Furto e Diritto di Querela: Chi può Denunciare?
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale in materia di reati contro il patrimonio: la legittimazione querela furto. La domanda al centro del caso è apparentemente semplice: chi ha il diritto di denunciare un furto? Solo il proprietario del bene sottratto o anche chi ne aveva la semplice disponibilità materiale? La Suprema Corte offre una risposta netta, confermando un orientamento che amplia la tutela penale al di là del mero titolo di proprietà.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di furto aggravato, ai sensi degli articoli 624 e 625 del codice penale. La condanna, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, veniva impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. L’imputato, attraverso il suo difensore, sollevava diverse questioni, sostenendo l’illegittimità della sentenza di condanna.
Le Doglianze dell’Imputato
Il ricorso si fondava su tre motivi principali:
1. Difetto della condizione di procedibilità: Secondo la difesa, la querela era stata presentata da un soggetto non legittimato, in quanto non proprietario né titolare di un diritto reale sul bene sottratto.
2. Insussistenza dell’aggravante: Veniva contestata la presenza dell’aggravante di aver commesso il fatto su cose esposte per necessità o consuetudine alla pubblica fede, ritenendo che mancasse l’elemento della consuetudine.
3. Erronea dichiarazione di abitualità nella delinquenza: L’imputato contestava la valutazione dei giudici di merito che lo avevano dichiarato delinquente abituale.
La Decisione della Cassazione: Piena Legittimazione Querela Furto
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato e, in parte, una mera riproposizione di argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di merito. La decisione si sofferma in modo particolare sul primo motivo, offrendo chiarimenti fondamentali sulla legittimazione querela furto.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha smontato le tesi difensive basandosi su principi giuridici consolidati.
Il Concetto di Possesso nel Reato di Furto
Il punto centrale della motivazione riguarda la nozione di “persona offesa” nel delitto di furto. I giudici hanno ribadito un principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 40354/2013): il bene giuridico protetto dalla norma non è solo la proprietà o un altro diritto reale, ma anche il possesso. Quest’ultimo viene inteso come una semplice relazione di fatto con la cosa, che non richiede necessariamente la sua disponibilità fisica diretta.
Di conseguenza, la tutela si estende a chiunque abbia un potere di fatto sul bene, anche se tale potere non deriva da un titolo giuridico valido. Anzi, la Corte specifica che il possesso è tutelato persino quando si è costituito in modo clandestino o illecito. Pertanto, anche il titolare di una tale posizione di fatto ha la qualifica di persona offesa e, di conseguenza, la piena legittimazione a proporre querela.
Sulla Sussistenza dell’Aggravante e dell’Abitualità
Anche gli altri due motivi sono stati ritenuti inammissibili. Riguardo all’aggravante, la Corte ha considerato corretta la valutazione dei giudici di merito, i quali avevano riconosciuto la necessità di non custodire specificamente i beni per non rallentare l’attività lavorativa. In merito all’abitualità nella delinquenza, è stato confermato che la valutazione si basava non solo sui precedenti penali, ma anche sulla pericolosità sociale derivante dalla ripetitività delle condotte illecite, giustificando una prognosi negativa per il futuro.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un importante principio di diritto: la tutela contro il furto non è riservata al solo proprietario. Chiunque eserciti un controllo fattuale su un bene, anche in assenza di un titolo legale, ha il diritto di essere protetto e, quindi, di denunciare la sottrazione subita. Questa interpretazione estensiva garantisce una protezione più ampia contro gli atti di spoliazione, focalizzandosi sulla concreta relazione tra la persona e il bene, piuttosto che su formalismi giuridici. La decisione ribadisce che l’ordinamento penale mira a difendere la pace sociale, sanzionando chiunque si appropri indebitamente di beni altrui, a prescindere dalla natura del legame tra la vittima e la cosa sottratta.
Chi può sporgere querela per il reato di furto?
Secondo la Corte di Cassazione, può sporgere querela non solo il proprietario del bene, ma chiunque ne abbia il possesso, inteso come una relazione di fatto con la cosa, anche se non basata su un titolo giuridico.
Il possesso di un bene ottenuto in modo illecito è tutelato in caso di furto?
Sì. La sentenza chiarisce che il possesso è tutelato anche quando si è costituito in modo clandestino o illecito. Di conseguenza, anche chi possiede illecitamente un bene può sporgere querela se lo subisce.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato e perché riproponeva argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove e pertinenti questioni di diritto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38121 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38121 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SPOLETO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe e co la quale la Corte territoriale ha confermato la condanna per il reato previsto d artt.624 e 625, n.7, cod.pen..
Il ricorso è complessivamente inammissibile in quanto manifestamente infondato e comunque reiterativo di argomentazioni già prese in esame da parte del giudice di merito.
Il primo motivo, attinente al difetto della necessaria condizione procedibilità, deve ritenersi inammissibile in quanto meramente riproduttivo ragioni già esaminate dalla Corte territoriale che –sul punto – ha fatto coerente applicazione del principio in base al quale il bene giuridico protetto dal deli furto è individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali persona godimento, ma anche nel possesso – inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità del bene – che si configura anche in as di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in modo clandestin illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto sp qualifica di persona offesa e, di conseguenza, la legittimazione a proporre quere (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255975).
Inammissibile è anche il secondo motivo, attinente alla sussistenz dell’aggravante prevista dall’art.625, n.7, cod.pen.; atteso che lo stesso a meramente reiterativo di profili di diritto – attinenti alla dedotta a dell’elemento della consuetudine – che la Corte ha coerentemente rigettato sul base degli elementi di fatto rappresentati dalla mancata custodia specifica corrispettivi derivanti dalla necessità di non rallentare l’attività lavorativa me aperture e chiusura del locale al cui interno si trovavano gli stessi (in coerenz i principi espressi, tra le altre, da Sez. 4, n. 26131 del 26/02/2020, Timoniere 280387).
Inammissibile, infine, è il motivo di ricorso attinente alla dichiarazion abitualità nella delinquenza, avendo i giudici di merito proceduto a un congr esame dei presupposti previsti dall’art.103 cod.pen., operato non solo sulla b dei precedenti penali dell’imputato ma anche dalla situazione di pericolos derivante dalla estrema ripetitività delle condotte illecite e tale da giustific prognosi in tale senso.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorren al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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