggettivo, e precisamente con riguardo all’esclusione del legittimo affidamento dell’indagato attuale ricorrente in relazione alla regolarità urbanistica di tali manufatti.
4.1.1. Con riferimento al profilo oggettivo, si evidenzia l’assenza di risposta da parte del Tribunale sulle censure relative alla omessa o inesatta indicazione delle ragioni da cui inferire la legittimità del blocco centrale e dei c.d. ‘miniappartamenti’, nonostante le puntuali deduzioni nell’atto di appello.
Si premette che il G.i.p. aveva ritenuto la legittimità dei c.d. ‘miniappartamenti’ in quanto indicati nella pratica del 14 febbraio 1968 prot. n. 690/1968 della
Soprintendenza. Si rappresenta che, nell’atto di appello del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, e poi nella memoria successivamente presentata dal medesimo Ufficio, si erano rimarcate l’illegittimità e l’inconferenza di tale conclusione, in quanto: a) lo stato dei luoghi descritto nella pratica del 14 febbraio 1968 prot. n. 690/1968 della Soprintendenza è completamente sovrapponibile a quello riportato nei grafici assentiti con la licenza edilizia n. 226 del 1968; b) la licenza edilizia n. 226 del 1968 non prevedeva affatto i c.d. ‘miniappartamenti’, ma solo sette cabine. Si aggiunge che il Tribunale ha dato atto che i periti non solo hanno collocato la realizzazione del blocco centrale con i c.d. ‘miniappartamenti’ nel 1973, ma hanno anche specificamente rilevato come la consistenza planovolumetrica del blocco centrale «non corrispondeva a quella rappresentata in licenza edilizia originaria n. 226/1968 per la maggiore lunghezza del corpo di fabbrica a L e per le destinazioni d’uso di vari ambienti». Si conclude che è meramente apparente la motivazione del Tribunale laddove ha affermato la legittimità dei c.d. ‘miniappartamenti’ perché si è limitata a riproporre le indicazioni del G.i.p., senza dare alcuna precisa risposta alle deduzioni formulate nell’atto di appello, e, in particolare, al rilievo secondo cui lo stato dei luoghi rappresentato nei grafici allegati alla licenza edilizia n. 226 del 1968 è identico a quello risultante dalle descrizioni riportate nella pratica del 14 febbraio 1968 prot. n. 690/1968 della Soprintendenza.
4.1.2. Con riferimento al profilo soggettivo, si evidenzia l’assenza di motivazione del Tribunale in ordine al legittimo affidamento del privato, attuale indagato e ricorrente, sulla preesistenza del blocco centrale e dei c.d. ‘miniappartamenti’ all’1 settembre 1967, nonostante le puntuali deduzioni formulate nell’atto di appello.
Si segnala che, nell’atto di appello del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, e poi nella memoria successivamente presentata dal medesimo Ufficio, si era rimarcato che: a) il privato, nelle istanze da lui prodotte per ottenere il condono per le ulteriori opere, non ha mai attestato tale preesistenza, ma, ben diversamente, ha solo asserito la legittimità del blocco centrale e dei c.d. ‘miniappartamenti’ perché autorizzati con la licenza edilizia n. 266 del 1968; b) la tesi della legittimità del blocco centrale perché autorizzato con la licenza edilizia n. 266 del 1968 è stata specificamente confutata dai periti nominati nell’incidente probatorio, con conclusione richiamata dallo stesso Tribunale; c) la tesi del privato, quindi, è basata su un elemento di fatto non vero.
4.2. L’ordinanza impugnata, sui punti indicati, ha omesso di fornire una effettiva risposta, incorrendo, perciò, nel vizio di motivazione meramente apparente.
4.2.1. Per quanto attiene al profilo della legittimità del blocco centrale e dei c.d. ‘miniappartamenti’, il Tribunale osserva che i periti nominati nell’incidente probatorio, nella relazione scritta, collocano l’opera nella consistenza attuale nel 1973, e
precisano che «la consistenza planovolumetrica di tale immobile non corrispondeva a quella rappresentata in licenza edilizia originaria 226/1968 per la maggiore lunghezza del corpo di fabbrica a L e per le destinazioni d’uso di vari ambienti». L’ordinanza aggiunge poi che, all’esito dell’esame in contraddittorio, uno dei periti ha precisato di non poter escludere che il blocco, nella medesima consistenza, fosse stato realizzato prima del giorno 1 settembre 1967, quindi in epoca anteriore alla data in cui è divenuto necessario premunirsi di titoli abilitativi per edificare. Il medesimo provvedimento segnala, quindi, di condividere l’incertezza manifestata dal perito in ordine alla effettiva data di realizzazione del blocco centrale e dei c.d. ‘miniappartamenti’, anche in ragione di quanto si rileva dalla pratica del 14 febbraio 1968 prot. n. 690/1968 della Soprintendenza, la quale dà atto della avvenuta realizzazione del bar-ristorante e delle cabine in muratura, ossia di opere che potrebbero essere identificate negli attuali ‘miniappartamenti’.
L’ordinanza impugnata, così argomentando, non ha risposto al motivo di appello nella parte in cui questo aveva contestato l’affermazione del G.i.p. in ordine alla possibile anteriorità del blocco centrale e dei c.d. ‘miniappartamenti’ rispetto all’1 settembre 1967. L’ordinanza, infatti, non ha esaminato le doglianze evidenzianti come lo stato dei luoghi rappresentato nei grafici allegati alla licenza edilizia n. 226 del 1968 fosse identico a quello risultante dalle descrizioni riportate nella pratica del 14 febbraio 1968 prot. n. 690/1968 della Soprintendenza.
La lacuna è decisiva, perché, se lo stato dei luoghi rappresentato nei grafici allegati alla licenza edilizia n. 226 del 1968 fosse identico a quello risultante dalle descrizioni riportate nella pratica del 14 febbraio 1968 prot. N. 690/1968 della Soprintendenza, così come dedotto nell’appello del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, sarebbe insuperabile l’osservazione contenuta nella relazione dei periti secondo cui «la consistenza planovolumetrica di tale immobile non corrispondeva a quella rappresentata in licenza edilizia originaria 226/1968 per la maggiore lunghezza del corpo di fabbrica a L e per le destinazioni d’uso di vari ambienti», e, quindi, dovrebbe ritenersi accertata, almeno ai fini del giudizio cautelare, l’abusività della precisata struttura.
4.2.2. Per quanto concerne il legittimo affidamento del privato, attuale indagato e ricorrente, sulla preesistenza del blocco centrale e dei c.d. ‘miniappartamenti’ all’1 settembre 1967, il Tribunale rappresenta che non vi è alcun elemento per ritenere che l’indagato e attuale ricorrente fosse a conoscenza dell’esatta consistenza del blocco centrale della struttura quando nel 2017 sollecitò la definizione della pratica di condono relativa ai villini e alle ulteriori opere esterne al precisato blocco centrale.
Aggiunge, inoltre, che: a) l’indagato e attuale ricorrente ha fatto affidamento sulla complessa evoluzione della pratica edilizia, e si è reso aggiudicatario della gestione dell’immobile, di proprietà del Comune, all’esito di una gara pubblica espletata nel 2018, nella quale sono stati prodotto i medesimi titoli abilitativi e grafici contestati dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO; b) il grafico allegato alla licenza edilizia è lo stesso prodotto nel giudizio civile tra i concessionari originari dell’area ed il Comune per la determinazione dell’indennità di occupazione; c) non ha significato dirimente il rinvenimento di documentazione di segno contrario presso gli uffici della Soprintendenza, perché avvenuto solo nel 2024.
L’ordinanza impugnata, così argomentando, non ha risposto al motivo di appello nella parte in cui aveva rilevato che l’indagato e attuale ricorrente, nel corso della procedura amministrativa, aveva affermato la legittimità del blocco centrale e dei c.d. ‘miniappartamenti’ sulla base della licenza edilizia n. 266 del 1968, ossia sulla base di un dato di fatto del tutto inesatto, in quanto, come affermato anche dai periti nominati dal G.i.p., «la consistenza planovolumetrica di tale immobile non corrispondeva a quella rappresentata in licenza edilizia originaria 226/1968 per la maggiore lunghezza del corpo di fabbrica a L e per le destinazioni d’uso di vari ambienti».
La lacuna, anche in questo caso, è decisiva, perché, se l’affermazione della legittimità del blocco centrale della struttura, espressa dall’indagato e attuale ricorrente nel corso della procedura amministrativa di condono delle ulteriori opere, si fosse basata, come assunto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, sulla produzione, da parte sua, di documenti dai quali sarebbe invece direttamente evincibile l’illegittimità almeno parziale del medesimo manufatto, questa circostanza sarebbe specificamente indicativa dell’assenza di un legittimo affidamento del medesimo soggetto già in quel momento, e, quindi, la eventuale irrilevanza della stessa in ordine a tale profilo dovrebbe essere oggetto di precisa motivazione.
Fondate, poi, sono anche le censure formulate nel secondo motivo.
5.1. Il secondo motivo di ricorso riguarda la parte concernente la successiva ‘espansione’ della struttura, e contesta l’assenza di motivazione sia in ordine al profilo oggettivo dell’abuso, e precisamente in ordine alla legittimità del condono dei villini e delle ulteriori opere esterne al blocco centrale, sia con riguardo al profilo soggettivo, e precisamente con riguardo all’esclusione del legittimo affidamento dell’indagato attuale ricorrente in relazione alla regolarità urbanistica di tali manufatti.
5.1.1. Con riferimento al profilo oggettivo, si evidenzia l’apoditticità dell’affermazione del Tribunale laddove esclude l’indicazione di volumetrie maggiori nell’integrazione del condono presentata nel 2017 dall’indagato e attuale ricorrente rispetto a quelle indicate nell’originaria istanza di condono dell’1 aprile 1986.
Si osserva segnatamente che il Tribunale non ha considerato: a) l’accertamento delle sostanziali e reali variazioni volumetriche degli immobili effettuate in epoca successiva all’1 ottobre 1983, data ultima per la condonabilità delle opere a norma della legge n. 47 del 1985, effettuata con sopralluogo del 16 marzo 1991; b) l’identità del criterio di calcolo impiegato nell’istanza dell’1 aprile 1986 e nell’integrazione presentata nel 2017, e, ciononostante, la differenza in aumento dei volumi indicati nella seconda pratica rispetto alla prima. Si rimarca che questi elementi erano stati sottolineati e documentati nell’atto di appello e nella successiva memoria.
5.1.2. Con riferimento al profilo soggettivo, si evidenzia l’assenza di motivazione del Tribunale, anche per incomprensibilità, in ordine al legittimo affidamento del privato, attuale indagato e ricorrente, sulla correttezza del condono dei villini e delle ulteriori opere esterne al blocco centrale.
Si segnala che il Tribunale, innanzitutto, ha affermato il legittimo affidamento del privato, attuale indagato e ricorrente, facendo riferimento alla sua buona fede in ordine alla regolarità del blocco centrale della struttura, ossia ad una parte diversa da quella oggetto dell’istanza di condono, e che si assume essere stata legittimamente realizzata ab origine . Si aggiunge che il Tribunale osserva: «Né può deporre in senso contrario il rinvenimento di documentazione diversa, presso gli uffici della Soprintendenza, nel 2024», senza però nulla indicare a fondamento e spiegazione di tale affermazione.
5.2. L’ordinanza impugnata, sui punti indicati, ha omesso di fornire una effettiva risposta.
5.2.1. Per quanto attiene al profilo della legittimità del condono dei villini e delle ulteriori opere esterne al blocco centrale, il Tribunale osserva che: a) detti manufatti, secondo i periti nominati nell’incidente probatorio, esistevano in epoca antecedente all’1 ottobre 1983, o comunque vi è obiettiva incertezza in proposito, anche perché l’immobile è stato più volte offerto in rappresentazione al Comune, senza ricevere alcun rilievo; b) ai fini della correttezza della documentazione presentata nel 2017 per l’integrazione del condono, deve tenersi conto anche della documentazione integrativa presentata dal precedente titolare della concessione nel 1992, delle ordinanze di demolizione ottemperate, e dei rilievi dei periti sulla legittimità dei criteri di calcolo indicati nel 2017.
L’ordinanza impugnata, così argomentando, non ha risposto al motivo di appello nella parte in cui aveva denunciato che: a) l’accertamento di sostanziali variazioni volumetriche degli immobili in epoca successiva all’1 ottobre 1983, data ultima per la condonabilità delle opere a norma della legge n. 47 del 1985, era avvenuto all’esito di un sopralluogo effettuato il 16 marzo 1991; b) la differenza in aumento dei volumi oggetto di condono indicati nella integrazione nel 2017 rispetto alla originaria pratica del 1986 non era comprensibile, stante l’identità del criterio di calcolo applicato nelle due istanze del 2017 e del 1986.
La lacuna è decisiva, perché, se il sopralluogo del 16 marzo 1991 fosse tale da dimostrare l’effettuazione di variazioni sostanziali delle opere dopo l’1 ottobre 1983, le stesse non sarebbero condonabili. Inoltre, non è comprensibile, nei termini esposti dall’ordinanza impugnata, la conclusione secondo cui l’integrazione presentata nel 2017 e l’originaria pratica del 1986 avrebbero ad oggetto le medesime opere, perché non hanno trovato concreta risposta i rilievi evidenzianti come l’istanza più recente si riferisca ad una volumetria maggiore, sebbene le due istanze abbiano impiegato il medesimo criterio di calcolo.
5.2.2. Per quanto concerne il legittimo affidamento del privato, attuale indagato e ricorrente, sulla correttezza del condono dei villini e delle ulteriori opere esterne al blocco centrale, il Tribunale rappresenta che il precisato soggetto avrebbe ricevuto gli immobili, ivi comprese le villette oggetto di condono, all’esito di una gara pubblica, «e dunque in termini che creano un affidamento dell’imprenditore privato di particolare intensità», nonché, più in AVV_NOTAIO, che il medesimo avrebbe nutrito legittimamente fiducia sulla legittimità di opere realizzate oltre quaranta anni prima.
L’ordinanza impugnata, così argomentando, non ha risposto al motivo di appello nella parte in cui aveva rilevato che il legittimo affidamento dell’indagato e attuale ricorrente era stato affermato in maniera del tutto apodittica, o comunque in modo del tutto incongruo, facendo riferimento alla (asserita) regolarità del blocco centrale, ossia ad un immobile ben distinto dai villini e dalle ulteriori opere esterne al precisato blocco centrale.
La lacuna, anche in questo caso, è decisiva, perché, se l’affermazione del legittimo affidamento sulla correttezza del condono dei villini e delle ulteriori opere esterne al blocco centrale non è fondata su dati riferiti specificamente a queste opere, deve concludersi che non vi è alcuna reale motivazione a sostegno della stessa.
Stante la fondatezza delle censure esposte nei due motivi del ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, l’ordinanza impugnata deve essere annullata.
Il Giudice del rinvio procederà a nuovo esame dell’appello del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, e, nello svolgimento di tale funzione, eviterà, in particolare, di incorrere nei vizi di omessa motivazione rilevati in precedenza nei §§ 4.2.1, 4.2.2, 5.2.1 e 5.2.2.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso il 15/10/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME