Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24330 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24330 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Albenga il 05/08/1980
avverso l’ordinanza del 09/01/2025 del Tribunale della Spezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso riportandosi integralmente al ricorso e chiedendo l’accoglimento dei motivi dedotti.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 09/01/2025, il Tribunale della Spezia rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip in data 11/12/2024, ai sensi degli artt.240240-bis cod.pen., 12bis e 12ter dlgs 74/2000, in relazione al reato di cui agli artt. 416 cod.pen. ed a plurimi reati tributari.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo.
Espone che il ricorrente era indagato unicamente per il reato di cui all’art. 416, commi 2 e 5, cod.pen’ quale prestanome della RAGIONE_SOCIALE e che, quindi, non era stato attinto da una contestazione finanziaria relativa al d.lgs 74/2000; il Tribunale avrebbe dovuto annullare il sequestro, non trovando applicazione l’art 12-bis d.lgs 74/2000 né l’art. 240-bis cod.pen. riguardante reati diversi da quelli contestati; argomenta che in relazione alla RAGIONE_SOCIALE il sequestro avrebbe dovuto operare nei limiti della somma di euro 8.151,13, indicata quale prezzo del reato tributario di cui all’art. 8 d.lgs 74/2000 e che in relazione al ricorrente vertendosi in ipotesi di reato plurisoggettivo non era stata individuata la somma effettivamente percepita dal singolo sodale quale profitto del reato.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il Pg ha depositato requisitoria scritta; il difensore del ricorrente ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen. e conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei limiti appresso precisati.
Le doglianze proposte dal ricorrente con riferimento al decreto di sequestro preventivo in capo alla società RAGIONE_SOCIALE sono inammissibili.
Il ricorrente lamenta aspetti non invocabili perché inerenti a diritti di soggetto diverso, nella specie la RAGIONE_SOCIALE quale unico titolare del diritto alla restituzione dei beni (cfr in motivazione Sez.U, n. 13539 del 30/01/2020, che hanno anche richiamato Sez. 5, n. 8922 del 26/10/2015, Poli, Rv. 266141, sia pure con riferimento alla dichiarata inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento di confisca di beni formalmente intestati a terzi dal soggetto presunto interponente, che assuma invece la titolarità effettiva ed esclusiva dei beni in capo al terzo intestatario, in quanto la legittimazione all’impugnazione spetta solo a quest’ultimo, quale unico soggetto avente, in
ipotesi, diritto alla restituzione del bene; nonchè Sez.5, n. 18508 del 16/02/2017, Rv.270209 – 02, che ha affermato che è inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto avverso la confisca di un bene da parte dell’imputato del reato in riferimento al quale la confisca viene disposta, che non sia titolare o gestore del bene stesso; in senso conforme Sez.5, n.18508 del 16/02/2017, Rv. 270209 02).
Il ricorso, infatti, è stato proposto in proprio dal COGNOME e non anche quale legale rappresentante della predetta società, caso in cui avrebbe dovuto, peraltro, anche munirsi di procura speciale.
Secondo il condivisibile orientamento di questa Corte, l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez.1, n. 6779 del 08/01/2019, Rv.274992 01). E’ ciò che questa Corte ha affermato in fattispecie sovrapponibile a quello in esame, dichiarando inammissibile per carenza di interesse il ricorso dell’indagato per la restituzione di beni in sequestro di proprietà di una società in accomandita, in quanto, sebbene egli ne fosse il legale rappresentante, aveva presentato il ricorso in proprio (Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017 – dep. 13/10/2017, COGNOME e altri, Rv. 271231.
In un’altra pronuncia – Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016 – dep. 10/03/2016, COGNOME, Rv. 266713 – si è ribadita la necessità di un interesse concreto ed attuale dell’indagato, non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare, che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro ( in motivazione, la Corte ha precisato che il principio trova fondamento non solo nelle norme settoriali che disciplinano le impugnazioni cautelari reali, artt. 322 e 322-bis cod. proc. pen., ma anche in quelle generali sull’interesse all’impugnazione, artt. 538, comma quarto, e 591, comma primo, lett. a),cod. proc. pen.).
E quanto alla necessità della procura speciale al difensore della società, si veda Sez. 5, n. 9435 del 10/11/2011 – dep. 12/03/2012, COGNOME, Rv. 251997, secondo cui il difensore dell’indagato che sia anche legale rappresentante della società titolare dei beni sottoposti a sequestro preventivo, non è legittimato a proporre richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo della misura cautelare per conto della persona giuridica, qualora il proprio assistito non gli abbia all’uopo preventivamente conferito apposita procura speciale.
Le doglianze mosse dal ricorrente con riferimento al decreto di sequestro preventivo emesso nei suoi confronti ed avente ad oggetto la somma di euro
16.180,82 giacente sul c/c in essere presso Poste Italiane s.p.aRAGIONE_SOCIALE, filiale di Rapallo, intestato a COGNOME NOME, sono fondate.
Il Tribunale ha confermato la misura cautelare reale qualificandola come sequestro preventivo in via diretta delle somme di denaro giacenti sul conto corrente, quale profitto del contestato reato associativo.
Su punto la motivazione è apparente, in quanto alcuna argomentazione viene svolta sulle ragioni giustificatrici della ritenuta natura del sequestro sull’individuazione del profitto del reato. E tanto in violazione dei principi di diri affermati da Sez. U, n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287756 02, che hanno precisato: «La confisca del denaro che costituisce il prezzo o il profitto del reato è diretta se vi è la prova del nesso di derivazione del denaro dal reato», aggiungendo inoltre: «L’estensione della nozione di profitto, e, quindi, la possibilità di disporre la confisca diretta del “provento” del reato (surrogati, utili mediate, reimpieghi) non esime, come anche nel caso di ablazione prezzo del reato, dalla prova del nesso di derivazione della res dal reato (cfr., in motivazione, § 19).
Il principio enunciato dalle Sezioni Unite limita l’oggetto della confisca diretta del denaro, e quindi del sequestro funzionale a tale confisca diretta, perché consente questa forma di ablazione con riguardo alle sole somme di cui è accertato il nesso di derivazione causale dal reato.
Secondo le Sezioni Unite «La confisca del profitto, anche quella per equivalente, assolve sempre ad una funzione recuperatoria»: infatti, «Se, da un lato, è vero che la confisca per equivalente ha una funzione sanzionatoria perché con essa si “rompe” il nesso di pertinenzialità sul piano qualitativo tra bene e reato, per cui, invece di confiscare le esatte cose che sono entrate nella sfera giuridica dell’autore, se ne confiscano altre, dall’altro lato, è anche vero che le cose confiscate hanno lo stesso valore del provento, con la conseguenza che questa “rottura” non incide sull’essenza recuperatoria della confisca»; sicché «La confisca di somme di danaro ha natura diretta soltanto in presenza della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato, mentre, qualora tale nesso di pertinenzialità non sussista, la stessa deve essere considerata come confisca per equivalente, non potendosi far discendere la qualificazione dell’ablazione dalla natura del bene che ne costituisce l’oggetto».
La rilevata apparenza della motivazione conduce, quindi, all’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente al sequestro della somma di euro 16.180,82, con rinvio al Tribunale della Spezia per nuovo giudizio; il ricorso va, poi, dichiarato inammissibile nel resto.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al sequestro della somma di euro 16.180,82 euro e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale della Spez
competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod.proc.pen. Dichiara inammissibil il ricorso nel resto.