Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12989 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12989 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nata a Salerno il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte d’appello di Milano del 16,10.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza con cui, in data 1.2.2023, il GIP del Tribunale di Como aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile degli episodi di rapina aggravata e furto aggravato a lei ascritti e, ritenuto tra i diversi delitti il vincolo della continuazione, con le circostan attenuanti generiche stimate prevalenti sulle aggravanti contestate sul più grave delitto di cui al capo 5) ed applicata la riduzione per la scelta del rito, l’avev condannata alla pena complessiva e finale di anni 3 di reclusione ed euro 1.400 di multa oltre al pagamento delle spese processuali, applicando altresì la pena accessoria conseguente all’entità di quella principale;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 capo 5): error in judicando, illogicità della motivazione; malgoverno degli esiti probatori risultanti dal processo: error in judicando sulla mancata applicazione della attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.: rileva che la persona offesa aveva smentito la ricostruzione proposta nella sentenza impugnata quanto all’accompagnamento dei rapinatori sul luogo in cui sarebbe stato commesso il fatto e che il tracciamento del segnale GPS aveva confermato la versione dell’imputata sul fatto di trovarsi, con la propria vettura ed in compagnia di altra donna, non lontano da quei luoghi ma che i giudici di merito non hanno valutato la deposizione della persona offesa che non aveva visto la vettura arrivare sul posto con a bordo i presunti complici avendola solo casualmente incrociata con a bordo due donne; segnala che la Corte territoriale ha totalmente omesso di motivare sui rilievi difensivi articolati in punto di attendibilità della chiamata correità del coimputato COGNOME; in via gradata, sottolinea la marginalità del ruolo che si vorrebbe ascrivere alla RAGIONE_SOCIALE e tale da giustificare il riconoscimento della attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.;
2.2 capo 6): vizio di motivazione; error in judicando ed illogicità della motivazione sulla ritenuta consapevolezza dell’imputata circa le intenzioni del convivente: rileva che la affermazione della Corte territoriale si risolve in una motivazione sostanzialmente apparente circa la partecipazione della stessa alla iniziativa assunta dal compagno;
2.3 capi 7), 8), 9): error in procedendo in relazione al mancato rilievo della condizione di procedibilità delle querele sporte da soggetti non legittimati: rileva che il primo giudice aveva considerato la denuncia valida anche come querela pur a fronte del difetto di delega puntualmente rilevato anche dal PG; segnala che la Corte territoriale ha fornito una risposta incongrua ai rilievo difensivo avanzato sui capi 7) e 9) non avendo peraltro considerato il tenore degli atti di denuncia e la espressa limitazione delle relative procure; osserva che, con riguardo al capo 8),
la Corte ha ammesso il difetto di querela ritenendo di poterlo superare invocando il diverso reato di danneggiamento per il quale, peraltro, non si era proceduto nei confronti del ricorrente;
la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per l’inammissibilità del ricorso: rileva il difetto di autosufficienza del primo motivo che sollecita valutazioni non consentite alla Corte di legittimità; quanto al secondo motivo, rileva che il ricorrente anche in tal caso mira ad introdurre una surrettizia rivalutazione di elementi di fatto già adeguatamente presi in considerazione dalla Corte territoriale, che ha motivato con argomentazioni lineari sul piano logico e non censurabili in questa sede; quanto, infine, al terzo motivo, rileva, in primo luogo che la mancata allegazione delle denunce-querele e della procura speciale oggetto delle censure non consente alla Corte una loro diretta valutazione, aggiungendo che, in ogni caso, la Corte territoriale ha indicato puntualmente gli atti di impulso evidenziando l’espressa indicazione di una volontà punitiva mentre la limitazione della procura speciale alla sola presentazione della denuncia di furto, oltre ad essere privo di dimostrazione processuale, appare anche illogica, posto che la mera denuncia può essere presentata da qualsiasi soggetto e non solo dalla persona offesa e, pertanto, la procura speciale finirebbe per essere sostanzialmente inutile;
in data 28.2.2024 la difesa ha trasmesso note d’udienza con cui, in replica alle conclusioni della Procura AVV_NOTAIO, ribadisce l’assenza della condizione di procedibilità quanto ai delitti di furto allegando le relative denunce e le deleghe e, pertanto, insistendo sul motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, infondato.
I primi due motivi sono articolati con censure non consentite in questa sede introducendo doglianze che, pur formalmente qualificate in termini di violazione di legge o di vizio della motivazione, sono in realtà estranee al perimetro delle questioni suscettibili di essere devolute in sede di legittimità come disegnato dall’art. 606 cod. proc. pen..
Il ricorso finisce infatti per contestare il giudizio di responsabilità, ovvero risultato probatorio cui sono approdati i giudici di primo e secondo grado che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi
nel ravvisare tali elementi nella ricostruzione della concreta vicenda processuale; il vizio di violazione di legge va dedotto contestando la riconducibilità del fatto come ricostruito dai giudici di merito – nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, contestare o mettere in dubbio che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termini idonei a ricondurla al paradigma legale, operazione, questa, che è, invece, propria del giudizio di merito essendo certamente preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata ovvero l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, anche qualora indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati da giudice del merito (cfr., Sez. 6 – , n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507; cfr., ancora, Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234148).
Tanto premesso, vale la pena di chiarire che, nel casa di specie, si è in presenza di una “doppia conforme” di merito, ovvero di decisioni che, nei due gradi, ed in punto di responsabilità, sono pervenute a conclusioni analoghe sulla scorta di una conforme valutazione delle medesime emergenze istruttorie, cosicché è certamente possibile richiamare e fare applicazione del principio per cui la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia quando operi attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia quando, per l’appunto, adotti gli stessi criteri utilizzati nella valutazione del prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette in maniera congiunta e complessiva ben potendo integrarsi reciprocamente dando luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (cfr., .Sez. 2 – , n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, NOME, 252615; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
1.1 Quanto all’episodio contestato al capo 5), già il Tribunale aveva avuto modo di spiegare che la vittima, dopo esser stato rapinato, si era posto all’inseguimento di una Renault Clio di colore azzurro, di cui aveva comunicato la targa ai CC ma a bordo della quale aveva notato solo due donne per cui aveva dismesso l’inseguimento; se non ché, le indagini intraprese avevano consentito di risalire ad una autovettura Rénault Clio, notata già in occasione della rapina effettuata in data 31.1.2021 ai danni dell’esercizio commerciale RAGIONE_SOCIALE, intestata a tale NOME COGNOME ma di fatto in uso alla odierna ricorrente e su cui era stato perciò installato un GPS.
Ed era stato proprio sulla scorta delle risultanze del GPS che era stato possibile verificare che, il giorno della rapina, la vettura si era spostata dall abitazione della COGNOME e del suo convivente COGNOME (che aveva confessato di aver posto in esserne stato l’autore in concorso con il COGNOME ed il COGNOME), sino al luogo dell’agguato e, con essa, il medesimo percorso era stato seguito dalle utenze telefoniche del pari monitorate dagli investigatori.
Del tutto coerentemente e senza alcun salto logico, pertanto, la Corte d’appello, a fronte dei rilievi difensivi, ha potuto valorizzare la chiamata in correit del COGNOME in quanto puntualmente e specificamente riscontrata dalle risultanze delle indagini tecniche sullo spostamento della vettura in uso alla COGNOME e sul posizionamento delle utenze telefoniche pure a lei intestate e che, complessivamente, hanno consentito la conferma del giudizio di responsabilità rispetto al quale il ricorso si risolve, in sostanza, nella riproposizione di una indimostrata ricostruzione alternativa.
Il COGNOME, infatti, aveva chiamato in causa, quali coautori della rapina, COGNOME e COGNOME precisando che ad accompagnarli era stata proprio COGNOME, circostanza riscontrata sia sul piano logico sia dalla identica modalità replicata nell’episodio di cui al capo 6), quanto dalla attestata presenza, sul posto, di una vettura dalla targa corrispondente (salvo l’errore sulla prima lettera) condotta dalla compagna di uno dei rapinatori.
Manifestamente infondata, inoltre, è la doglianza concernente il diniego della attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. correttamente esclusa dalla Corte distrettuale atteso che, come è pacifico, per la sua integrazione non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, ma è necessario che il contributo si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve, rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale del crimine commesso (cfr., recentemente, tra le tante, Sez. 4 – , n. 26525 del 07/06/2023, COGNOME, Rv. 284771 – 01; cfr., in tal senso, Sez. 1, n. 9458 del 20/06/1994, COGNOME, Rv. 199847 – 01, in cui la Corte ha affermato che l’attenuante della minima partecipazione, di cui all’art. 114 cod. pen., non è applicabile a colui che attende il complice alla guida di un’autovettura per portarlo in salvo, poiché egli facilita il compimento dell’attività criminosa e rafforza l’efficienza dell’opera svolt dal correo, garantendone una rapida fuga dal luogo del commesso reato ed una quasi certa impunità; conf., ancora, Sez. 5 – , n. 21469 del 25/02/2021, COGNOME, Rv. 281312 – 02 in cui la Corte ha affermato che non può riconoscersi l’attenuante della partecipazione di minima importanza a colui che, nella c:ommissione di un furto, abbia svolto la funzione di “palo”, in quanto il suo contributo, anche se di importanza minore rispetto a quella dei correi, facilita la realizzazione dell’attività
criminosa, rafforzando l’efficienza dell’opera degli esecutori materiali e garantendo loro l’impunità; conf., su questa ipotesi, Sez. 2 – , n. 21453 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 275817 – 01; Sez. 2, n. 46588 del 29/11/2011, NOME, Rv. 251223 01).
1.2 Considerazioni analoghe possono farsi sulle conclusioni cui sono concordemente approdati i giudici di merito quanto alla responsabilità della ricorrente per l’episodio contestato al capo 6) della rubrica.
Si è sostenuto, infatti, che, a fronte della circostanza, pacifica, secondo cui era stata anche in tal caso la RAGIONE_SOCIALE ad accompagnare sul posto i rapinatori, fosse “implausibile che … fosse inconsapevole del proposito criminoso, considerato che normali regole di prudenza impediscono che si coinvolga in una rapina un soggetto inconsapevole” (pag. 7 della sentenza impugnata; cfr., anche, pagg. 2021 della sentenza di primo grado che aveva sottolineato come COGNOME NOME e COGNOME avessero riferito di essere stati portato sul posto dalla donna per cui “… non è credibile che ella non sapesse quale fosse la ragione di quel viaggio, sia perché – come risulta dalle altre imputazioni – ella partecipava alle azioni predatorie dei sodali (ed in special modo del proprio convivente) sia perché il g iorno prima aveva compiuto un apposito sopralluogo, sia perché le modalità stesse in cui avveniva detto accesso erano quelle tipiche di una rapina”.
La Corte d’appello, al fine di corroborare questa sua valutazione rendendola del tutto ineccepibile sul piano logico-inferenziale, ha correttamente ed ineccepibilmente valorizzato sia la circostanza del pacifico coinvolgimento della COGNOME nell’episodio in danno del vicino esercizio commerciale RAGIONE_SOCIALE del giorno precedente sia, per l’appunto, il rapporto di convivenza con uno dei concorrenti in entrambe le rapine.
2. Il terzo motivo è infondato.
I capi 7), 8) e 9) della rubrica riguardano furti (consumati o tentati) pluriaggravati in termini che, alla data della commissione del fatto e della sentenza di primo grado, rendeva l’azione penale procedibile di ufficio laddove, a séguito della entrata in vigore del D. Lg.vo 150 del 2022 (cd. “riforma Cartabia” differita dal DL 162 del 31.10.2022 convertito nella legge 199 del 30.12.2022), era divenuta procedibile solo a querela.
Ebbene, se effettivamente soltanto a partire dall’entrata in vigore della novella del 2022 i furti per cui si procede sono divenuti procedibili ad istanza di parte, si spiega la ragione per cui le deleghe conferite ai responsabili degli esercizi commerciali, proprio perché confezionate in precedenza, facessero riferimento soltanto alla facoltà di “denuncia”; ma è proprio questo dato che induce a ritenere
che, in ogni caso, la “delega” avesse inteso conferire il potere, al sottoposto, di attivare il procedimento penale attraverso un atto di impulso che all’epoca non era necessariamente quello della formale querela ma che, indubbiamente, doveva ricomprendere anche quest’ultimo atteso che la facoltà di sporgere una mera “denuncia” non era e non è subordinato al conferimento ed alla titolarità di alcuna delega.
In ogni caso, e con argomentazione assorbente, va richiamato il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui quel che rileva, ai fini della legittimazione a sporgere querela, è non (sol)tanto la titolarità formale del potere di gestione, appartenente, nelle società di capitali, all’amministratore delegato o al consiglio di amministrazione, quanto la titolarità di una posizione di detenzione qualificata del bene, che ne comporti l’autonomo potere di custodia, gestione ed alienazione.
Si è chiarito, infatti, che il bene giuridico protetto dal delitto di furt individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso – inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità – che si configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto spetta la qualifica di persona offesa e, d conseguenza, la legittimazione a proporre querela (cfr., Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255975 – 01 che. in applicazione di tale principio, ha riconosciuto al responsabile di un supermercato la legittimazione a proporre querela).
Per questa ragione, quindi, si è ritenuto che, aoi fini della procedibilità di un furto commesso all’interno di un supermercato, il responsabile della sicurezza dell’esercizio commerciale sia legittimato a proporre querela, anche quando non sia munito dei poteri di rappresentanza del proprietario, in quanto, per l’appunto, titolare della detenzione qualificata della cosa in custodia, che è compresa nel bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice (cfr., Sez. 5 – , n. 3736 del 04/12/2018 (dep. 25/01/2019), COGNOME, Rv. 275342 – 01); analoga legittimazione è stata riconosciuta al capo reparto di un supermercato (cfr., Sez. 5, n. 11968 del 30/01/2018, COGNOME. Rv. 272696 – 01) ovvero al custode dello stabilimento (cfr., così. Sez. 5, n. 55025 del 26/09/2016, COGNOME, Rv. 268906 – 01), al direttore dell’esercizio commerciale (cfr., Sez. 4, n. 8094 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259289 – 01) o di un supermercato (cfr., Sez. 5, n. 34009 del 16/06/2010, COGNOME, Rv. 248411 01), al responsabile del punto vendita (cfr., Sez. 4, n. 41592 del 16/11/2010, Cacciari Rv. 249416 01).
Quanto al capo 8), i giudici di merito hanno del pari correttamente fatto applicazione del principio secondo cui, in tema di reati perseguibili a querela, non compete al querelante dare la qualificazione giuridica del fatto, dovendo egli limitarsi ad esporlo nella sua materialità, come avvenuto nel caso di specie, atteso che il diritto di querela concerne unicamente il fatto delittuoso, quale enunciato nella sua essenzialità (cfr., in tal senso, Sez. 5 – , n. 27964 del 01/07/2020, L. Rv. 279531 – 01).
Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorre.nte al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 1’1.3.2024