Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8529 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8529 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2002 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito di due tentativi di furto in danno degli esercizi commerciali “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“.
Rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa lamenta: 1. Violazione dell’art. 337, comma 3, cod. proc. pen., per essere i denuncianti, qualificatisi direttore del supermercato RAGIONE_SOCIALE e legale rappresentante del supermercato RAGIONE_SOCIALE, sprovvisti della legittimazione a sporgere rituale querela. 2. Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla ritenuta recidiva.
Considerato che la sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa. Considerato, quanto al primo motivo di ricorso, che i rilievi difensivi sono fondati su argomentazioni che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito: la Corte di appello, richiamando consolidato orientamento di legittimità, ha rammentato come il direttore dell’esercizio commerciale sia titolato a sporgere querela, trovandosi in una posizione di detenzione qualificata in rapporto ai beni presenti nel supermercato (cfr. Sez. 4, n. 8094 del 29/01/2014, Pisani, Rv. 259289:”Ai fini della procedibilità di un furto commesso all’interno di un supermercato, il direttore dell’esercizio è legittimato a proporre querela, anche quando non sia munito dei poteri di rappresentanza del proprietario, in quanto titolare di una posizione di detenzione qualificata della cosa che è compresa nel bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice”; successiva conforme: Sez. 5, n. 11968 del 30/01/2018, Rv. 272696); quanto alla querela sporta dal soggetto qualificatosi legale rappresentante dell’esercizio commerciale, la giurisprudenza di questa Corte ritiene non necessario che all’atto della proposizione della querela sia dimostrata la fonte del potere di rappresentanza (cfr. Sez. 6, n. 1037 del 15/06/2012, dep. 2013, Vignoli, Rv. 253888:«Il possesso tutelabile in sede penale ha una accezione più ampia di quella civilistica, includendo non solo il possesso “animo domini” ma qualsiasi rapporto di fatto con la cosa esercitato in modo autonomo ed indipendente dalla titolarità del bene quale espressione di un legittimo “ius possessionis”, di guisa che il responsabile di un esercizio commerciale, pur sprovvisto di poteri di rappresentanza o institori del proprietario dei beni posti in vendita, ha legittimazione alla proposizione della querela per i fatti di furto della merce detenuta ed esposta al pubblico»). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato, quanto alle doglianze in tema di trattamento sanzionatorio, che i profili riguardanti la determinazione della pena in concreto irrogata e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle ritenute aggravanti sono sostenuti da conferente motivazione, avendo la Corte di merito posto in evidenza la negativa personalità dell’imputato – gravato da plurimi precedenti anche specifici – e la non modesta entità del fatto in ragione del valore delle cose oggetto dei tentati furti e delle modalità de fatto;
considerato che, nel giudizio di cassazione, è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142);
ritenuto che, in base a consolidato orientamento di questa Corte, il giudizio di comparazione tra opposte circostanze implica una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, insindacabile in sede di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretto, come nella specie, da adeguata motivazione (Sez. Un., n. 10713 del 25/02/2010, Rv. 245931; conf. Sez. 2 n. 31543 del 18/6/2017; Rv. 270450; Sez. 4, n. 25532 del
23/5/2007, Rv. 236992; Sez. 3, n. 26908 del 22/4/2004, Rv. 229298, sez. 4, Sentenza n. 4072 del 2021).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 febbraio 2024
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Il Consigliere estensore
Il GLYPH esidente