Legittimazione alla Querela: Anche il Detentore del Bene è Persona Offesa
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di diritto processuale penale, consolidando l’orientamento sulla legittimazione querela detentore. La Suprema Corte ha chiarito che non è necessario essere proprietari di un bene per poter sporgere una valida querela in caso di reato. Anche chi ha una relazione qualificata con la cosa, come un gestore, è da considerarsi persona offesa e, pertanto, pienamente legittimato ad attivare l’azione penale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.
Il Caso: Dalla Querela del Gestore al Ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per un reato contro il patrimonio. La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato per uno dei capi d’accusa, rideterminando la pena. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui quella principale relativa alla validità della querela posta a fondamento dell’azione penale.
La querela era stata sporta dal gestore dell’impianto che aveva subito il danno. Secondo la difesa, il gestore non avrebbe avuto il potere di farlo, in quanto non proprietario del bene né munito di una procura speciale da parte della proprietà. Questo vizio, a detta del ricorrente, avrebbe dovuto portare all’improcedibilità dell’azione penale per mancanza di una valida condizione.
La Legittimazione Querela Detentore secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto con fermezza questa argomentazione, giudicandola manifestamente infondata. Gli Ermellini hanno confermato la correttezza della decisione della Corte territoriale, ribadendo un principio consolidato in giurisprudenza. La persona offesa dal reato non è necessariamente il proprietario del bene, ma colui che è titolare dell’interesse protetto dalla norma violata.
Nel caso di specie, il gestore dell’impianto, in virtù del suo ruolo, esercitava sul bene una detenzione qualificata. Questo significa che aveva un potere di fatto sulla cosa, basato su un titolo giuridico che gli conferiva la responsabilità e la gestione dell’asset. Tale relazione diretta e di interesse con il bene lo rende titolare di una posizione giuridica meritevole di tutela penale. Di conseguenza, è lui la prima vittima del reato, la persona offesa, e come tale ha il pieno diritto di sporgere querela per tutelare il bene che gli è affidato.
La Differenza tra Proprietà e Detenzione
La Corte sottolinea che il diritto di querela non discende dalla proprietà, ma dalla lesione di una posizione giuridica tutelata. Il proprietario non detentore, pur subendo un danno patrimoniale, non è l’unica parte lesa. La persona offesa è il detentore, che subisce direttamente l’aggressione al suo potere di fatto qualificato sul bene. Pertanto, non è richiesta alcuna rappresentanza o procura da parte del proprietario, poiché il detentore agisce a tutela di un suo diritto.
La Ripetitività dei Motivi d’Appello: un Errore Processuale
Oltre alla questione principale, la Corte ha dichiarato inammissibili anche gli altri motivi di ricorso (relativi al riconoscimento della recidiva, al diniego delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena). Il motivo di tale decisione risiede in un altro principio processuale cardine: il ricorso per Cassazione non può essere una mera riproposizione dei motivi già presentati e motivatamente respinti in appello.
La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare i fatti. Un ricorso che si limita a ripetere le stesse doglianze, senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, è considerato inammissibile.
Le Motivazioni
La Corte ha ritenuto la querela presentata dal gestore pienamente valida, in quanto lo stesso, quale detentore qualificato dell’impianto, è da considerarsi persona offesa dal reato e legittimato alla sua presentazione. La detenzione qualificata, fondata su un titolo giuridico che attribuisce un potere di fatto sul bene, è sufficiente a radicare il diritto di querela, indipendentemente dalla proprietà. Per quanto riguarda gli altri motivi, la loro manifesta infondatezza derivava dalla pedissequa riproposizione di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza un reale confronto critico con la motivazione di secondo grado. La Corte ha inoltre confermato la correttezza delle valutazioni dei giudici di merito sul diniego delle attenuanti generiche, motivato dall’assenza di elementi positivi, e sulla determinazione della pena, ritenuta congrua.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida due importanti principi. In primo luogo, in tema di legittimazione querela detentore, si conferma che la persona offesa è colui che ha una relazione di interesse qualificata con il bene, non necessariamente il proprietario. Questo amplia la tutela penale a tutte quelle figure (gestori, affittuari, comodatari) che esercitano un potere di fatto legittimo su un bene. In secondo luogo, viene ribadita la natura del giudizio di Cassazione: non è una sede per ridiscutere il merito, ma per controllare la legittimità della decisione. La mera riproposizione dei motivi d’appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Chi può sporgere querela per un reato commesso su un bene? Solo il proprietario?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la persona legittimata a sporgere querela è la persona offesa dal reato, ovvero il titolare della relazione di interesse con il bene protetta dalla norma. Questo include non solo il proprietario, ma anche chi esercita sul bene una ‘detenzione qualificata’, come un gestore, un affittuario o un comodatario.
Cosa si intende per ‘detenzione qualificata’ e perché è importante per la querela?
Per ‘detenzione qualificata’ si intende un potere di fatto su un bene esercitato sulla base di un titolo giuridico (come un contratto di gestione o locazione) e nell’interesse proprio o di terzi. È importante perché chi ha tale detenzione è considerato persona offesa dal reato e, di conseguenza, ha il diritto autonomo di presentare querela per tutelare il bene, senza necessità di essere proprietario o di avere una delega da quest’ultimo.
È possibile presentare in Cassazione gli stessi motivi già respinti in Appello?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che un ricorso è inammissibile se si limita a riprodurre e reiterare gli stessi motivi già proposti in appello e motivatamente respinti dal giudice di secondo grado. È necessario confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, evidenziando specifici vizi di legittimità o di motivazione, e non semplicemente riproporre le medesime questioni di fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33311 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33311 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il 17/09/1971
avverso la sentenza del 27/01/2025 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Mazza NOME propone, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Firenze in data 27 gennaio 2025, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pisa del 22.1.2020, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine ai reati di cui ai capi b) e c) perché l’azione penale non può essere proseguita per mancanza di querela ed ha rideterminato la pena irrogata in relazione al reato di cui al capo a).
2. Il ricorso deduce: 1) violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e), cod. proc. pen., con riferimento all’art.337 cod. proc. pen., per mancata legittimazione del querelante alla presentazione della querela di cui al capo a), oltreché per mancata presentazione della procura speciale; 2) violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al riconoscimento della contestata recidiva; 3) vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; 4) violazione di legge e di motivazione rispetto all’art.133 cod. pen. con riguardo alla determinazione della pena applicata.
Il ricorso è nel complesso manifestamente infondato.
Manifestamente infondata é la prima censura.
Ed invero correttamente la Corte territoriale ha ritenuto valida la querela presentata da COGNOME Alessandro in quanto lo stesso, essendo gestore dell’impianto, deve essere ritenuto parte offesa del reato e legittimato alla presentazione della querela in quanto titolare di una detenzione qualificata sul bene. Di conseguenza non è necessario che il detentore debba avere anche poteri di rappresentanza del proprietario della cosa, quasi che il diritto di querela debba in ogni caso spettare solo al proprietario o a soggetto che di questo abbia poteri di rappresentanza, discendendone ulteriormente che persona offesa dal reato è il detentore e non il proprietario non detentore, danneggiato dallo stesso (così, Sez. 4, n. 8094 del 29/01/2014, Rv. 259289).
Con riguardo ai restanti motivi non può che ribadirsi quanto già più volte chiarito da parte di questa Corte di legittimità, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv.
276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Rv. 243838).
Ed invero, la Corte di merito con motivazione logica e puntuale, ha ritenuto ch l’episodio criminoso per cui si procede é significativo, in rapporto alla natur al tempo di commissione dei precedenti di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità del reo.
Con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la Corte di meri ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui il mancato riconosciment delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggio ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effe della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il stato di incensuratezza dell’imputat
(Sez. 4 n. 32872 del 08/06/2022, Rv. 283489).
Quanto alla determinazione della pena, è sufficiente che il giudice dia con dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando l pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243), ipotesi che nella specie non ricorre.
In conclusione il ricorso manifestamente infondato va dichiarat inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 17.9.2025